L’Italia ha licenziato il Piano nazionale cronicità nel 2016, avendo accumulato un ritardo di almeno una quindicina d’anni rispetto agli altri paesi ricchi più virtuosi, ma non si può dire che questo strumento sia già in grado di incidere in maniera significativa sulla gestione della cronicità. Come spesso succede abbiamo realtà che si sono organizzate di conseguenza, ma ci sono anche Regioni che non l’hanno nemmeno preso in mano. Manca il personale dedicato, per esempio l’infermiere di quartiere, figura mitica che dovrebbe essere cardine di quell’assistenza territoriale indispensabile per una buona gestione della cronicità. Il fatto è che l’approccio del nostro, pur lodevole, Servizio sanitario nazionale guarda all’indietro. L’organizzazione, le competenze e anche la visione del proprio ruolo che la maggioranza degli operatori di sanità pubblica hanno ancora davanti agli occhi è quella delle grandi acuzie. “È in questa rete di cure che finiscono i malati cronici”, sottolinea Rinnenburger, generando inappropriatezza, come la mamma portata al pronto soccorso dalla figlia che non sapeva a chi altro rivolgersi.