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Microbioma e sclerosi multipla: c'è correlazione?

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Escherichia coli, una delle molte specie di batteri presenti nel microbiota umano. Credit: Rocky Mountain Laboratories, National Institute of Allergy and Infectious Diseases, National Institues of Health.

Due gruppi distinti di scienziati hanno dimostrato che i batteri intestinali svolgono un ruolo nella sclerosi multipla (MS), una malattia in cui il sistema immunitario dell’organismo attacca il rivestimento mielinico dei neuroni causando tremore, stanchezza, problemi cognitivi e altri disturbi del sistema nervoso. Il primo dei due studi ha evidenziato come alcuni batteri intestinali, insolitamente abbondanti nei pazienti affetti da MS, hanno modificato il sistema immunitario dell’ospite in modo tale da renderli più propensi ad attaccare le cellule dell’organismo, compresi i neuroni; l'altro studio ha scoperto invece che i batteri intestinali delle persone affette da MS inoculati nei topi ne aumentano la probabilità di sviluppare la malattia.

Anche se potrebbe sembrare strano che i batteri intestinali possano influenzare i neuroni, le prove in favore di questa ipotesi sono in costante aumento, tanto che è stato istituito un consorzio internazionale denominato “The International MS Microbiome Study” allo scopo di investigare il ruolo dei batteri intestinali (microbiota) e dei loro geni (microbiomi) nella sclerosi multipla e che, avvalendosi dei risultati di questi studi, intende progettare un trial clinico che valuterà un approccio completamente nuovo al trattamento della MS.

I recenti articoli, entrambe pubblicati sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), sembrano rafforzare la possibilità che vi sia un collegamento tra microbiomi e MS. Nel primo articolo, il team di ricerca guidato da Sergio Baranzini dell'Università della California, San Francisco (UCSF) ha confrontato i microbiomi di 71 pazienti con MS con quelli di 71 individui sani: i batteri Acinetobacter calcoaceticus e Akkermansia muciniphila si sono dimostrati molto rari nelle persone sane ma più abbondanti nei pazienti con MS. Ciò è in linea con studi precedenti che identificano un microbioma differente nei pazienti con MS rispetto alle persone sane, senza però rivelare se sia stata la malattia ad indurre la modificazione del microbioma intestinale o viceversa. I ricercatori della UCSF hanno indagato ulteriormente la possibile correlazione inserendo i batteri A. calcoaceticus e A. muciniphila in campioni di sangue sano osservando che questi microbi provocano l’aumento di cellule T helper che attivano l'attacco immunitario e nel contempo inducono la diminuzione delle cellule T regolatorie che sopprimono eccessive risposte immunitarie, inclusi gli attacchi autoimmuni come in MS.

Un'altra possibile connessione tra la malattia ed il microbioma è rappresentata dal fatto che i batteri A. calcoaceticus sono simili dal punto di vista molecolare alle proteine presenti nella mielina, il rivestimento delle cellule nervose che il sistema immunitario attacca nella sclerosi multipla. Ciò suggerisce che i batteri potrebbero innescare attacchi da parte del sistema immunitario che finiscono per colpire anche la mielina. Queste scoperte ipotizzano perciò la presenza di un contributo ambientale precedentemente sconosciuto all’insorgere della patologia.

Nel secondo studio pubblicato su PNAS, gli scienziati guidati da Hartmut Wekerle dell'Istituto Max Planck di Neurobiologia hanno esaminato 34 coppie di gemelli uno solo dei quali affetto da MS. Inoculando i batteri intestinali dei gemelli in topi di laboratorio, i ricercatori osservarono che i topi che avevano ricevuto il microbioma da malati MS avevano una maggior probabilità di sviluppare la patologia rispetto agli animali che ricevevano i batteri degli individui sani. Se questi risultati fossero confermati, potrebbero servire da razionale per realizzare una terapia a base di batteri per contrastare la patologia o persino per prevenirla; così come accade nei trapianti di batteri fecali da donatori sani nel trattamento di infezioni potenzialmente letali come quella del batterio Clostridium difficile.

Un approccio alternativo potrebbe essere rappresentato dalla somministrazione di probiotici che nutrono selettivamente i batteri che competono con quelli che causano MS, anche se non è ancora stato dimostrato che i probiotici siano in grado di provocare le ingenti modificazioni del microbioma che potrebbero essere necessarie per prevenire o curare la malattia.

I risultati di questi studi sono certamente esaltanti dal punto di vista della comprensione dei meccanismi sottostanti la malattia ma, poiché entrambe i gruppi hanno trapiantato l'intera comunità di batteri intestinali da esseri umani a topi, al momento non è possibile identificare quali batteri in particolare abbiano un ruolo necessario o sufficiente per indurre MS. È troppo presto per sapere quanto il microbioma sia importante nell’aumentare il rischio di MS; soprattutto se si considerano le 200 varianti genetiche che sono state collegate alla malattia, o fattori di rischio quali il virus Epstein-Barr, il fumo e bassi livelli di vitamina D, che sembrano anch’essi svolgere un ruolo nella patogenesi di MS. Anche i due studi recenti sono apparentemente in contrasto tra loro: a differenza dello studio americano, la ricerca tedesca non ha trovato grandi differenze tra i microbiomi complessivi dei gemelli con e senza MS. Infine, i modelli murini di MS non sono perfette imitazioni della malattia umana e i sistemi immunitari del topo non sono identici a quelli degli esseri umani.

Entrambe gli studi ipotizzano che il microbiota intestinale contribuisca a creare un ambiente pro-infiammatorio che, in combinazione con fattori genetici ed ambientali, potrebbe indurre il processo patologico di autodistruzione della mielina causando MS. Ci vorrà molto tempo e lavoro per sviluppare cure o strategie preventive basate su questa ipotesi, ma la ricerca solleva la possibilità intrigante di trattare una malattia spesso devastante con terapie a bassa tecnologia come i trapianti fecali o i probiotici.

 

Fonti
Gut bacteria from multiple sclerosis patients modulate human T cells and exacerbate symptoms in mouse models
Gut microbiota from multiple sclerosis patients enables spontaneous autoimmune encephalomyelitis in mice


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