Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali. Credits photo: IFOM.
Designare un leader che, grazie alla sua maggior capacità di spinta, permetta all'intero gruppo di avanzare; una volta esaurita la sua forza, sostituirlo con qualcuno più fresco tra i followers che intanto dietro hanno risparmiato energia. Quella che sembrerebbe la tattica vincente di un team di ciclisti in gara è in realtà uno dei principi base della motilità di un gruppo di cellule tumorali che tenta di migrare e di completare la sua missione a noi più fatale: quella di creare metastasi.
Analogia, quella con il ciclismo, che ci offre un indicatore di come la biologia molecolare stia diventando, negli ultimi anni, sempre più interdisciplinare.
Le migrazioni di cellule tumorali
“Tutti in fuga! Come una folla, uno stormo, le cellule”, evento organizzato dall'Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM) di Milano all'interno del Meet Me Tonight, vuole mostrare come oggi lo studio della migrazione di cellule tumorali non si discosti molto dall'osservazione del movimento di una massa di persone o di uno stormo di uccelli.
Conseguenza questa di un piccolo ma radicale cambiamento per la biologia molecolare: dall'osservazione della singola cellula si è passati, infatti, allo studio del movimento di entità collettive cellulari. Recenti sviluppi hanno individuato, in effetti, nel movimento collettivo di cellule la strategia principale utilizzata, analogamente a ciò che succede nella formazione dei tessuti, per lo sviluppo e la disseminazione dei tumori solidi. Una migrazione che permette alle cellule tumorali di invadere l’organismo con maggiore persistenza ed efficacia del danno.
Un cambio netto della prospettiva di ricerca che ha portato la biologia molecolare a prendere spunto e ispirazione da diverse discipline, dall'etologia alla fisica, dall'ingegneria alla climatologia.
Cambio di prospettiva della biologia molecolare
Con il biologo cellulare Giorgio Scita, che dirige l'unità di ricerca Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali dell'IFOM e tra i protagonisti dell'evento “Tutti in fuga! Come una folla, uno stormo, le cellule”, abbiamo voluto comprendere le motivazioni e le implicazioni di questo cambio di paradigma.
“I gruppi di cellule”, ci spiega Scita, “oltre ad avere una maggiore capacità di fare metastasi, acquisiscono nuove caratteristiche che le singole cellule non hanno. Aggregarsi conferisce loro un vantaggio sia in termini di sopravvivenza, acquisendo maggiore resistenza alla morte cellulare, sia in termini di migrazione: diventano, cioè, in grado di scambiarsi dei segnali e di muoversi in maniera efficiente verso stimoli chimici, che noi chiamiamo chemiotattici”.
Lo sguardo del biologo assume come proprio focus l'interazione tra cellule, nel tentativo di comprendere come avviene lo scambio di informazioni tra le componenti del gruppo cellulare in fase di migrazione, così come tra il corpo collettivo e gli ambienti in cui questo si sposta. Un cambiamento del punto di osservazione che implica non solo un semplice allargamento della prospettiva, ma il passaggio dallo studio delle reazioni bio-chimiche cellulari all'analisi delle leggi fisiche che determinano la motilità dell'entità collettiva. Da qui la necessità per la biologia molecolare di affidarsi a concetti e strumenti tipici della fisica dei sistemi complessi.
Movimenti di entità collettive
“Le migrazioni di tipo collettivo”, continua Scita, “implicano una relazione anche fisica tra ciascuna componente dell'entità collettiva che emigra. Forze di adesione che mantengono l'entità collettiva tale, ma anche forze che devono coordinarsi per far sì che il gruppo si sposti in una particolare direzione. Di un corpo collettivo, in pratica, si studiano caratteristiche quali la rigidità, la flessibilità e il grado di manipolabilità, tutti fattori che vanno a influenzare la motilità di un'unica entità collettiva. Questo implica studiare la fisica dei sistemi complessi”.
Il team di Giorgio Scita ha raggiunto risultati straordinari nella propria attività di ricerca grazie anche alla stretta collaborazione con Roberto Cerbino, fisico dell'Università degli studi di Milano. Una loro recente ricerca, pubblicata a inizio 2017 su Nature Materials, ha permesso di comprendere come la capacità o meno delle cellule di migrare collettivamente, e quindi delle cellule tumorali di generare metastasi, dipenda strettamente da fattori quali densità e fluidità del corpo collettivo. Scita e Cerbino hanno osservato come transitare allo stato fluido - processo che permette, ad esempio, a tessuti come quelli epiteliali, generalmente solidi, di rimodellarsi nel caso di riparazione di ferite - risulti essere una tattica vincente per un gruppo di cellule tumorali che, acquisendo così maggiore plasticità, ha più probabilità di disseminazione in altri organi.
“Quando queste entità collettive diventano più fluide, sono estremamente capaci di adattarsi in qualunque tipo di contenitore, dunque, anche in uno spazio del nostro corpo in cui i tessuti sono costretti da barriere. Nel caso di entità tumorali fluide, gli spazi interstiziali e gli spazi tra i muscoli diventano ottime vie per emigrare. La densità, che in un corpo collettivo rigido implicherebbe immobilità, diventa allora un vantaggio e una spinta verso una direzione”.
Fluidi come le nuvole o i pesci in banchi
Muoversi in gruppo acquisendo un certo grado di fluidità diventa, dunque, un vantaggio in termini di risparmio di energie per le cellule, così come di una maggiore efficacia del movimento. Parallelamente, questo fenomeno permette ai biologi di comprendere la motilità cellulare grazie all'utilizzo di strumenti di osservazione propri di altre discipline, quali l'etologia e la meteorologia, che studiano entità complesse, pur sempre fluide, come stormi di uccelli, nuvole o folle in movimento. Abbandonare un'osservazione prettamente microscopica e acquisire uno sguardo d’insieme del fenomeno migratorio del corpo cellulare, implica, dunque, il ricorso a nuovi parametri e strategie di analisi, mai presi in considerazione dai biologi fino a poco tempo fa.
“La fluidità dei corpi collettivi che studiamo implica imparare delle tecniche di analisi nuove per noi, che arrivano da discipline come la meteorologia, piuttosto che lo studio del movimento delle nuvole o delle masse: quelle discipline che cercano, in poche parole, di descrivere entità collettive e complesse non come singole, ma in quanto flussi di comportamento e, nel caso delle migrazioni, flussi di migrazioni all'interno dell'entità stessa. Se gli individui di un gruppo sono cellule di un tumore piuttosto che pesci di un banco o uccelli di uno stormo non cambia molto: le dinamiche dalle cellule tumorali sono differenti dal punto di vista molecolare, ma non dal punto di vista delle caratteristiche fisiche generali”.
Dal micro- al macroscopico
Una variabilità in termini di movimento, direzione e velocità tale che la comprensione della motilità di un gruppo di cellule non si discosta più di tanto dall'osservazione e lo studio di nuvole e uragani. Un'integrazione interdisciplinare in cui la biologia molecolare utilizza strumenti propri della fisica dei sistemi complessi obbligando i biologi a riformulare, oltre all'approccio, il linguaggio alla base dei propri studi e a rivoluzionare la prospettiva di ricerca.
“La fisica è totalmente un cambio di paradigma per noi biologi: i fisici riducono la complessità di un processo a principi fondamentali unificanti, mentre noi tendiamo a guardare il singolo dettaglio di una singola molecola. L'unione di questi due approcci apre una sfida che ci costringe a comprendere le basi di diverse discipline, ma soprattutto a cambiare linguaggio e prospettiva di studio. La biologia molecolare, attenta fino a ieri principalmente al microscopico, si apre oggi anche al mesoscopico e al macroscopico per identificare i fattori che interferendo sul micro, poi impattano sulla scala media e macro, e viceversa. Questo ce lo può consentire solo un approccio integrato tra fisica, ingegneria e biologia”.