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È pandemia, e le incertezze sul futuro restano

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L'OMS ha formalmente etichettato come pandemia l'epidemia di Covid-19. restano però delle domande aperte su come questa evolverà in Italia; incertezze piccole e grandi, intrinseche all'epidemia. Ma scopo della ricerca è ridurre il più possibile il margine d'incertezza.
Crediti immagine: Vektor Kunst/Pixabay. Licenza: Pixabay License

Ieri l’Organizzaione Mondiale della Sanità ha formalmente etichettato l’epidemia di Covid-19 come pandemia. Significa che l’epidemia si sta generalizzando a gran parte del mondo. La definizione di pandemia è 

un’epidemia che si verifica a livello mondiale, supera i confini nazionali e coinvolge un numero di persone molto elevato

Che cosa vorremmo sapere e sappiamo solo in parte? Esaminiamo brevemente quattro domande cui si vorrebbe trovare risposta nel piu’ breve tempo possibile.

Tempi di marcia

Primo, con quale rapidità procede l’epidemia? Finora in Lombardia si è avuto un raddoppiamento dei casi ogni due giorni o poco più, e nell’insieme dell’Italia circa ogni due giorni e mezzo. La crescita dei casi in Paesi come la Francia, la Germania e la Gran Bretagna presenta un andamento molto simile, ma con punti di partenza ritardati rispetto all’Italia.

È un andamento che riflette il numero di persone suscettibili (e tutti in partenza lo siamo rispetto a un virus nuovo per la popolazione) che ciascuna persona infetta è mediamente in grado a sua volta di contaminare. Questo andamento induce la cascata di casi che quotidianamente vediamo aumentare secondo una legge matematica di tipo esponenziale: per il Covid-19, il numero di persone contaminabili da una persona infetta è, sulla base dei dati già osservati in Cina, di 2.5.

L'arrivo del picco

Secondo, quando verrà raggiunto il picco, al di là del quale il numero di nuovi casi comincia a diminuire? Qui siamo nel campo di stime temporali incerte, perché la risposta dipende da varie assunzioni. Poiché nessuno è immune, non vi sono fenomeni di auto-contenimento dell’epidemia come nel caso delle influenze stagionali.

Un numero medio di 2,5 persone contaminabili da una persona infetta implica che potenzialmente può essere contagiato fino al 60% della popolazione (se non di più) prima che venga raggiunto il livello massimo possibile. Le misure efficaci di contenimento - quali applicate in Cina - hanno l’effetto di ridurre il numero medio di persone contaminabili e di allungare il tempo di raddoppiamento, attenuando il livello del picco di casi che osserveremmo se continuasse la crescita esponenziale iniziale. L’attenuazione del picco è vitale nell’alleviare il carico di casi simultanei gravanti sul sistema sanitario.

La stima di Stefania Salmaso, pubblicata su Scienza in rete qualche giorno fa, di un raggiungimento del picco a metà aprile in Lombardia, è affetta da assunzioni e incertezze, in particolare sull’efficacia delle misure di contenimento

Positivi asintomatici

Terzo, quanti sono i positivi asintomatici al test per Covid-19? Una risposta accurata potrebbe venire solo un test esteso a tutta la popolazione (non fattibile) o a un campione casuale di adeguate dimensioni (finora non disponibile).

Non sappiamo bene neppure con quali criteri il test viene somministrato in aree geografiche diverse. Molti casi vengono trattati a casa (e questo è opportuno per i casi lievi), e dunque manchiamo di un conteggio dei positivi asintomatici, dei positivi con pochi sintomi e anche dei sintomatici che non hanno Covid-19.

In ogni caso, i modelli elaborati dall’Imperial College e riflessi dall’articolo di Roy Anderson, di cui Scienza in rete ha parlato qui, è di 80% dei contagiati asintomatici.

Conoscere il tasso di letalità

Quarto, qual è stato finora il tasso di letalitaà, cioè quanti sono deceduti tra i soggetti positive per il virus ? Dipende dalla gravità dei casi che vengono saggiati con il test per il virus: più tamponi si fanno ad asintomatici o a pazienti con una malattia lieve, più il tasso di letalità si riduce. 

Non è agevole né sicuro distinguere, come si cerca di fare in Germania, tra coloro che sono morti a causa del virus e quelli che sarebbero comunque morti e semplicemente albergavano il virus.

Il tasso di letalità ha un senso chiaro solo quando riferito a un intervallo di tempo definito, ossia quanti dei soggetti trovati positivi a un dato momento, idealmente al momento in cui sono diventati positivi, sono deceduti entro una settimana, due settimane etc. Attualmente i dati non sono raccolti né disponibili in questa nitida forma “da laboratorio”, e quindi le cifre riportate usualmente per la letalità debbono essere considerate delle stime approssimate e suscettibili di modifica.

Ad esempio, non è attualmente chiaro per quali ragioni la letalità apparente in Italia, intorno al 6%, sia nettamente superiore a quella registrata in altri Paesi (Andreson stima, sulla base dei dati cinesi, 0,3-1%). Una ragione, ma solo marginale, può essere l’età più avanzata in Italia che in altri Paesi. In relazione all’età c’è però da sottolineare un aspetto di grande importanza pratica: le misure di contenimento introdotte dal governo che includono forti restrizioni ai contatti personali si impongono anche e soprattutto ai giovani, in quanto abituati a intensi contatti. Sarebbe gravissimo che non venissero rispettate con la scusa che i giovani si ammalano meno (vero) quando sono in grado di propagare il virus come chiunque altro (vero, e cruciale).

Leggere i modelli predittivi

Per rispondere a queste e ad altre domande, in tutto il mondo i dati ad oggi disponibili vengono analizzati da gruppi di ricercatori per stimare in modo più accurato i valori dei parametri. Questi ultimi entrano poi nei modelli matematici intesi a predire lo sviluppo dell’epidemia e l’impatto delle misure di contenimento (tra i principali prametri, il numero di persone contaminabili da una persona infetta, il tempo di incubazione, la proporzione di casi asintomatici, il tasso di letalità, la durata del periodo di contagiosità).

I risultati di questi modelli predittivi possono non essere tra loro concordanti, sia perché possono incorporare stime dei parametri derivate da basi di dati differenti sia perché la struttura dei modelli adottati, con le inevitabili assunzioni che contiene, è spesso diversa. Ad esempio, tempi di picco diversi (quali sono stati riportati nei media), varianti da una-due settimane a cinque-sei settimane , sono sicuramente disorientanti per i cittadini, ma non riflettono errori di analisi: riflettono semplicemente l’incertezza inerente a ogni esercizio predittivo, incertezza destinata a ridursi man mano che i modelli vengono evolutivamente adattati dal confonto della predizione con quanto si viene osservando nella realtà.

La raccolta e l'analisi dei dati italiani

In Italia chi raccoglie, centralizza e analizza i dati? Attualmente i dati vengono raccolti dalle Regioni e trasmessi all’Istituto Superiore di Sanità che, lavorando per conto del Ministero della Salute e insieme al Dipartimento della Protezione Civile, li centralizza e li analizza. I dati al momento sono quelli che vengono quotidianamente aggiornati sul sito del Ministero e sono relativamente semplici, specie per le caratteristiche cliniche. Altre istituzioni, come la Fondazione Kessler di Trento e l’Imperial College di Londra, sono coinvolte con matematici specialisti nell’analisi e modelizzazione di dati epidemiologici, e il Ministero dell’innovazione tecnologica e digitale è coinvolto per il supporto tecnico.

Un'analisi basata sui dati epidemiologici finora accumulati in Italia e su un modello già utilmente impiegato per altre epidemie è in corso di elaborazione da parte di un gruppo di ricercatori. È anche prevista a breve una maggiore raccolta di dati clinici per consentire un affinamento dei modelli predittivi del decorso clinico e come supporto al triage. Le istituzioni si sono rapidamente adeguate alla velocità con cui si è manifestata l’emergenza – analogamente se non più rapidamente delle istituzioni in altri Paesi auropei – nonostante alcune difficoltà legate alla regionalizzazione della Sanità, che non facilita la centralizzazione delle iniziative.

Queste brevi considerazioni dovrebbero essere sufficienti a chiarire che le incertezze, piccole e grandi, relative all’epidemia di Covid-19 sono intrinseche a quanto oggi si sa (o non si sa) in modo affidabile; non dipendono cioè da occultamento di dati rilevanti. Scopo della ricerca scientifica è ridurre il più possibile il margine d'incertezza, ed è probabile che questo sia destinato a ridursi nelle prossime settimane. 

 


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