La scienza è un patrimonio di procedure e conoscenze condivise. Ma chi affronta terreni vergini in campo scientifico sa bene che il suo operare richiede anche altri ingredienti: atteggiamenti speculativi, esperienza e fiuto, che in genere ci si costruisce da soli, sul campo, sostenuti da predisposizioni e attitudini spiccate che si ritiene riguardino solo una piccola percentuale della popolazione. La sfida consiste nel ritenere possibile allargare la base e insegnare tutti i processi mentali per la risoluzione dei problemi, apprendendo allo stesso tempo i concetti in modo significativo, anche se tutto ciò è ben più difficile che non insegnare e accertare il possesso di contenuti.
Le persone della nostra generazione ricordano la formula per ricavare il volume di una sfera, anche senza aver seguito studi superiori tecnico-scientifici. Tra gli studenti adulti di oggi nessuno (meno dell’1%) conosce tale formula, ma è proprio la mancanza di questa nozione che preclude la capacità degli studenti di determinare il raggio di una sfera di cui è noto il volume? In effetti, semplicemente inserendo le parole raggio, volume e sfera su Google appare la formula nelle poche righe della ricerca, senza neppure aprire le pagine web, e vi si trova perfino la formula inversa. Ma prima di preoccuparsi della formula c’è da verificare il possesso dei concetti di sfera, raggio e volume, quest’ultimo comprendente la certezza di trovare una lunghezza al cubo; poi c’è da accertare la capacità di ricercare, individuare le parole chiave caratteristiche di quell’argomento e la semplice convinzione che debba esistere una relazione unica e ben precisa tra raggio e volume; occorre vedere se tale relazione sia spontaneamente immaginata e ricercata nel tentativo di risolvere un determinato problema e, salendo di livello, quanta fiducia ha lo studente di potersi cimentare con successo in un problema nuovo.
Una formazione scientifica che puntasse solo all’acquisizione di conoscenze, quand’anche “utili” per il futuro cittadino, sarebbe dunque sterile.