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Luci e ombre sull'abilitazione scientifica nazionale

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Il 29 gennaio è arrivato, il termine massimo delle proroghe concesse alle commissioni esaminatrici è scaduto, ma non abbiamo ancora i dati relativi ad almeno la metà dei settori concorsuali della tornata 2012 dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN). L’articolato processo che avrebbe dovuto abilitare alla docenza due diverse fasce di professori universitari (ordinari e associati).
Il meccanismo è stato avviato nel 2012 ed è stato regolato dall’ANVUR, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca. Sono stati individuati 184 diversi settori in 14 diverse aree disciplinari (dalla matematica alle scienze politiche). Avrebbe dovuto concludersi alla fine del 2013. Ma, appunto, oltre la metà delle commissioni ha chiesto una proroga, che comunque non avrebbe dovuto andare oltre il 29 gennaio 2014.
L’abilitazione è stata demandata a tre criteri bibliometrici: il numero di pubblicazioni; il numero di citazioni normalizzate in base all’età della pubblicazione (articoli scientifici su riviste con peer review, libri, capitoli di libri, articoli su riviste di fascia A senza peer review); l’indice h, detto anche di Hirsch, relativo al numero complessivo di citazioni normalizzato per l’età del ricercatore. Per ciascun indicatore si è calcolato un valore medio.
Per essere abilitato un candidato doveva aver superato la mediana di tutti i tre indicatori.
Sono state nominate, sulla base di criteri obiettivi, 184 commissioni, costituite ciascuna da 5 membri esperti, di cui uno straniero. La commissione poteva introdurre nel proprio settore concorsuale nuovi vincoli e invocare un parere pro veritate da parte di esperti nel caso non fosse in grado di esprimere un giudizio.
Si poteva essere abilitati solo col parere positivo di almeno 4 commissari su 5.
I risultati e i giudizi sono pubblici. È possibile consultarli presso il sito del MIUR, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca all’indirizzo.

L’Abilitazione Scientifica Nazionale è stata istituita con la legge 240 del 30 dicembre 2010. Si è pensato a una selezione nazionale – un primo filtro – con criteri i più obiettivi possibili non per garantire posti in organico certi, ma per garantire che i partecipanti ai successivi concorsi locali per un posto effettivo in organico abbiano i requisiti scientifici necessari per insegnare. La tornata del 2012 costituisce l’esordio Abilitazione Scientifica Nazionale. Hanno partecipato in migliaia sia ai concorsi di prima fascia (professore ordinario) sia a quelli di seconda fascia (professori associati). Con quali risultati?
La risposta a questa domanda non è né unica né semplice. L’unico dato oggettivo è che le commissioni dei 96 settori su 184 che al 29 gennaio avevano consegnato i risultati della selezione hanno abilitato circa il 43% dei candidati, sia nella prima fascia che nella seconda fascia. Per il resto, i giudizi tra i commissari, i candidati e gli osservatori esterni sono i più vari. Alcuni addirittura divergenti. Non aiuta la mancanza, a tutt’oggi, di dati aggregati e di quadri riassuntivi ufficiali. Possiamo distinguere, tuttavia, due categorie di giudizio.
Una di tipo essenzialistico: sulla bontà in sé dell’ASN. L’altra di tipo procedurale: sul modo con cui è avvenuta la selezione.   
Iniziamo dalla prima categoria. C’è chi rimarca, come Pier Mannuccio Mannucci – professore ordinario di Medicina Interna dell’Università Statale di Milano, direttore scientifico della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore di Milano, membro del Gruppo 2003 e commissario in uno dei settori concorsuali – che per la prima volta in Italia la valutazione dei candidati alla docenza universitaria, che nel passato ha visto innumerevoli soprusi da parte delle commissioni giudicatrici, sia stata molto facilitata e resa più obiettiva dalla utilizzazione di indici che hanno permesso prima di tutto di aver commissari validi scientificamente e quindi scelte in genere non scandalose come nel passato.
C’è chi sostiene la teoria del deciso passo in avanti rispetto al passato. «In sintesi – sostiene per esempio Mario Clerici, immunologo presso  l’Università degli Studi di Milano, membro del Gruppo 2003 e commissario in uno dei settori ASN  –  i concorsi sarebbero comunque da abolire, ma l’Abilitazione Scientifica Nazionale costituisce un grande passo avanti in termini di oggettività dei giudizi. Io e tanti altri colleghi esprimiamo soddisfazione  e abbiamo la sensazione che complessivamente questo metodo sia molto, molto meglio di quelli precedenti».

C’è chi, come Giulio Peruzzi, storico della fisica e candidato all’abilitazione, sostanzialmente concorda: malgrado i suoi limiti, è comunque meglio averla che non averla l’ASN. Ma occorre riconoscere che l’abilitazione ha limiti strutturali. Il maggiore, continua  Peruzzi, consiste nell’enorme differenza – addirittura un ordine di grandezza – tra chi è abilitato e chi troverà davvero un posto nell’organico delle università.
Questa discrepanza, rimarca Walter Tocci, un senatore che da sempre segue i settori dell’università e della ricerca, è destinato a creare un’instabilità strutturale: da un lato circa 40.000 docenti universitari, tra ordinari e associati, che hanno un titolo e un posto a esso adeguato e dall’altro 40.000 abilitati che avranno un titolo ma non un posto congruo. Potrà resistere l’università a questo fattore fortemente perturbante in un periodo, quello delle vacche magre, che induce alle guerre tra poveri?
Un altro fattore critico di carattere generale è quello indicato dalla Federazione Lavoratori della Conoscenza della CGIL: se gli abilitati sono stati finora, in media, il 43%, dicono gli esperti del sindacato, significa che il 57% dei candidati non aveva (si è ritenuto non avesse) i requisiti minimi per insegnare nelle università. E questo costituisce un doppio paradosso. Perché la gran parte di questi candidati non abilitati oggi già insegna e fa ricerca nelle università. I nostri atenei pullulano di incapaci, o meglio di persone scientificamente non molto qualificate? E se questo è il giudizio delle commissioni ASN, non è in contrasto con quello di una vasta serie di rapporti internazionali che riconosce l’alto valore scientifico dei ricercatori italiani?

Una critica più radicale, avanzata da molti studiosi, riguarda la bontà e l’efficacia della valutazione sulla base delle tre mediane. Ma questa è un tipo di critica che mette in discussione la validità stessa della valutazione sulla base di criteri bibliometrici, che va oltre il tema specifico dell’Abilitazione Scientifica Nazionale.
Un giudizio accomuna invece tutti gli osservatori e i protagonisti a diverso titolo dell’ASN: la trasparenza.
La possibilità di verificare chi è stato giudicato da chi e come è stato giudicato.
Ma qui si spalanca la porta alla seconda categoria di giudizi: quello sulle procedure di valutazione effettivamente messe in campo. Ne daremo conto nella prossima puntata.

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