I vulcani di fango sono edifici troncoconici formatisi
in seguito all’emissione di materiale argilloso in superficie.
Essi sono
generalmente collocati in aree in cui predomina una tettonica compressiva. La
sovrappressione dei fluidi interstiziali in depositi profondi, generalmente
acque salate fossili e metano, rendono i sedimenti semiliquidi e li spingono
verso la superficie attraverso fratture nella crosta.
Il fenomeno è abbastanza diffuso in Italia, ma
le manifestazioni più spettacolari si trovano in Emilia-Romagna e in Sicilia.
CARATTERISTICHE E ORIGINE DEI VULCANI DI FANGO
I vulcani di fango sono strutture geologiche
formatesi in seguito all’emissione di materiale argilloso sulla superficie
terrestre. Essi rientrano nella categoria dei processi sedimentari che
prevedono la periodica estrusione in superficie di una miscela di idrocarburi
liquidi e gassosi, acqua e fango, originatisi in profondità.
L’elemento principale, attraverso il quale
avviene la fuoriuscita del maggior volume di sedimento, è il condotto di
emissione centrale, che talora può presentare delle diramazioni laterali
secondarie (fig.1).
Figura 1
Il materiale emesso dai vulcani di fango prende
generalmente il nome di mud volcano breccia, composta da una abbondante matrice argillosa mista ad una
miscela di frammenti di roccia di varia natura e dimensioni.
Una volta in superficie il materiale emesso dal condotto
di alimentazione ha la tendenza a fluire seguendo la morfologia del terreno,
formando delle vere e proprie colate assimilabili a quelle prodotte dai vulcani
ignei, con strutture a corde molto regolari simili ai campi di lava pahoehoe e
compiendo gran parte del loro percorso incanalate entro argini creati dal fango
stesso che rapprende ai bordi.
La morfologia dei vulcani di fango è
strettamente legata alle caratteristiche della mud breccia emessa. La progressiva sovrapposizione delle colate
dà luogo alla costruzione di un edificio vulcanico di forma conica, che
presenta le pareti laterali tanto più acclivi quanto aumenta la sua viscosità.
Nel caso sia presente una mud breccia particolarmente ricca in
acqua, l’edificio vulcanico tende ad assumere una forma poco inclinata, dove le
colate tendono a diffondersi su aree più ampie e distanti dalla bocca di emissione
principale. L’espressione in superficie del condotto di emissione è
generalmente rappresentata da una struttura a caldera. Tale depressione si
forma in seguito a eventi di emissione parossistica oppure per sprofondamento
dovuto alla progressiva rimozione di materiale.
La fuoriuscita di fluidi in un vulcano di fango
non è mai localizzata esclusivamente in corrispondenza del condotto principale,
ma è distribuita più o meno irregolarmente in aree anche distanti dalla
sommità. Sovente i fianchi dell’edificio sono caratterizzati dalla presenza di
coni minori, denominati grifoni, dai quali si ha l’emissione di fango, acqua e
gas (fig.2).
Figura 2
I grifoni sono strutture la cui attività è estremamente variabile
poiché sono elementi secondari nel sistema maggiore del vulcano di fango.
Talvolta l’attività di emissione principale non
ha luogo da un condotto ben definito. In questo caso la fuoriuscita di
sedimenti, acqua e gas avviene attraverso differenti tipologie di strutture.
L’elemento principale è sicuramente rappresentato
dai grifoni, che sono responsabili per l’emissione del maggior volume di fango.
Le mud pools sono depressioni dove
avviene la fuoriuscita di fango estremamente liquido che possono raggiungere
una elevazione dal livello del terreno di pochi centimetri. Le salse sono crateri secondari al cui interno
si trova acqua altamente salina, solitamente quasi priva di frazione solida in sospensione
(fig.3).
Figura 3
Le scale a cui avviene l’attività dei vulcani di
fango sono molteplici, con coni eruttivi di pochi centimetri di altezza sino a
edifici vulcanici alti diverse decine di metri e che occupano superfici a scala
chilometrica.
Per meglio comprendere la natura e l’evoluzione
dei vulcani di fango può rivelarsi utile esaminarne alcune caratteristiche,
quale la distribuzione a scala globale e i vari meccanismi responsabili per la
loro formazione. La maggior parte è collocata in zone caratterizzate da una
tettonica di tipo compressivo, laddove due placche tettoniche si scontrano.
Tuttavia, si possono trovare esempi di vulcanismo di fango anche in bacini con
elevati tassi di sedimentazione, come ad esempio grandi delta fluviali.
Uno dei requisiti fondamentali per lo sviluppo
dei vulcani di fango è la presenza in profondità di un livello sorgente per i
sedimenti in risalita. Tale livello è generalmente formato da spesse
successioni di sedimento fine poco consolidato, o comunque relativamente
fluido, che presenta una densità minore rispetto alle rocce sovrastanti.
Tali
successioni si depositano in condizioni di rapida ed abbondante sedimentazione
che non consente la completa espulsione dei fluidi interstiziali originari. Il forte
carico litostatico, generato dal materiale depositatovi sopra, dà luogo ad un
incremento nella pressione tale da generare la migrazione dei fluidi.
Le condizioni geologiche sopra descritte sono
fondamentali per la formazione dei vulcani di fango. Il vulcanismo di fango,
inoltre, è strettamente legato alla sovrappressione dei fluidi interstiziali
nei sedimenti profondi. I meccanismi attraverso i quali si genera un incremento
di pressione tale da portare allo sviluppo di un vulcano di fango sono
molteplici.
Le spinte tettoniche, soprattutto quelle
compressive, tendono a ridurre il volume interno dei pori. La pressione può
essere incrementata anche dalla deidratazione della componente argillosa, come
per esempio la trasformazione della montmorillonite in illite.
Un aspetto rilevante per le dinamiche dei fluidi
in movimento è la formazione di idrocarburi.
La loro genesi contribuisce ad aumentare
la pressione interstiziale all’interno dei sedimenti, e di conseguenza favorisce
la loro mobilizzazione. Gli idrocarburi gassosi migrando dalla zona di
produzione verso la superficie sono sottoposti ad una separazione in funzione
della massa molecolare. Il metano, essendo dotato di una massa molto minore
rispetto agli altri idrocarburi, raggiunge la superficie più velocemente rispetto
ai più pesanti.
Benché i fattori che rappresentano il motore
della risalita siano in linea generale presenti contemporaneamente in una zona
soggetta alla formazione di vulcani di fango, è la presenza di strutture anticlinaliche
che favorisce la migrazione dei fluidi e la formazione di un serbatoio. Spesso in questi casi si
osserva la presenza di fratturazioni e faglie che costituiscono vie
preferenziali per la migrazione e la fuoriuscita dei fluidi in superficie.
I VULCANI DI FANGO IN ITALIA
La genesi del bacino del
Mediterraneo centrale è da inquadrare nel contesto collisionale tra le placche Africana, con la associata placca Adria,
ed Europea; le masse
continentali si scontrano, originando l’Orogene
Appenninico – Maghrebide, una catena che forma la dorsale appenninica e
che prosegue lungo le coste nord-africane del Maghreb.
In Italia i vulcani di fango sono numerosi. Se ne trovano di
spettacolari in Sicilia e in Emilia, e poi ancora altri casi minori nel Lazio e
in Abruzzo. In Sicilia, le aree con i vulcani di fango sono
localizzate all’interno del cuneo di accrezione neogene-quaternario che si è
formato in seguito alla collisione tra le placche. Oltre alle Macalube di
Aragona, vicino Agrigento, le manifestazioni maggiormente conosciute si
osservano a Terrapelata, alla periferia di Caltanissetta, e nel basso versante
sudoccidentale dell’Etna, nei territori di Belpasso e Paternò.
I vulcani di fango dell’Appennino Settentrionale
punteggiano il margine Emiliano-Romagnolo della Pianura Padana, generalmente
considerato sede di deformazione compressiva attiva. Le strutture più famose
sono le Salse di Nirano e di Montegibbio, vicino Modena, e le Salse di Torre e
Rivalta, a sud di Parma.
Le Macalube di Aragona
Le manifestazioni si concentrano principalmente
sulla collina denominata “Vulcanelli”,
un rilievo caratterizzato da un’ampia spianata sommitale.
Nelle Macalube di Aragona, i grifoni raggiungono
dimensioni che raramente superano il metro di altezza. Talvolta la fuoriuscita
del gas misto ad acqua e fango avviene attraverso mud pools e salse dal
diametro compreso tra 1 e 4 metri. Le Macalube di Aragona sono frequentemente
interessate da eventi parossistici, caratterizzati da violente esplosioni di
gas e fango, localmente chiamati “ribaltamenti”. Le particolarità di tali
attività hanno dato origine al termine stesso macalube che deriva dall’arabo “maqlub”, ribaltamento. I volumi di fango espulsi durante questi eventi
possono raggiungere anche decine di migliaia metri cubi.
Dal 1996, anno di istituzione della Riserva
Naturale Integrata, si sono susseguiti ben sei eventi parossistici
significativi. L’ultimo
evento parossistico, purtroppo drammatico per la morte di due bambini, si è
verificato il 27 settembre 2014, mentre quello precedente risale al 5 maggio
2012. Durante
l’attività parossistica, masse di materiale argilloso miste a gas ed acqua
vengono scagliate a qualche decina di metri di altezza, con conseguente
scomparsa delle strutture preesistenti e variazione nella morfologia della collina. Tali
eventi sono in genere preceduti da una serie di segnali quali la progressiva diminuzione
del degassamento, l’inarcamento della superficie della collina e la formazione
di crepe.
Il gas più abbondante è il metano con
concentrazioni che arrivano fino al 97% in volume. Azoto, ossigeno ed anidride
carbonica sono presenti in concentrazioni variabili come componenti secondari. Considerando che i gradienti geotermici locali
sono stati calcolati in circa 20-22°C/km il serbatoio dei fluidi emessi ad
Aragona può essere ragionevolmente localizzato a profondità comprese tra i 3000
e i 6000 m.
Le Macalube di Terrapelata
Le Macalube di Terrapelata si trovano a circa 5 chilometri ad est del centro abitato di Caltanissetta, 150 metri a sud del Villaggio Santa Barbara (fig.4).
Figura 4
Le manifestazioni di C.da Terrapelata sono caratterizzate prevalentemente da emissioni di metano in concentrazioni superiori al 95% e contenuti di anidride carbonica inferiori al 2%. Le emissioni di acqua e fango, in quest’area sono generalmente molto basse. La mattina dell’11 agosto 2008, si è verificata una serie di dissesti geologici che hanno provocato l'apertura di solchi nel terreno (larghi fino a un metro) con il conseguente danneggiamento di alcuni edifici. Questi danni si sono accentuati in seguito ad un parossismo avvenuto nel pomeriggio dello stesso giorno.
Le Salinelle di Paternò e Belpasso
I
vulcani di fango di Paternò e Belpasso vengono localmente denominati Salinelle.
Gli edifici si trovano in tre diverse località:
Salinelle dei Cappuccini, del Fiume e di San Biagio. Tutti e tre i vulcani di fango sono caratterizzati dall’emissione
di acqua fredda, fangosa e salata, con gas e idrocarburi liquidi; l’attività
eruttiva è rappresentata da fasi di intensa vivacità che possono avere durata
di diversi mesi, intervallate da più lunghi periodi di quiete o debole
emissione.
Le Salinelle dei Cappuccini si trovano alla periferia occidentale dell’abitato di Paternò, in
prossimità dello stadio. Tra la fine del 2006 e l’inizio del 2007 l’area è stata
interessata da una copiosa risalita di acque fangose, mentre ad aprile 2013 si
è assistito all’apertura di nuove piccole salse in punti molto distanti dal
punto centrale di emissione.
Le Salinelle del Fiume sono ubicate in prossimità del Fiume Simeto. Negli ultimi anni l’attività
eruttiva è stata scarsa con emissione di acqua fangosa da una o due salse. Le Salinelle di San Biagio sono ubicate nel territorio del Comune di Belpasso (fig.5).
Figura 5
Si
presentano come un unico grande edificio conico a scudo, sul quale si ergono
numerosi grifoni di piccole dimensioni.
Nei primi mesi del 2007 sono state registrate modeste emissioni di
fango molto denso che hanno dato luogo a numerose colate. Per quanto riguarda i tre siti descritti si evidenzia una
prevalenza di anidride carbonica di origine vulcanica, connessa alla vicinanza
dell’Etna, seguita da metano, elio e altri gas minori, in quantità variabili nel
tempo. Talvolta acque ipersaline prive della frazione argillosa
depositano notevoli quantità di ossidi di ferro dal tipico colore rosso bruno,
probabilmente dovuti all’abbondanza di pirite nelle rocce magmatiche
attraversate dai fluidi durante la loro risalita.
Le Salse di Nirano
L’area caratterizzata dai vulcani di fango
denominata “Salse di Nirano” si localizza nella provincia di Modena, nel tratto
pedemontano nei pressi di Fiorano Modenese. La zona interessata dalle emissioni
di fluidi ha una superficie di circa 75000 m2 e rappresenta una delle
più vaste aree dove sono presenti vulcani di fango in Italia. I vulcani di
fango si sviluppano sul fondo di una struttura depressa con diametro massimo di
circa 500 metri, che richiama morfologicamente una caldera da collasso simile a
quelle presenti nei vulcani ignei.
Il fondo pianeggiante della caldera ospita
quattro gruppi di vulcani di fango (fig.6), il più grande dei quali raggiunge
un’altezza di circa 3 metri, oltre a numerose venute secondarie che comprendono
pools, salse e grifoni. La profondità stimata per il serbatoio dei
fluidi si trova a 4,5-5 km.
Figura 6
Le Salse di Torre e Rivalta
Le zone interessate dalle emissioni spontanee
che costituiscono i campi di vulcani di fango di Torre e di Rivalta si trovano
nell’area pedeappenninica compresa tra il Torrente Parma e il Torrente Enza, in
una zona più interna rispetto alle Salse di Nirano. Entrambi i siti sono di
dimensioni modeste se comparati con le Salse di Nirano, e non presentano
vulcani con altezza superiore ai 50 cm.
A Torre, i vulcani di fango si dividono un due
gruppi principali situati su un pendio stabilizzato da colture. Il più esteso
(superficie di circa 7500 m2) presenta diverse morfologie legate
all’emissione dei fluidi. Si osservano due vulcani, uno dei quali è il maggiore
fra quelli presenti in tutta l’area, e dai quali avviene una modesta emissione
di acqua, con un moderato contenuto di materiale fine in sospensione, associata
a un’abbondante degassazione. Nelle zone limitrofe sono presenti alcune pools,
la più grande delle quali ha un diametro di circa 3 metri, da cui si ha
l’emissione costante di gas. Contestualmente all’emissione di gas e acqua, dai vulcani
di fango si osserva la fuoriuscita di composti oleosi.
Il secondo gruppo di vulcani di fango è di
dimensioni più modeste e include due vulcani principali e un punto localizzato
dal quale vi è l’emissione di gas associato a modesti quantitativi di fango.
I vulcani di fango di Rivalta si sviluppano a
nordovest rispetto al sito di Torre, in un’area pianeggiante che interrompe un
versante piuttosto acclive. Le emissioni, localizzate principalmente in
un’area limitata e di entità modesta rispetto a quelle di Nirano e Torre,
generano tre vulcani di piccole dimensioni (in media circa 20 cm di altezza).
La fuoriuscita di fango denso è associata all’emissione di olio in proporzioni
maggiori che nelle altre strutture e ad un punto di emissione di gas generalmente
continuo e abbondante. Nei sistemi di Torre e Rivalta i serbatoi sono
stati stimati ad una profondità di 5,8 – 6,3 Km.
La Salsa di Montegibbio
Degna di nota è la pressoché ormai estinta Salsa
di Montegibbio, detta anche Salsa di Sassuolo, il cui apparato conico, ancora
riconoscibile, raggiunge un’altezza intorno ai 10 m.
La Salsa di Montegibbio è stata luogo di ripetute eruzioni. Sarebbe da
ascrivere a questa salsa l’eruzione violenta del 91 a.C., alla quale si
sarebbero succedute altre minori eruzioni nel 1592, 1594, 1599, 1601, 1608, 1628,
1684, 1689, 1711, 1781, 1784, 1786, 1787, 1789. Considerevole fu l’eruzione del
1835, tanto che le cronache riportano che una colonna di fumo alta circa 50
metri si sprigionò da tale salsa con combustioni al suo interno e lancio di
sassi e fanghiglia. Tale eruzione innescò anche un terremoto, che fu avvertito localmente.
Un’ultima eruzione sarebbe avvenuta nel 1873.
CONCLUSIONI
I vulcani di fango rappresentano un fenomeno poco noto ma
estremamente diffuso a scala globale, presente generalmente in contesti
tettonici compressivi. In Sicilia, i vulcani di fango più attivi sono quelli di Aragona,
Terrapelata e Paternò-Belpasso. I vulcani di fango prossimi all’Etna non hanno
mai presentato eventi parossistici, ma solo incremento nella loro attività. I
primi due sono caratterizzati invece da periodiche attività parossistiche,
talvolta pericolose. In Emilia-Romagna, i vulcani di fango si distribuiscono lungo il
margine Emiliano-Romagnolo della Pianura Padana. L’unica struttura ad aver
generato eventi parossistici in passato è stata la Salsa di Montegibbio.
Allo scopo di mettere in sicurezza le aree descritte e prevenire
gravi incidenti come quello del 27 settembre 2014 ad Aragona, sarebbe opportuno
realizzare reti di monitoraggio permanente che permettano di individuare i
segni precursori di eventi parossistici.
di PIERO MAMMINO
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