Matteo Salvini, a sinistra, durante una discussione al Parlamento Europeo nell'aprile 2017 (Credit: European Parliament / Flickr, Licenza: CC BY-NC-ND 4.0), Tito Boeri, a destra, durante il Festival dell'Economia di Trento 2012 (Credit: Niccolò Caranti / Wikimedia Commons, Licenza: CC BY-SA 3.0).
L'unico argomento che ha funzionato contro le esternazioni anti immigrati del ministro Salvini non poteva che essere quello: i soldi. Bene ha fatto quindi il presidente dell'INPS Tito Boeri a utilizzarlo, sostenendo l'importanza dei migranti per il nostro sistema pensionistico. In un Paese che invecchia velocemente e nel quale sono pochi i giovani che lavorano, è il lavoro degli immigrati a rendere sostenibile il sistema. La preoccupazione è anzi che nei prossimi anni non ne arrivino abbastanza per contrastare l'emigrazione italiana (si veda anche l'articolo qui). Il concetto non è piaciuto al ministro degli Interni, che infatti ha reagito male.
D'altra parte Boeri è in buona compagnia nel sottilineare il contributo economico dell'immigrazione. Uno degli studi più recenti al riguardo è stato condotto da tre ricercatori del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), la più grande organizzazione di ricerca pubblica francese. Secondo gli autori, i paesi che ospitano gli immigrati ne traggono un beneficio economico significativo, sia in termini di diminuzione della disoccupazione sia in termini di PIL pro capite, nell'arco di pochi anni.
Lo studio, pubblicato un paio di settimane fa sulla rivista scientifica Science Advances, è basato sull'analisi dei dati di trent'anni (dal 1985 al 2015) in 15 nazioni europee, tra cui l'Italia. I dati hanno incluso non solo i migranti degli ultimi anni in fuga, ad esempio, dal conflitto in Siria, ma anche i profughi iugoslavi degli anni Novanta. I ricercatori hanno analizzato separatamente gli effetti economici legati alla presenza di immigrati "regolari" e richiedenti asilo, concludendo che a un anno di distanza dall'ingresso il beneficio si misura in un aumento dello 0,32 per cento del PIL pro capite e dello 0,11 per cento del bilancio fiscale.
Il vantaggio che i migranti portano alla nazione che li ospita supera ampiamente le spese sostenute per loro, probabilmente anche perché chi arriva è spesso giovane o di mezz'età. Si tratta di effetti visibili nell'arco di due anni per gli immigrati regolari, un periodo di tempo che si allunga leggermente per i richiedenti asilo, la cui situazione è più precaria. "Alcuni dicono che accoglierebbero volentieri i migranti se ce lo potessimo permettere", ha dichiarato l'economista Hippolyte d'Albis, primo autore dello studio. "Ma noi abbiamo dimostrato che storicamente i migranti non rappresentano un costo, e che se non li accogliamo l'economia rischia solo di peggiorare".
Gli autori dello studio francese riconoscono che il grande flusso di richiedenti asilo pone molte sfide politiche, sia per i paesi ospitanti sia per la necessità di coordinare le politiche nazionali europee. Ma, in conclusione, "è improbabile che la crisi dei migranti in Europa determini una crisi economica; è piuttosto un'opportunità".
Si tratta sicuramente di dati interessanti in un momento in cui il tema dell'immigrazione è al centro di un dibattito così acceso. Questo anche perché, come analizzato in un altro articolo recentemente pubblicato su PNAS, il fattore economico è decisivo nel determinare un atteggiamento più o meno accogliente da parte della popolazione locale.