fbpx L'intelligenza artificiale per studiare il plancton | Science in the net

L'intelligenza artificiale per studiare il plancton

Primary tabs

Tempo di lettura: 6 mins

Campione di plancton del Mare del Nord in un preparato del 1932. Crediti: Picturepest/Flickr. Licenza: CC BY 2.0

L’intelligenza artificiale (IA) è uno dei maggiori avanzamenti tecnologici degli ultimi anni. In genere, l’associamo alla produzione di automi che potrebbero, in un futuro non molto lontano, coadiuvare o anche sostituire l’essere umano nello svolgimento di attività pesanti o routinarie. Tuttavia, l’IA è uno degli strumenti di analisi di dati più promettenti tra quelli attualmente a disposizione del mondo scientifico.

Per esempio, lo stesso matematico francese Cédric Villani, medaglia Fields 2010, in un suo recente rapporto alle istituzioni francesi ed europee, indicava l’IA come uno strumento utilissimo, in prospettiva, per l’analisi di big data ecologici, ovvero informazioni multiple e complementari che insieme dicono, per esempio, in che posto, quante volte e a che condizioni ambientali sono state rilevate, nell’ambito di sforzi di campionamento spesso condotti alla scala globale, le specie viventi.

Uno dei campi in cui maggiormente si sta programmando l’uso dell’IA è proprio l’ecologia marina, menzionata dallo stesso Villani nel sopraccitato rapporto, riferendosi all’esplorazione oceanica internazionale Tara Oceans, focalizzata sul plancton. Per esempio, dei ricercatori dell’University of Luisiana hanno recentemente pensato di utilizzare l’IA per analizzare le librerie d’immagini prese dal mare scattando una miriade di microfotografie (in pratica, qualcosa come 288.000 foto per ora) attraverso un apparato subacqueo trainato da una barca. Poiché ogni immagine poteva contenere un gran numero di “oggetti biologici”, ai quali bisognava associare il nome di una specie, quegli scienziati si sono avvalsi del machine learning per trasformare l’immensa mole di informazioni morfologiche in una lista di specie di organismi utilizzabile dagli ecologi per catalogare la diversità delle comunità planctoniche.

Nello specifico, il machine learning è una modalità di analisi legata all’IA che si basa sul principio di analizzare i dati attraverso tecniche statistiche che “istruiscono”, attraverso step progressivi, il sistema operativo, conferendo a esso la capacità di “imparare dai dati” senza una programmazione preliminare esplicita e di ricercare la soluzione ad una problematica, in maniera autonoma. Nel caso dell’analisi di immagine su menzionata, il machine learning ha consentito di identificare le forme di vita planctonica ricercando configurazioni note tra le forme impresse all’interno delle immagini subacquee, e di imparare da quelle forme a identificarne altre, agli step successivi. La contemporanea presenza di specie all’interno dello stesso frame o di un insieme di frame video era altresì informativa di una qualche relazione biologica tra le specie rilevate, come un rapporto preda-predatore, che poteva essere identificato anche de visu.

Il plancton e l'intelligenza artificiale

Il machine learning è sempre più utilizzato per indagare dati ecologici, come la distribuzione delle specie viventi nello spazio e nel tempo, con l’obiettivo di prevedere gli andamenti futuri delle variabili poste sotto osservazione. Per esempio, dei ricercatori dell’EAWAG di Zurigo, partendo da una serie temporale di alcuni anni delle concentrazioni di plancton in un lago svizzero, sono riusciti a prevedere, a scale temporali molto variabili, dalle ore agli anni, la dinamica nel tempo di quella comunità ecologica; ciò ha permesso di ottenere importanti informazioni sui meccanismi d’innesco delle fioriture di plancton vegetale, che spesso include specie tossiche che vengono costantemente monitorate dalle agenzie governative, poiché esse sono potenzialmente dannose per l’approvvigionamento idrico e per l’acquacoltura. Va da sé che tale tecnica sarebbe utile anche nell’analisi delle serie temporali del plancton marino.

Il plancton marino è fondamentale per il mantenimento degli equilibri bio-geo-chimici della Terra, come la circolazione del carbonio dall’atmosfera agli oceani e da questi al pesce che mangiamo. L’interesse nei confronti del plancton è cresciuto enormemente nell’ultimo decennio grazie alla segnalazione, da parte dei bio-oceanografi, degli importanti cambiamenti subiti da questa comunità ecologica, parallelamente ai cambiamenti ambientali in atto nel nostro pianeta. E l’IA può essere d’aiuto proprio nell’ottica di delineare eventuali collegamenti tra il cambiamento ambientale e le modifiche qualitative e quantitative nelle comunità planctoniche, come il numero di specie e la loro rappresentatività negli ambienti acquatici.

Oggi sappiamo che la salute del plancton è legata alla sua biodiversità, poiché le diverse specie competono senza sopraffarsi e, in molti casi, cooperano per rinforzare la propria co-presenza. Le spedizioni di ricerca oceaniche hanno contribuito a disvelare solo una parte della diversità planctonica, soprattutto nella propria componente tassonomica – in pratica, quali specie sono presenti in un dato ambiente – ma molto rimane ancora da descrivere per la componente “funzionale” del plancton – ovvero, cosa fanno, in senso ecologico, comportamentale, alimentare, le specie rilevate. E anche in questi termini, l’IA potrebbe essere d’aiuto.

Verso una conoscenza profonda degli ecosistemi marini

Il ruolo ecologico delle specie planctoniche è stato indagato soprattutto in laboratorio. Questo approccio si basa però su di un limitato numero di ceppi e di individui, che non sono sufficientemente rappresentativi delle caratteristiche biologiche della specie cui essi appartengono, senza contare poi che la stragrande maggioranza delle specie planctoniche non sono allevabili in condizioni controllate. Una soluzione a ciò è stata ricercata attraverso l’analisi del DNA/RNA ambientale, derivando librerie di geni espressi (e quindi di possibili funzioni ecologiche) dagli organismi planctonici, direttamente nel loro ambiente naturale.

Tale approccio cosiddetto “-omico” sortisce però dati di difficile interpretazione, che si riferiscono all’intera comunità di specie e che non possono essere usati per derivare, ad esempio, relazioni di tipo alimentare. Esso può tuttavia produrre librerie di geni espressi a particolari condizioni che possono essere utilizzati per ricostruire il metabolismo generale delle comunità planctoniche attraverso reti, o network, di regolazione genica simili a quelli che vengono prodotti in biologia per il metabolismo cellulare. La nuova frontiera dell’oceanografia microbica è proprio comprendere il comportamento delle comunità planctoniche, più che quello delle singole specie che le compongono, e prevedere il loro comportamento futuro attraverso modelli matematici, in un oceano potenzialmente soggetto a cambiamenti significativi.

Anche nel caso citato poc'anzi, l’IA può essere d’aiuto. I più importanti studiosi associati a istituzioni come il team Google Brain di Google e diverse università statunitensi stanno da tempo tentando di applicare i lmachine learning per derivare informazioni da reti complesse, come quelle pertinenti i social network, che rappresentano i toy dataset più frequentemente utilizzati per testare nuove procedure analitiche. A tal proposito, un articolo scientifico dal titolo “Deep Graph Infomax” ha recentemente proposto un nuovo metodo per rilevare componenti nascoste, come percorsi di collegamento preferenziali tra nodi, all’interno della rete del social network Reddit.

La cosiddetta information theory, ovvero tutti quei procedimenti matematici in grado di sintetizzare le informazioni presenti all’interno di grandi banche di dati, è da decenni utilizzata nell’ecologia, grazie all’importante contributo iniziale di scienziati come Ramon Margalef, anch’egli studioso del plancton e delle sue caratteristiche biologiche, come la fisiologia degli organismi e il loro comportamento alimentare. Successivamente, lo studio delle reti alimentari è stato approcciato utilizzando la teoria delle reti, sortendo importanti avanzamenti nella comprensione di come la sostanza organica fluisce tra gli esseri viventi negli ambienti naturali. Oggi stiamo entrando in una nuova dimensione: possiamo istruire le macchine che abbiamo generato per avvicinarci un po’ di più a capire come funziona la natura, fin dalle sue componenti elementari.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Why science cannot prove the existence of God

The demonstration of God's existence on scientific and mathematical grounds is a topic that, after captivating thinkers like Anselm and Gödel, reappears in the recent book by Bolloré and Bonnassies. However, the book makes a completely inadequate use of science and falls into the logical error common to all arguments in support of so-called "intelligent design."

In the image: detail from *The Creation of Adam* by Michelangelo. Credits: Wikimedia Commons. License: public domain

The demonstration of God's existence on rational grounds is a subject tackled by intellectual giants, from Anselm of Canterbury to Gödel, including Thomas Aquinas, Descartes, Leibniz, and Kant. However, as is well known, these arguments are not conclusive. It is not surprising, then, that this old problem, evidently poorly posed, periodically resurfaces.