Esplorazione del concetto di energia
I gruppi hanno a disposizione una pila piatta da 4,5 V, una lampadina, un motorino elettrico con ventilatore collegato a una lampadina LED, una trottola, un'automobilina con carica a molla o a volano, uno jo-jo, un dischetto bimetallico “saltatore”, una palla “matta”.
Gli allievi devono produrre delle interazioni con gli oggetti assegnati e scrivere tutte le evidenze sul quaderno.
Un’interazioni non ovvia è quella con il motorino elettrico attaccato al ventilatore e collegato alla lampadina LED. Soffiando con forza sulla ventola questa si pone in rotazione e si accende la lampadina per un istante, purché sia collegata con la giusta polarità. Se non dovesse illuminarsi invertire le polarità o il senso di rotazione dell’elica. Sia nel caso dello jo-jo, sia in quello della palla matta, l’interazione avviene nel brevissimo intervallo di tempo in cui i due oggetti si fermano nel punto più in basso, prima di risalire.
Introduzione al concetto di energia
L’insegnante scrive alla lavagna tutte le evidenze delle interazioni rilevate dai gruppi durante l’esplorazione. In tutti i fenomeni di interazione esplorati c’è una sorgente, un trasferimento, un utilizzo, una degradazione. La causa di queste trasformazioni, che si trasferisce nelle interazioni, da un sotto-sistema all’altro, è chiamata energia. Per illustrare la catena energetica l’insegnante riordina le osservazioni dei gruppi di lavoro, chiedendo loro di precisare, caso per caso, quale può essere la sorgente, il mezzo di trasmissione o trasporto, quale l’utilizzatore e in quali forme si manifesta la degradazione dell’energia. Per rinforzare il concetto l’insegnante apre un fermaglio e lo piega ripetutamente. Gli allievi ripeteranno l’esperimento e sentiranno sulle labbra che il fermaglio si è riscaldato. Nell’interazione con le mani si è trasferita energia al fermaglio. L’aumento di temperatura testimonia che l’energia interna del fermaglio è aumentata. Dopo pochi secondi il fermaglio non sarà più caldo perché l’energia si trasferirà all’aria che lo circonda, disperdendosi.
Si chiede agli allievi di portare ulteriori esempi di forme di energia e di trasformazioni di energia. Per esempio:
- Qual è la sorgente di energia che fa muovere l'automobile?
- Qual è la sorgente energetica del "motore" uomo?
- Elenca altre sorgenti di energia a te note.
- Quali sono le sorgenti di energia per cuocere i cibi?
Applicazione del concetto di energia
1. Come si può osservare il trasferimento di energia lungo una barra di metallo usando una sorgente di calore e una candela?
Il materiale per questa esperienza può essere manipolato solo dall’insegnante, dopo aver discusso le varie ipotesi di soluzione con la classe. Occorrono una lamina di metallo (per esempio un righello di alluminio) o un filo metallico rigido di almeno 20 cm, una candela, un sostegno per attaccare la lamina o il filo orizzontalmente, una candelina tagliata a fettine.
Si predispongono dei cubetti di cera fondendoli parzialmente e poi lasciandoli raffreddare a distanze regolari (circa 2 cm) sulla barra metallica. Se si usa il filo si infilano delle “fette” di candela a mo’ di spiedino. Si blocca il filo o la barra orizzontalmente con un sostegno (la barra con i pezzi di cera rivolti verso il basso) e si inizia a riscaldare l’estremità opposta con una candela, avviando contemporaneamente il cronometro. Si annotano i tempi successivi a cui avviene la caduta dei pezzi di cera. Si può costruire una tabella delle distanze e dei tempi di fusione, o un grafico in coordinate rettangolari, con il tempo sull’asse orizzontale e la distanza dalla fiamma sull’asse verticale. Gli intervalli di tempo tra una caduta e l’altra non risulteranno costanti, ma sempre crescenti. Le domande da porre sono:
- da quali parti è formato il sistema?
- qual è la sorgente di energia?
- quali sono le forme di energia emessa? Dove si propagano?
- quale sottosistema utilizza l'energia trasferita?
- quale parte del sistema trasporta l'energia più rapidamente?
- che differenze ci sono tra la fusione del ghiaccio e quella della cera?
2. Se si versano in un bicchiere di acqua alcuni cubetti di ghiaccio posti in un sacchetto di plastica, come varia la temperatura?
Per l’esperimento occorrono un bicchiere, un termometro ad alcol e alcuni cubetti di ghiaccio in un sacchetto.
Gli allievi devono misurare la temperatura dell'acqua e ghiaccio, ogni minuto, e annotarla sul quaderno. Quando il ghiaccio sarà completamente fuso, si costruisce l'istogramma con i dati delle temperature. Se gli allievi hanno acquisito abbastanza confidenza con le coordinate rettangolari (gioco della battaglia navale) potranno realizzare un grafico in tali coordinate, ponendo sull’asse orizzontale la variabile tempo (1, 2, 3… minuti) e sull’asse verticale le temperature (0, 1, 2, 3…25 °C). I punti saranno collegati da una linea curva più “liscia” possibile. Si consiglia questa seconda soluzione per preparare gli allievi allo studio delle correlazioni tra coppie di variabili.
Questo semplice esperimento ci consente anche di chiarire alcuni errori concettuali assai diffusi.
- Primo errore: il ghiaccio fonde e non si scioglie, come erroneamente si dice nel linguaggio comune. Tutti i solidi, come il ghiaccio, il burro, la neve, il cioccolato, i diversi metalli, se convenientemente riscaldati, fondono. E' sbagliato dire che si sciolgono. L'insegnante farà bene a chiedere agli allievi di usare correttamente il termine fusione, per i solidi che passano allo stato liquido a causa di un aumento di temperatura. Diversa invece è la situazione dei solidi, come il sale e lo zucchero, che si sciolgono in acqua, cioè in un solvente.
- Secondo errore : gli oggetti, i corpi o i sistemi contengono (posseggono) energia interna ma non calore. Quando due oggetti, a diversa temperatura, si mettono in contatto, il calore è l'energia che si trasferisce dall'oggetto a temperatura più alta all'altro, che ha una temperatura più bassa. Perciò il calore corrisponde alla quantità complessiva di energia in transito dall'oggetto più caldo a quello a temperatura più bassa. Gli oggetti hanno una temperatura e hanno energia, ma non hanno calore.
- Terzo errore: spesso si tende a identificare la temperatura con l'energia interna dell'oggetto. Temperatura ed energia interna non sono la stessa cosa. Se un oggetto ha una temperatura più elevata di un secondo oggetto, non si può affermare con certezza che il primo abbia un'energia superiore. Prendiamo, per esempio, una tazzina di caffè bollente (circa 100°C) e confrontiamo la sua energia interna con quella dell'acqua a 36°C, contenuta in una vasca da bagno. Sicuramente la vasca, che contiene una massa d'acqua molto più elevata della tazzina di caffè, avrà un’energia termica più elevata. È pur vero che l'aumento di temperatura di un determinato oggetto testimonia che l'energia termica è cresciuta (vedi esperienza 15, più avanti).
3. Quale materiale tra quelli assegnati permette il miglior trasferimento di calore?
Il materiale occorrente, per ogni gruppo, è: acqua calda o fredda, un bicchiere di polistirolo espanso, uno di plastica, una lattina d'alluminio, termometri, un foglio di alluminio. Gli allievi devono aver già effettuato il precedente esperimento 2 per avere un’idea di come si seguono le variazioni di temperatura.
Si distribuisce la stessa quantità di acqua calda (o fredda) nei tre recipienti e si legge la temperatura a intervalli di tre minuti, riportando il tempo sull'asse orizzontale e la temperatura su quello verticale. Si confrontano le tre curve di raffreddamento o di riscaldamento. Gli allievi disegnano schematicamente i bicchieri e delle frecce che rappresentano la direzione del flusso di energia; quindi rispondo a domande del tipo:
- Quali sono i sotto-sistemi che interagiscono?
- In che cosa differiscono i materiali dei tre recipienti?
- Come può essere chiamata questa proprietà? (Conducibilità termica, analogo della c. elettrica)
- Cosa si può fare per accelerare al massimo il trasferimento di calore?
4. Quale tipo di superficie assorbe maggiormente l’energia luminosa?
L’insegnante prepara in precedenza due lamine metalliche di rame o alluminio, una normale e una completamente annerita con il fumo di una candela. Poiché sarà necessario utilizzare una fonte di luce, l’esperimento non potrà essere effettuato da ogni gruppo. La fonte di luce può essere una lampadina da almeno 60 W. Le due lamine e il vetro o lo specchio, possono essere messi sul fondo dei bicchieri, che serviranno anche per sostenere il termometro, che si appoggerà col bulbo sulla lamina. Per questo esperimento è preferibile utilizzare un termometro digitale, il cui display potrà essere seguito da tutta la classe. Conviene lasciare la lampada fissa e spostare i bicchieri sotto di essa, tenendoceli per un tempo fisso e osservando l’aumento di temperatura. La lampada deve essere il più possibile vicina all’orlo del bicchiere, ma esterna ad esso.
Dopo circa un minuto di esposizione alla luce, si riscontrerà una netta differenza di temperatura anche solo appoggiando sulla mano le lamine e il vetro. Il risultato è identico anche se si ricoprono i bicchieri con una lastra di vetro, ma non se si ricopre la lampadina con un foglio di alluminio (v. domande successive); questo dimostra che è la luce e non l’aria calda che trasporta l’energia. Gli allievi registreranno tutte le osservazioni e risponderanno alle seguenti domande:
- Quali sono i sotto-sistemi che interagiscono?
- Come può avvenire l’interazione senza contatto?
- Qual è il mezzo di trasporto dell’energia?
- Cosa accade se si coprono le lastre con una lastra di vetro?
- Cosa accade se si avvolge la lampada con un foglio di alluminio?
- C’è aria nello spazio tra Sole e Terra? E se il foglio di alluminio si appoggia sulle due lamine?
- Le lamine ricevono quantità uguali o diverse di energia?
- Perché la lamina scura assorbe più energia?
5. Due recipienti contengono acqua a temperature diverse; se si mescolano due quantità uguali d'acqua, qual è la temperatura finale?
Dopo aver discusso le ipotesi di lavoro e precisato le variabili da misurare, gli allievi dei vari gruppi preleveranno in due bicchieri di polistirolo quantità uguali di acqua calda e di acqua fredda da due brocche d'acqua preparate dall’insegnante. Ciascun gruppo disporrà inoltre di un termometro, col quale misurerà le temperature iniziali e quella finale, risultante dal mescolamento. Se le quantità di acqua miscelate erano uguali, la temperatura dovrà risultare intermedia a quelle di partenza. Quindi l’insegnante farà domande del tipo:
- Perché la temperatura dell'acqua calda si è abbassata? C'è stato trasferimento di energia?
- Perché la temperatura dell'acqua fredda si è innalzata? C'è stato trasferimento di energia?
L'insegnante farà vedere dalla cattedra, chiamando un allievo per volta, che mescolando quantitativi diversi di acqua si ottengono temperature diverse da quella intermedia. Per esempio, se la quantità d'acqua calda è maggiore, la temperatura finale sarà vicina a quella dell'acqua calda.
6. Come si può riconoscere una pila carica da una scarica, senza usare una lampadina?
Quest’esperienza offre l’opportunità di introdurre il concetto di energia potenziale, che verrà utilizzato anche in future esperienze. L’energia potenziale è energia “congelata” o in “deposito”, che non provoca effetti per tempi indeterminati, finché non si innesca un’interazione di qualche tipo. Le due batterie, apparentemente identiche, differiscono per il contenuto di energia potenziale. Il vassoio di ciascun gruppo dovrà contenere: due pile da 4,5 V, una nuova e una completamente scarica, filo di rame, bussola, bicchiere con acqua e sale.
Collegando per pochi secondi i due poli della pila carica si avranno diversi effetti: il filo si riscalda, l'ago della bussola posta nelle vicinanze subisce una deviazione. È importante evidenziare la propagazione a distanza dell'interazione. Bagnando le lamine della pila capovolta sull'acqua salata, si osserverà il formarsi di bollicine. Le domande da porre sono:
- dove si trova l'energia prima di passare nel circuito?
- quali sono le evidenze del trasporto di energia elettrica all'interno del filo di rame?
- quali proprietà ha il filo di rame che non è posseduta da un semplice spago?
- in cosa si trasforma l'energia elettrica nel suo fluire? Rimane confinata nel filo?
- quali forme di energia hai ottenuto nelle tue esperienze?
7. Qual è la massima temperatura che si riesce a raggiungere con “polvere riscaldina” e acqua?
I gruppi disporranno di un vassoio con un bicchiere di cloruro di calcio anidro (sacchetti del ricambio per deumidificatori, da sigillare dopo l’uso altrimenti il prodotto non sarà più efficace in seguito), un cucchiaio, un bicchiere d’acqua, un contagocce, un bicchiere di polistirolo da caffè e un termometro.
Gli allievi potranno variare le dosi di polvere “riscaldina” e acqua, registrandole accuratamente e misurando ogni volta l’aumento massimo di temperatura. Se sceglieranno di usare il bicchiere di polistirolo otterranno incrementi maggiori di temperatura. Gli allievi devono sapere che l’energia non si può creare, e che quindi prima di sviluppare calore doveva esserci dell’energia potenziale nei materiali (sottosistemi) uniti. Pertanto si rivolgono loro le seguenti domande:
- quali sono le parti del sistema che interagiscono?
- da dove scaturisce il calore? Quale tipo di energia era contenuta nel solido e nell’acqua?
- quali evidenze ci sono dell’interazione del gesso in polvere?
- il sistema contiene ancora la stessa energia potenziale che aveva all’inizio dell’esperimento?
- dov’è finita l’energia prodotta?
- il peso del sistema alla fine dell’esperimento sarà minore, maggiore o uguale a quello della polvere e dell’acqua uniti? (Se il sistema è aperto il peso diminuisce di qualche grammo perché parte dell’acqua evapora).
L’energia chimica è quella che si può ottenere dall’interazione di materiali (per esempio legno più aria e benzina più aria).
8. Con le lamine di rame e di alluminio e carta assorbente costruire una pila capace di far accendere la lampadina
Anche in questo caso si assisterà alla trasformazione di energia potenziale in altre forme “attive” di energia. Ovviamente dovrà essere l’insegnante a illustrare la corretta disposizione delle lamine dopo averla provata personalmente. Ogni gruppo dispone di una dozzina di lamine piatte di rame (va bene anche quello delle grondaie) e altrettante di foglio d'alluminio per alimenti, di dimensioni uguali (per esempio 2x3 cm). Carta assorbente da cucina ripiegata; bicchiere con aceto e sale. Vassoio di plastica o legno. Lampadina LED. L’insegnante ha a disposizione una batteria da 9V scarica con l’involucro aperto. La successione rame/alluminio/carta inumidita può essere stratificata più facilmente in orizzontale, così che gli strati siano ben separati. Dopo 4-5 elementi ripetuti si superano già i 2 V, sufficienti per far accendere il diodo LED (le correnti in gioco sono troppo piccole per far illuminare una lampadina a incandescenza). È importante che i tamponi imbevuti di acqua salata e aceto non si tocchino l'uno con l'altro e che non lascino fuoriuscire liquido in eccesso. Il polo positivo del diodo LED, riconoscibile per il piedino più lungo, deve essere collegato al polo di rame.
Si può anche costruire una pila grande come l’intera classe: tra due bambini adiacenti il contatto è formato da un pezzo di alluminio sovrapposto ad uno di rame, tenuti fermi al centro da un fermaglio. I bambini si inumidiscono i polpastrelli del pollice e dell’indice delle due mani con l’acqua salata, quindi si mettono in contatto tenendo tutti il rame con la sinistra e l’alluminio con la destra (o viceversa). Alle due estremità della catena si misurerà un voltaggio tanto più elevato quanto maggiore è il numero dei bambini e delle coppie metalliche. Nell’esperienza i bambini possono costrure vari tipi di “pile umane” a tentativi, cambiando di volta in volta il modo di alternare lamine di rame e alluminio.
Le domande da porre sono:
- da quali sottosistemi è formato il generatore di energia elettrica?
- quali sono le trasformazioni osservate dopo un funzionamento prolungato?
- come varia la luce della lampadina se si utilizza un minor numero di elementi?
- se si chiude il circuito della pila mettendo a contatto la prima e l'ultima lamina, si accenderà la lampadina?
- l'elettricità passerà ugualmente o no?
- come si può accertare se la corrente passa o meno?
- in quale forma si trova l'energia prima di chiudere il circuito con la lampadina?
9. Le celle fotovoltaiche convertono l'energia luminosa in energia elettrica. Realizzare un circuito capace di azionare un motore elettrico.
A ogni gruppo sono forniti una cella fotovoltaica, un motorino elettrico, filo elettrico e nastro adesivo, piccoli oggetti da sollevare (viti, dadi), dischi a settori colorati stampati su cartoncino da ritagliare. Portare in classe una lavagna luminosa o una lampada da 60 W, nel caso dovesse scarseggiare la luce solare.
In questa attività si ha una tripla trasformazione dell'energia: da luminosa a potenziale (quando il circuito della cella fotovoltaica è aperto), da potenziale a elettrica e da elettrica a cinetica. Vanno evidenziate anche altre forme: sonora (il rumore prodotto dal motore) e termica (il motorino si riscalda). Praticamente si ha una vera e propria catena energetica. L'energia luminosa non si affievolisce con la distanza dalla sorgente: l'energia totale è la stessa a qualunque distanza ci si ponga, ma essa si distribuisce su una superficie sempre più ampia, quindi sempre minore è la frazione catturata dalla cella fotovoltaica. Ci sono numerose domande che possono scaturire da questa esperienza. Per esempio:
- come si fa a variare la velocità di rotazione del motore?
- qual è la distanza massima dalla lampada alla quale il motore riesce a girare?
- come si può fare per far aumentare questa distanza?
- perché diminuisce la velocità del motorino allontanando la sorgente di luce?
- quali organismi viventi riescono a trasformare l'energia luminosa in energia potenziale?
- tutta l'energia luminosa si trasforma in energia cinetica?
- puoi usare il motore per sollevare piccoli oggetti?
I bambini dovranno poi schematizzare la catena energetica in ogni caso.
Le esperienze che seguono hanno carattere quantitativo e quindi sono idonee per il livello della scuola media. Esse prevedono l’introduzione delle unità di misura dell’energia più usate: il joule (J) e la caloria (cal). Per acquisire confidenza con tali unità si possono utilizzare le etichette degli ingredienti dei prodotti alimentari, che spesso riportano il contenuto energetico dei cibi in entrambe le unità. Avendo a disposizione diverse di queste etichette si potrà calcolare il rapporto joule/calorie, che risulterà pari a circa 4,2. È importante che gli allievi imparino bene il significato di caloria (anche se quest’unità di misura risulta abolita in tutta Europa dal 1° gennaio 2000, con DPR 802/1982): la caloria è l’energia occorrente per riscaldare un grammo d’acqua di un grado centigrado.
Negli esperimenti seguenti, in cui avverrà l’emissione o l’assorbimento di calore, basterà conoscere la quantità di acqua (in grammi o in millilitri) posta in un bicchiere isolato di polistirolo espanso e la variazione di temperatura da essa subita, per calcolare l’energia transitata in calorie. Le calorie complessive saranno ottenibili dalla moltiplicazione “tutti i grammi di acqua x tutti i gradi di aumento di temperatura di ciascun grammo”. Forniamo l’espressione per il calcolo in questa forma verbale con l’intento deliberato di evitare che gli allievi inizino a memorizzare formule, senza capirne il significato, fin dalle medie. Se si vuole evitare l’uso della caloria, si può fornire il seguente dato:
per aumentare di un grado la temperatura di un grammo d’acqua occorrono 4,2 joule di energia.
Un’altra unità di misura correlata con l’energia, e utilizzata nella vita di tutti i giorni è il watt (W). Esso misura la velocità di utilizzo dell’energia (potenza), in joule al secondo. Una lampadina a incandescenza da 40 W assorbe un’energia di 40 joule per ogni secondo di funzionamento. Una macchina molto potente trasforma molta energia ogni secondo (si parla di kilowatt, cioè migliaia di joule al secondo). Il corpo umano in normale attività consuma circa dieci milioni di joule al giorno (tanto è l’apporto energetico di 2500 kcal). Dato che in un giorno ci sono 86400 secondi, il consumo medio è di circa 120 joule al secondo, cioè 120 watt. L’energia ha un costo. Nella bolletta ENEL, si pagano mediamente intorno a 30 centesimi di euro ogni 1000 kilojoule (circa 0,1 € al kilowattora). Il costo dell’energia dalla combustione della benzina è di circa 4 eurocent ogni 1000 kilojoule, quindi inferiore, ma occorre considerare che se si vuole convertire l’energia della combustione in energia elettrica, con un “generatore”, i rendimenti sono molto bassi, dell’ordine del 20%, senza considerare il rumore e l’inquinamento prodotti in prossimità dell’utilizzatore. Queste considerazioni e la regolarità dell’erogazione elettrica ci dissuadono dall’utilizzo della benzina in casi normali.
10. Esistono in commercio dei bicchieri di cioccolato autoriscaldanti. Quanto calore si trasferisce all’alimento contenuto in questi bicchieri?
Gli allievi dispongono di un bicchiere di cioccolato autoriscaldante, di un termometro ad alcol e di un cilindro graduato da 50 mL (facoltativo, dato che il volume di prodotto è indicato nell’etichetta).
Non conviene svelare il meccanismo di funzionamento del bicchiere se non è stata ancora svolta l’esperienza in cui lo si utilizza per costruirne il modello di funzionamento. Le ipotesi sono comunque ben accette. Per informazione dell’insegnante, tale bicchiere contiene alla base un serbatoio 40 mL di acqua distillata, separati da un’intercapedine di alluminio dall’involucro esterno con scaglie e polvere di cloruro di calcio perfettamente anidro. Premendo sul fondo si rompe la membrana e la soluzione acqua CaCl2 raggiunge i 110 °C. Date le perdite e la distribuzione interna dell’energia, il prodotto da consumare, che non viene a contatto con la soluzione calda, raggiunge circa 50 °C.
Un secondo motivo per non effettuare l’esperimento con i componenti separati è quindi che il termometro ad alcol non può misurare temperature superiori a 60 °C. Il terzo motivo è che, lasciando intatto l’involucro, i ragazzi potranno degustare il prodotto dopo l’esperimento.
Per questa esperienza occorre pianificare bene la procedura da seguire, stabilire cosa misurare e quando farlo. L’insegnate potrà usare un barattolo extra per far vedere agli allievi come funziona.
Una soluzione possibile è la seguente: misurare la temperatura esterna, supposta uguale a quella del prodotto; attivare il meccanismo di riscaldamento, girare una decina di volte, aprire la pellicola e misurare la massima temperatura raggiunta all’interno della massa di cioccolato; quindi misurare il volume del prodotto. Per il calcolo del calore non si compie un grande errore considerando il liquido come se fosse acqua: 4,2 joule per grammo o mL e per grado centigrado. Il calore si calcola moltiplicando l’incremento di temperatura in gradi per il volume del prodotto in millilitri e per 4,2 se si vogliono i joule. Si può anche sostituire il cioccolato con acqua e ripetere l’esperimento in un nuovo bicchiere per confermare.
11. Quanto calore occorre per fondere un grammo di ghiaccio?
L’insegnante predispone una bilancia da cucina con precisione al grammo e una scatola di cubetti di ghiaccio. Ogni gruppo di allievi dispone di un vassoio con un bicchiere di polistirolo espanso con tappo, un termometro ad alcol, un cilindro graduato.
La soluzione più semplice consiste nel misurare l’abbassamento di temperatura, prodotto dalla fusione del ghiaccio in un bicchiere (calorimetro) isolato con un certo volume d’acqua. Gli allievi devono progettare l’esperimento in modo da accelerare la fusione del ghiaccio, per minimizzare le perdite di calore, e riuscire a leggere la temperatura minima raggiunta. Se i cubetti di ghiaccio pesano più di 5-6 grammi conviene usare 100 mL di acqua. Altrimenti 50 mL sono sufficienti. Moltiplicando i grammi d’acqua (comprensivi del ghiaccio) per la variazione di temperatura, si ottengono le calorie richieste per la fusione. Dividendo tale dato per il peso del ghiaccio fuso si ricava il valore specifico per ogni grammo di ghiaccio. Ogni grammo di ghiaccio assorbe 333 joule di energia per la fusione.
12. Quanta energia solare colpisce ogni cm2 di suolo al minuto?
Prima di discutere le ipotesi di lavoro, è opportuno ricordare l'esperienza 4, in cui il metallo annerito era quello maggiormente capace di assorbire l’energia radiante. Il problema può essere reso analogo ai precedenti, ponendo una lamina circolare di rame od ottone, annerita, sul fondo del bicchiere di polistirolo con un volume noto di acqua (5-10 mL). La luce solare può essere diretta perpendicolarmente, verso il fondo del bicchiere, con uno specchio. Si misura la temperatura iniziale e poi ogni 5 minuti dall’inizio del riscaldamento. Una volta determinata l’energia, in calorie o in joule, assorbita dall’acqua ogni minuto, come nei problemi precedenti, si deve dividere per l’area in cm2 del disco nero, per avere l’energia al minuto e al centimetro quadrato. La radiazione solare incidente al suolo, alle nostre latitudini, nelle ore diurne va da un minimo di 0,035 watt/cm2 nel mese di dicembre-gennaio, a un massimo di 0,14 watt/cm2 in giugno-luglio. Con un rapido calcolo si trova che questa energia, sul fondo di un bicchiere da 4 cm di diametro, equivale a 6-25 calorie al minuto, capaci di riscaldare 10 ml d’acqua da un minimo di 0,6 °C/min a un massimo di 2,5 °C/min. I valori trovati con l’apparato sperimentale qui descritto rientrano, in effetti, in quest’intervallo (per esempio da 20 a 25 °C in 5 minuti, in aprile, con lo specchio).
I pannelli solari per la produzione d’acqua calda sfruttano lo stesso fenomeno evidenziato dall’esperimento.
13. Quanti watt (joule al secondo) di energia si possono trasferire dalla batteria all’acqua?
Ogni gruppo di lavoro ha a disposizione un filo al nichel cromo di 0,5 mm di sezione e 50 cm di lunghezza, due fili di rame, una pila piatta da 4,5 V carica, un bicchiere di polistirolo espanso e un termometro. Arrotolando il filo al Ni-Cr a spirale con una matita, si costruisce una resistenza elettrica che, collegata con i capi liberi ai fili e ai due poli della batteria, si riscalderà, e potrà essere immersa a mo’ di scaldabagno in circa 20 mL di acqua. Analogamente alle esperienze precedenti, gli allievi devono preparare il dispositivo, praticare due buchi per far passare i fili dal tappo e un buco per il termometro, leggere la temperatura iniziale, avviare il cronometro nel momento stesso in cui si collegano i due fili alla pila, e leggere la temperatura a intervalli di un minuto, per circa cinque minuti, agitando di tanto in tanto. Se l’incremento di temperatura non si mantiene approssimativamente costante per almeno cinque minuti, usare un filo al Ni-Cr da un metro. Gli aumenti di temperatura vanno da 1 °C a 3°C al minuto in 20 mL di acqua, a seconda del tipo di batteria e del suo stato di carica. Per il calcolo, come al solito, si moltiplicano i mL d’acqua per l’aumento di temperatura, ricavandone le calorie. Moltiplicando per 4,2 si hanno i joule che, divisi per i secondi trascorsi, danno la potenza della pila in watt, cioè in joule al secondo. La potenza erogata da una batteria da 4,5 V, per tempi superiori al minuto, è di 1,5-3 watt.
14. Quanta energia è contenuta in una noce?
L’esperienza dovrebbe essere preceduta da un esame dei valori energetici riportati nelle confezioni. Da essi si può ricavare il fattore 4,2 per la conversione da calorie a joule e l’informazione che i grassi (contenuti nella noce per circa il 40%) sono capaci di liberare più energia, al grammo, degli altri principi alimentari.
Si parte da un quarto di gheriglio di noce infilzato su di un sostegno ricavato da un fermaglio, del quale si piega un’estremità verso l’alto, in modo che la parte restante funga da base. Occorre poi un barattolo di latta senza fondo, alla base del quale siano stati fatti dei fori (dall’esterno verso l’interno) dai quali dovrà entrare l’aria e in cima al quale si saranno ricavati dei tagli verticali di circa un centimetro e a intervalli di circa un centimetro, lungo tutto il diametro. Si formeranno così delle lamelle, lungo il bordo in alto del barattolo, che saranno tutte piegate verso l’esterno di circa 45 °. Dalle aperture delle lamelle dovranno uscire i fumi della combustione. Se questo non dovesse accadere la fiamma si spegnerebbe. Occorre infine una casseruola di alluminio con la base abbastanza larga da poter essere poggiata sul barattolo, contenente una ben precisa quantità d’acqua (100 mL) e un termometro. Le operazioni da eseguire sono le seguenti:
- pesare la noce, misurare la quantità d’acqua (un decilitro) e la temperatura iniziale dell’acqua
- incendiare la noce con un accendino e coprirla immediatamente con il barattolo e con la casseruola contenete l’acqua
- aspettare che la noce smetta di bruciare quindi misurare la massima temperatura raggiunta dall’acqua
- arieggiare l’aula alla fine dell’esperimento.
Dall’aumento di temperatura moltiplicanto per 100 g e per 4,2 J/g, si ricava l’energia in joule prodotta dalla noce. Tale energia è identica a quella disponibile per l’organismo se si assume la stessa noce come alimento. La parte restante del gheriglio può essere usata per ripetere l’esperienza, anche con diverse quantità d’acqua (cambierebbe il calore trasferito con una diversa quantità d’acqua?) e per mostrare come esso contenga un materiale oleoso, semplicemente appoggiandola su un foglio di carta (l’apporto nutritivo della noce deriva prevalentemente da lipidi, zuccheri o proteine?)
L’esperimento costituisce un’ottima occasione per affrontare problemi relativi al calcolo, alle trasformazioni dell’energia, all’alimentazione, ma non può essere considerato un metodo valido per determinare il potere calorico della noce o dell’olio in essa contenuto, a causa delle perdite di energia nei fumi e dalla bacinella verso l’aria esterna. Per limitare la perdita si può coprire la casseruola con un piano di polistirolo che, con un foro al centro, può anche fungere da sostegno del termometro, oppure aumentare la quantità d’acqua (2 decilitri) che così si troverà a temperatura non molto più alta dell’ambiente esterno.
15. Se si riscaldano nello stesso modo quantità identiche di acqua e di olio, la temperatura dei due salirà ugualmente?
La risposta è no. Per scoprirlo si possono utilizzare due lattine contenenti rispettivamente 250 g di acqua e 250 g di olio, poste sulla piastra di un fornello elettrico, ciascuna con un termometro immerso nella parte centrale del liquido. Se si registrano i valori di temperatura a intervalli regolari di tempo si potrà constatare che la temperatura dell’acqua si mantiene più bassa, anche se il calore che attraversa le lattine e la temperatura della piastra su si cui sono appoggiate sono identiche.
In questo caso si sono misurate sia la temperatura interna che quella esterna. Il termometro interno è tenuto sospeso da una molletta metallica. La stessa lattina è stata usata sia per l’acqua che per l’olio. Con un fornello di maggiori dimensioni le due lattine potrebbero essere posizionate e riscaldate in parallelo.
L’acqua subisce un minore incremento di temperatura, poiché possiede una maggiore capacità termica dell’olio, cioè richiede una quantità maggiore di calore per incrementare di un grado la sua temperatura. La capacità termica specifica dell’acqua è di 4,2 joule/°C, quella dell’olio di vasellina, usato in questo esperimento, è circa 2,1 joule/°C (olio d’oliva 2,0 J/°C, olio di semi 1,7 J/°C)