fbpx Quel Giove che non t’aspetti | Science in the net

Quel Giove che non t’aspetti

Primary tabs

Tempo di lettura: 10 mins

Fantastico collage delle riprese del Polo Sud di Giove catturate da JunoCam nel corso di tre distinti passaggi; al momento degli scatti la sonda si trovava poco più di 50mila chilometri al di sopra delle nubi di Giove. Grazie alla particolare elaborazione cui è stata sottoposta l’immagine, risultano molto evidenti i complicati meandri che caratterizzano le nubi di Giove e gli ovali chiari dei numerosi cicloni, anche di 100 chilometri di diametro, che vi imperversano (Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Betsy Asher Hall/Gervasio Robles).

Dalla pubblicazione dei primi risultati delle indagini della sonda Juno emerge un ritratto del pianeta Giove molto differente da quello che conoscevamo. I dati raccolti dagli strumenti della sonda della NASA stanno mostrando un pianeta ancora più enigmatico e dai tratti più estremi di quanto ci si potesse aspettare. Un’autentica sorpresa per i planetologi.

Scott Bolton (Southwest Research Institute), principal investigator della sonda Juno, ricorre a una metafora sportiva attingendo alle caratteristiche dei lanci nel baseball: “Ci aspettavamo che Giove avrebbe potuto farci qualche lancio curvo, ma ora stiamo scoprendo che ha lanciato palle davvero veloci, a effetto e persino svolazzanti come farfalle. Mai ci saremmo aspettati di trovarci a dover fare un passo indietro e ripensare interamente a un nuovo modello di Giove”. All’origine di questo cruciale ripensamento su quanto si riteneva di conoscere del pianeta gigante vi sono i primi dati raccolti dalla strumentazione della sonda della NASA.

Panorami fantastici

Lanciata nell’agosto 2011, la sonda Juno si è immessa nell'orbita di Giove lo scorso 4 luglio. Il piano di volo originario prevedeva il completamento di un’orbita ogni due settimane, ma alcuni problemi con due valvole del sistema di propulsione hanno imposto di mantenere la sonda su orbite più elongate. La forzata modifica del piano di volo ha dunque comportato che Juno debba completare ogni sua orbita in 53,5 giorni.

Nel corso dei suoi periodici tuffi in prossimità del pianeta gigante, la sonda si spinge a circa 5.000 chilometri al di sopra delle regioni polari di Giove. Un passaggio radente che, per effetto dell’orbita estremamente schiacciata, nel momento di massimo avvicinamento al pianeta - circa 4.100 chilometri al di sopra delle nubi equatoriali - viene effettuato alla folle velocità di circa 265mila chilometri orari. Nel volgere di un paio d’ore, insomma, gli strumenti di Juno passano dal raccogliere preziose informazioni relative al polo nord di Giove fino a inquadrarne le regioni del polo sud. Terminato il suo volo radente, per 27 giorni la sonda si allontana progressivamente dal pianeta spingendosi fino a più di 8 milioni di chilometri di distanza da Giove. Pronta, dopo il virtuale giro di boa, a rituffarsi nuovamente verso il suo obiettivo.

Prima ancora che i team responsabili degli strumenti di Juno potessero analizzare i dati e trarre le prime indicazioni, a tener banco sono state le fantastiche immagini raccolte dalla JunoCam, uno strumento di ripresa che, oltre a tre filtri in luce visibile (blu, verde e rosso), impiega un quarto filtro centrato sull’emissione a 890 nm del metano. Le immagini raccolte nel corso dei sorvoli ravvicinati da polo a polo della sonda, infatti, ci stanno offrendo incredibili e scenografici scorci della morfologia degli strati più esterni dell’atmosfera di Giove. Mentre, da un lato, le immagini di Juno confermano la ben nota struttura a bande e zone evidente anche con modesti strumenti, dall’altro ne arricchiscono a dismisura i dettagli e ci propongono panorami mozzafiato del turbinio atmosferico del gigante gassoso.

Panorama ravvicinato delle nubi di Giove nei paraggi di un tipico ovale, segno inconfondibile di una attiva e imponente struttura ciclonica. Questo scorcio dell’emisfero meridionale del pianeta è stato catturato da JunoCam all’inizio di febbraio quando la sonda si trovava a circa 14.500 chilometri di distanza da Giove (Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Bjorn Jonsson).

La sequenza di immagini raccolte da JunoCam nel corso di un passaggio mostra come la velocità del sorvolo si traduca in un rapido cambiamento nei panorami ripresi. La prima immagine a sinistra ci mostra le regioni del Polo Nord di Giove, seguita via via dalle immagini scattate lungo l’intera superficie del pianeta fino al suo Polo Sud (immagine più a destra). La settima e l'ottava immagine sono state scattate poco prima che Juno si trovasse al suo punto di massimo avvicinamento a Giove, al di sopra dell’equatore del pianeta. Benché tra le due immagini siano trascorsi solamente quattro minuti, è impressionante notare quanto sia repentino il mutare del panorama (Crediti: NASA/SWRI/MSSS/Gerald Eichstädt/Seán Doran).

Novità dai poli

A differenza dell’aspetto complessivo di Giove, agevolmente osservabile anche da Terra, per le regioni polari si è trattato di una novità assoluta dato che, prima di questa missione, non era mai stato possibile esaminarne da vicino i due poli. Le uniche immagini finora disponibili, infatti, erano quelle raccolte da Pioneer 11 quando passò accanto a Giove nel 1974 e quelle della sonda Ulysses nel suo flyby del 1992, ma in entrambe le occasioni i panorami dei poli gioviani erano stati ripresi da distanze decisamente maggiori.

Ciò che ha destato maggiore sorpresa è la scoperta che le regioni polari di Giove appaiono completamente differenti da quelle di Saturno così come ce le ha svelate la sonda Cassini. Vista la natura gassosa dei due pianeti ci si aspettava di incontrare strutture simili, ma non è affatto così. Anzitutto Giove non mostra la presenza della famosa struttura a esagono che caratterizza il polo nord di Saturno. Qui il panorama appare più caotico: entrambe le regioni polari di Giove, infatti, sono caratterizzate dalla presenza sia di numerosi vortici ciclonici, sia di strutture ugualmente brillanti, ma dinamicamente meno attive. Sono stati contati otto cicloni intorno al vortice polare settentrionale e cinque intorno al vortice polare meridionale: in alcuni casi il diametro di questi cicloni raggiunge anche i 1.400 chilometri - dieci volte più grandi dei più grandi cicloni terrestri - e si ergono per quasi 100 chilometri al di fuori dell’atmosfera del pianeta. Sono completamente assenti, però, quei vortici rapidi, compatti e centrati sui poli che sono un tratto caratteristico di entrambi i poli di Saturno.

Anche il confronto tra gli stessi poli di Giove, comunque, è fonte di domande. Vi è infatti un’asimmetria nella distribuzione e nella profondità delle bande osservata nei due emisferi della quale si dovrà scoprire l’origine. Sarà solamente il confronto con le successive osservazioni che potrà svelarci l’evoluzione dinamica delle attuali strutture, indicandoci quanto siano stabili quei cicloni, come si alimentino e quale possa essere l’influenza dell’irraggiamento solare sulla loro evoluzione.

Per il momento dobbiamo prendere atto che le strutture che caratterizzano le regioni polari dei due pianeti gassosi del nostro Sistema solare sono profondamente differenti. Una constatazione che, inevitabilmente, obbliga i planetologi a ripensare alcune semplificazioni che caratterizzano i modelli planetari.

Ripresa del polo sud di Giove catturata dalla JunoCam e rielaborata da uno dei numerosi appassionati della community appositamente creata dalla NASA. La distesa delle nubi è punteggiata dagli ovali chiari dei cicloni. Man mano ci si avvicina ai poli, la regolare alternanza di bande e zone tipica di Giove, riconoscibile anche nei piccoli strumenti, lascia il posto a strutture filamentose più caotiche, flussi d'aria che assomigliano a ingombranti e gigantesche matasse filamentose. Quando ha scattato l’immagine, lo scorso 11 dicembre, Juno viaggiava 52mila chilometri al di sopra degli strati superiori delle nubi di Giove (Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Gabriel Fiset).

Le fantastiche immagini di JunoCam stanno mostrando che i dintorni di entrambi i poli di Giove sono molto differenti dalle regioni polari di Saturno magistralmente riprese dalla sonda Cassini. Diversità che impongono un drastico ripensamento su quanto si pensava di conoscere del funzionamento delle atmosfere dei pianeti giganti gassosi (Crediti: J.E.P. Connerney et al., Science - 2017).

Atmosfera e campo magnetico

Da molto tempo si sa che la struttura di Giove è fondamentalmente gassosa e uno degli obiettivi della missione Juno è proprio quello di strappare al pianeta il suo velo più esterno e indagare a fondo sulla sua atmosfera. Presentando il numero speciale di Geophysical Research Letters dedicato interamente ai risultati di Juno, Bolton sottolinea le novità emerse in ciò che sappiamo della struttura atmosferica di Giove. L'abbondanza di ammoniaca cambia notevolmente quando si raggiungono le regioni profonde caratterizzate da pressioni di oltre 30 bar. Questa variabilità dell'ammoniaca registrata in tutta l’atmosfera di Giove è la prova di un’imprevista complessità delle atmosfere dei pianeti gassosi giganti di cui finora si ignorava l’esistenza. La presenza di un aumento del contenuto di ammoniaca in prossimità dell’equatore e uno strato povero di ammoniaca intorno ai 6 bar registrato alle medie latitudini pone inoltre una serie di domande sulla cinematica dell'atmosfera di Giove. Ad alcune di queste domande si potrebbe rispondere invocando strutture atmosferiche simili alla cella di Hadley della Terra, ma appare chiaro che le prime misure radiometriche dell'atmosfera profonda di Giove suggeriscano più domande che risposte. Stiamo insomma muovendo i primi passi di un nuovo modo di studiare il più grande pianeta del Sistema solare.

Grandi sorprese anche dalle prime misurazioni del campo magnetico del gigante gassoso. Si sa che Giove possiede il campo magnetico più intenso del Sistema solare, ma i dati raccolti da MAG, il magnetometro di cui è equipaggiata Juno, hanno permesso di scoprire che la sua intensità è molto più elevata (circa il doppio) di quanto hanno assunto finora i planetologi nei loro modelli. MAG, infatti, ha svelato che il campo magnetico di Giove ha un’intensità che si aggira intorno a 7,77 Gauss con picchi anche di 9 Gauss, dunque è oltre dieci volte più intenso del campo magnetico terrestre. Oltre a una maggiore intensità, però, il campo magnetico di Giove mostra anche un andamento più irregolare del previsto, con scostamenti che raggiungono anche i 2 Gauss. Secondo i ricercatori, questa imprevista mancanza di uniformità del campo magnetico indicherebbe che alla sua origine potrebbe esservi un meccanismo a dinamo che si attiva in regioni più prossime alla superficie del pianeta. Un meccanismo completamente differente, insomma, da quello che alimenta il campo magnetico del nostro pianeta e che ha il suo motore nel nucleo della Terra.

Mappatura dell’ammoniaca nell’atmosfera più esterna di Giove raccolta grazie al Microwave Radiometer. Prima di Juno si riteneva che l'atmosfera di Giove fosse piuttosto uniforme fino oltre i 100 chilometri di profondità. I dati di Juno hanno invece permesso di scoprire che le variazioni nell'atmosfera si spingono almeno fino a 350 chilometri di profondità (il limite massimo al quale può spingersi lo strumento). Nella parte destra dell’immagine è riportata l’indicazione del livello di abbondanza dell’ammoniaca: il colore arancio indica che è presente in quantità elevata, mentre il colore blu che è più scarsa. Dai dati di Juno, dunque, sembra che Giove presenti una fascia intorno all'equatore caratterizzata da elevata abbondanza di ammoniaca (colonna di colore arancio). Una situazione inaspettata per i planetologi, che si aspettavano una sua distribuzione e un mescolamento molto più uniforme (Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI).

Una nuova struttura

Tra gli obiettivi della missione figura ovviamente quello di comprendere quale possa essere la struttura interna di Giove. L’analisi dettagliata dei segnali emessi da Juno nel corso dei suoi passaggi ravvicinati e raccolti dal NASA Deep Space Network permette di misurare con estrema precisione il campo gravitazionale del pianeta e si confida che questo possa finalmente svelarci come sono distribuiti e sotto quale forma si trovano l’idrogeno e l’elio che costituiscono gli ingredienti principali del gigante gassoso.

Descrivendo in un’intervista per Media INAF le novità che stanno emergendo, Alberto Adriani (INAF-IAPS), principal investigator dello spettrografo infrarosso Jiram finanziato dall’ASI, non manca di sottolineare la nuova struttura del pianeta suggerita dai dati della missione: “Si ipotizzava che il pianeta fosse più simile alla Terra, con un nucleo roccioso, ma i primi riscontri danno un’indicazione diversa. Il nucleo - sempre ammesso che ci sia, visto che ci attende ancora molto lavoro nell’interpretazione dei dati - sembrerebbe non proprio solido. All’interno del pianeta ci sono moti non previsti e Giove appare più dinamico di quanto ci aspettassimo. Anche sotto le nubi, dunque, il pianeta sembra di fatto piuttosto diverso da come si poteva supporre”.

Uno studio sulla possibile struttura interna di Giove, a cura di Sean M. Wahl e collaboratori, è stato pubblicato nel nel numero speciale di Geophysical Research Letters dedicato ai primi risultati di Juno. I dati hanno permesso di effettuare alcune simulazioni e, benché le previsioni del modello impiegato siano fortemente influenzate dalla scelta dell’equazione di stato, la previsione di un arricchimento di elementi pesanti nella regione più interna di Giove sembra reggere. Secondo le stime di Wahl, il nucleo del pianeta gassoso potrebbe contenere una massa equivalente a 7-25 masse terrestri di elementi “pesanti” (cioè non idrogeno ed elio) e il nucleo potrebbe essere più disperso di quanto si pensasse finora.

Se nei modelli precedenti si ipotizzava una netta demarcazione tra i vari strati e un nucleo di idrogeno liquido metallico che avvolgeva una bizzarra zona ad alta pressione con precipitazioni di elio, dai risultati preliminari di Juno sembra emergere un nucleo più grande e indistinto e una successione di strati che interagiscono e si mescolano tra loro. Opportuno sottolineare, comunque, quanto questo scenario debba considerarsi provvisorio: potrebbe infatti essere drasticamente modificato dalla nuova serie di dati che provengono da Juno o dall’avanzare di nuovi modelli.

Tempi davvero favorevoli, insomma, per gli appassionati di planetologia.

Per approfondire:
Sito ufficiale della missione Juno.
Gli appassionati di astronomia e di grafica potranno partecipare attivamente alla missione Juno, sia proponendo personali elaborazioni delle immagini di JunoCam, sia suggerendo ai responsabili di missione come indirizzare le riprese della sonda.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Is 1.5 degrees still a realistic goal?

Photo: Simon Stiell, Executive Secretary di UNFCCC (Source: UNclimatechange, CC BY-NC-SA 2.0 DEED)

Keep 1.5 within reach, "keep the 1.5 degrees within reach." This was the slogan with which COP28 opened, the United Nations conference on climate change that just concluded in Dubai. The feasibility of this goal, however, now seems more uncertain than ever, even though many considered this aim too ambitious from the outset.