fbpx Dalla biologia molecolare ai retrovirus umani: in ricordo di Umberto Bertazzoni | Scienza in rete

Dalla biologia molecolare ai retrovirus umani: in ricordo di Umberto Bertazzoni

Primary tabs

Tempo di lettura: 8 mins

Il ricordo di Umberto Bertazzoni (1937-2020) nelle parole dei colleghi. 

Crediti immagine: Prawny/Pixabay

Nato a Trissino (VI) nel 1937, Umberto Bertazzoni si è laureato all’Università di Pavia in Farmacia (1960) e in Scienze Biologiche (1964). È stato ricercatore presso il Centro Comune di Ricerca di Ispra dal 1964 al 1974, ricercatore CE presso l’Istituto di Genetica del CNR di Pavia dal 1974 al 1994 e capo unità alla Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea di Bruxelles dal 1995 al 2000. Ha inoltre svolto attività di ricerca nel 1962 presso l’Università di Iowa, USA; dal 1971 al 1974 presso l’Istituto J. Monod dell’Università di Parigi VII; nel 1979 e nel 1992 presso il Naval Hospital e l’NIH di Bethesda, USA. È stato professore ordinario di Biologia Molecolare all’Università di Verona dal 1990 al 2010 nel corso di laurea di Medicina e Chirurgia. Autore di 110 pubblicazioni indicizzate (h-index: 28; fonte. Scopus).

For his seminal studies on human oncogenic retroviruses and for his tireless activity in foundation and support of international virology Institutions

È questa la motivazione del Premio "Giovanna Tosi" per la Ricerca sul Cancro che Umberto Bertazzoni ha ricevuto all'Università dell'Insubria nel settembre 2018 e che riassume perfettamente la sua lunga vita scientifica, ricorda Luigi “Gino” Chieco-Bianchi (Università di Padova), forse il suo amico più intimo, oltre che collaboratore.

«Ho conosciuto Umberto nei primi anni '80 quando, affermato ricercatore dell'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), si occupava dei meccanismi molecolari alla base della proliferazione delle cellule neoplastiche [i suoi lavori sulla Tdt, terminal deoxynucleotidyl transferase, sono tra i più citati di quel periodo – (1, 2)]. Con l'avvento dell'AIDS, le sue competenze in enzimologia divennero preziose per lo studio della trascrittasi inversa, l’enzima chiave dei retrovirus come HIV (human immunodeficiency virus, causa dell’AIDS) e HTLV (human T lymphotropic virus, il primo retrovirus umano patogenico, scoperto nel 1980, e agente causale di una relativamente rara forma di leucemia a cellule T dell’adulto e di sindromi neurologiche). Umberto entrò subito a far parte del gruppo dei “retrovirologi umani”, inizialmente non molto numeroso - cui anche io avevo aderito abbandonando i retrovirus murini - conquistando ben presto una posizione di primo piano nello studio dell'HTLV».

«Furono anni di intenso ed entusiastico lavoro: molti giovani studiosi, rientrati dagli USA e da vari Paesi europei, dove avevano acquisito nuove competenze, vennero reclutati insieme con i più validi gruppi di ricerca italiani nel Progetto Nazionale AIDS, adeguatamente finanziato dal Ministero della Salute e gestito dall'Istituto Superiore di Sanità sotto la direzione scientifica intelligente e rigorosa di Giovanni Battista Rossi. Umberto partecipava assiduamente alle riunioni periodiche, animatissime, nelle quali le diverse Unità Operative del Progetto riferivano i risultati conseguiti, grazie ai quali l'Italia in quegli anni si affermò tra i Paesi leader per la ricerca sull'AIDS».

«Seguì per Umberto la parentesi di Bruxelles. A metà degli anni '90 assunse un importante incarico presso il Research Directorate General della UE dove fu anche a capo della sezione Infectious Diseases, coordinando tra l'altro i progetti europei sull'AIDS. Ebbi quindi modo di incontrarlo più volte alla ben nota DG XII di Square de Meeus: sempre cordiale, interessato ai nostri studi, prodigo di consigli su come osservare attentamente le complesse normative europee in tema di finanziamenti».

«Rientrato in Italia, Umberto, che era già stato chiamato alla cattedra di Biologia Molecolare presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Verona, riprese la sua attività di insegnamento e, a pieno ritmo, la ricerca sui retrovirus oncogeni. Il focus principale della sua ricerca era lo studio delle caratteristiche dell'HTLV-2 (un virus sostanzialmente non patogenico per l’uomo) e delle sue differenze molecolari e funzionali nei confronti dell'HTLV-1 (assente in Italia) con l'intento di chiarire l'assenza di oncogenicità osservata negli individui infettati, in generale tossicodipendenti o ex-tossicodipendenti. I risultati di questi studi sono stati oggetto di rilevanti pubblicazioni, come testimoniato dall'essere stato editor (con Vincenzo Ciminale dell’Università di Padova e Maria Grazia Romanelli, sua stretta collaboratrice all’Università di Verona) di un numero monografico di Frontiers of Microbiology dedicato ad HTLV-1 (3)».

«Nel 2006 Umberto ospitò a Verona la riunione annuale dell'HERN (“HTLV European Research Network”) e nel 2010 e 2012 insieme organizzammo a Venezia, presso l'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, due simposi internazionali su "Viruses, Genes and Cancer" che i partecipanti ricordano ancora con molto piacere».

«Con Umberto ho anche condiviso l'avventura del GVN, il Global Virus Network, fondato a Washington nel 2011 da Bob Gallo, Bill Hall e Reinhardt Kurt. Bob volle che io ne fossi inizialmente il coordinatore della sezione italiana (“Center of Excellence”) e così, con Umberto, Roberto Accolla, Franco e Luigi Buonaguro, Beppe Ippolito e Guido Poli, tutti armati di buona volontà ma sprovvisti di risorse operative, iniziammo a mettere in cantiere, e in parte a realizzare, iniziative che coinvolsero vecchi e giovani virologi italiani. Dopo tre anni, per fisiologico turnover, Umberto fu unanimemente designato alla guida del GVN-Italia e per altri tre anni, con maggiore efficacia, ha esplicato il suo ruolo di coordinamento sempre animato da entusiasmo e fiducia nel futuro (nonostante le difficoltà a reperire finanziamenti ad hoc)».

«Come ricercatore sono convinto che il suo lavoro continuerà a costituire la base essenziale per ulteriori sviluppi nello studio dei retrovirus umani. Personalmente, mi resta la consapevolezza di aver goduto di un privilegio avendolo avuto amico per tanti anni».

Vincenzo Ciminale (Università di Padova) aggiunge: «L’energia e l’entusiasmo di Umberto sono anche stati determinanti nelle campagne di raccolta di fondi europei che hanno dato uno straordinario impulso allo sviluppo della virologia oncologica in Europa».

Donato Zipeto (Università di Verona): «Ho conosciuto Umberto nel lontano 1987 quando, da studente, lo contattai per svolgere il tirocinio di tesi presso il suo laboratorio. Erano gli anni del virus HIV, causa dell’AIDS, e il laboratorio di Umberto fu tra i primi a Pavia ad occuparsi di questo nuovo e temibile virus, ma, purtroppo, ho dovuto aspettare fino al 2001 per entrare a far parte del suo gruppo di ricerca. Lì apprezzai l’autonomia che Umberto lasciava ai suoi collaboratori, guidando “discretamente” progetti e pianificazione di esperimenti ed attività, così come lo scrupolo e le attenzioni nel validare gli esperimenti, la massima precisione nella scrittura dei lavori, nel controllo quasi maniacale anche dei minimi dettagli, prima di sottomettere un lavoro scientifico o un abstract ad un congresso. Umberto è stato una persona fondamentale per la mia professione e la mia vita, sicuramente la più importante».

Davide Zella (Institute of Human Virology, Baltimore, Maryland, USA): «Ho conosciuto Umberto nel 1984, al CNR di Pavia, io giovane studente universitario. La vita nel suo laboratorio era molto piacevole: imparavo e mi divertivo. Ricordo il tempo passato a discutere di scienza, e lui mi avrebbe guidato verso la tesi. All’inizio era “il professore”, ma rapidamente è diventato “Umberto”, un amico che nel tempo mi avrebbe dato consigli assumendo a tratti le sembianze di una figura paterna. Con l’arrivo dell’AIDS, Umberto mi ha presentato a Robert Gallo a Firenze nel 1992 e da lì e iniziata la mia carriera con Gallo con cui lavoro ancora oggi. Umberto mi ha insegnato tanto, in laboratorio e nella vita, e mi mancherà moltissimo».

Guido Poli (Università Vita-Salute San Raffale, Milano): «Il mio primo ricordo personale di Umberto è legato agli anni di Bruxelles, coincidenti col mio rientro in Italia dopo sette anni vissuti ai NIH nel laboratorio guidato da Tony Fauci. Subito dopo il suo rientro all’università di Verona, scaturì un rapporto di collaborazione e amicizia largamente mediato da Claudio Casoli, tecnico-ricercatore a tutto tondo che abbiamo ricordato su Scienza in rete alcuni mesi fa. L’incrocio dei nostri interessi scientifici fu basato sulla co-infezione da HIV-1 e HTLV-2, prevalentemente in persone tossicodipendenti o ex-tossicodipendenti. La “seconda gamba” della nostra collaborazione scientifica fu la scoperta nel 1995-1996 del ruolo fondamentale delle chemochine leganti CCR5 (e in misura minore di CXCR4), recettore fondamentale per l’ingresso di HIV-1 nelle cellule bersaglio. Non a caso, lo studio di Paolo Lusso e Robert C. Gallo del dicembre 1995 (4) sfruttava la produzione di queste chemochine da parte di linfociti T immortalati da HTLV-1 o HTLV-2. Dimostrammo quindi assieme a Umberto, Claudio e ai loro collaboratori che i pazienti co-infettati con HTLV-2 e HIV-1 avevano spesso le caratteristiche di Long-Term Non-Progressors, ovvero dimostravano una predisposizione naturale a controllare per molti anni la progressione di malattia da HIV-1, grazie alla iperproduzione di una chemochina particolarmente potente, come ricordato in dettaglio nell’articolo dedicato a Claudio Casoli (5).”

«Al di là dei suoi oggettivi meriti scientifici, con Umberto Bertazzoni se ne va uno degli ultimi “scienziati gentiluomini”».

Il triste spettacolo a cui assistiamo in questi giorni in coda alla pandemia di Covid-19 in cui spesso esperti veri o presunti si azzuffano in televisione o sui media ce lo farà rimpiangere anche di più.

Guido Poli per GVN-Italy, Franco M. Buonaguro (“Center Director”), Roberto Accolla, Luigi Buonaguro, Gino Chieco-Bianchi, Giuseppe Ippolito.

Referenze

1. Bertazzoni U, Stefanini M, Noy GP, Giulotto E, Nuzzo F, Falaschi A et al. Variations of DNA polymerase-alpha and -beta during prolonged stimulation of human lymphocytes. Proc Natl Acad Sci U S A. 1976;73(3):785-9

2. Bertazzoni U, Brusamolino E, Isernia P, Scovassi AI, Torsello S, Lazzarino M et al. Prognostic significance of terminal transferase and adenosine deaminase in acute and chronic myeloid leukemia. Blood. 1982;60(3):685-92

3. Bertazzoni U, Ciminale V, Romanelli MG. Editorial: Molecular Pathology of HTLV-1. Front Microbiol. 2018;9:3069

4. Cocchi F, DeVico AL, Garzino-Demo A, Arya SK, Gallo RC, Lusso P. Identification of RANTES, MIP-1 alpha, and MIP-1 beta as the major HIV-suppressive factors produced by CD8+ T cells. Science. 1995;270(5243):1811-5

5. Pilotti E, Elviri L, Vicenzi E, Bertazzoni U, Re MC, Allibardi S et al. Postgenomic up-regulation of CCL3L1 expression in HTLV-2-infected persons curtails HIV-1 replication. Blood. 2007;109(5):1850-6


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Why science cannot prove the existence of God

The demonstration of God's existence on scientific and mathematical grounds is a topic that, after captivating thinkers like Anselm and Gödel, reappears in the recent book by Bolloré and Bonnassies. However, the book makes a completely inadequate use of science and falls into the logical error common to all arguments in support of so-called "intelligent design."

In the image: detail from *The Creation of Adam* by Michelangelo. Credits: Wikimedia Commons. License: public domain

The demonstration of God's existence on rational grounds is a subject tackled by intellectual giants, from Anselm of Canterbury to Gödel, including Thomas Aquinas, Descartes, Leibniz, and Kant. However, as is well known, these arguments are not conclusive. It is not surprising, then, that this old problem, evidently poorly posed, periodically resurfaces.