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Dieci anni ben spesi

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ERC, l’European Research Council, compie dieci anni. È ancora un bambino, ma vanta successi da adulto. Nacque nel 2007, per volontà dell’Unione Europea, nell’ambito del Settimo Programma Quadro (FP7) con lo scopo di aiutare «la ricerca di alta qualità in Europa» erogando finanziamenti a progetti scientifici selezionati solo sulla base del merito. C’è riuscito.

L’ERC nacque nel momento in cui era ormai evidente che il “Programma di Lisbona” che l’Unione Europea si era dato nell’anno 2000 – fare del Vecchio Continente l’area leader al mondo nell’economia della conoscenza – stava fallendo. Bastavano i numeri a indicarlo. Nell’anno 2002 a Barcellona l’Unione Europea aveva riconosciuto che, per raggiungere la leadership nell’economia della conoscenza, avrebbe dovuto raggiungere entro il 2010 un’intensità di investimenti in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico (R&S) pari ad almeno il 3,0% del Prodotto interno lordo (PIL). Con questa articolazione: almeno 1,0% del PIL in investimenti pubblici e almeno 2,0% in investimenti privati, da parte delle imprese.

Si partiva da un livello non basso (il 2,0% del PIL), ma inferiore del 25% a quello degli Stati Uniti e del 40% a quello del Giappone. Mentre già all’orizzonte si profilava il gigante cinese. Eppure in quei sei o sette anni successivi al varo del “Programma di Lisbona” poco era cambiato.

Ma, dato ancora più preoccupante, la gran parte degli investimenti in R&S in Europa (un buon 95%) avveniva a opera dei singoli stati e solo una quota marginale (il 5%) era a opera della Commissione europea. Il che significa che l’Europa andava con una politica frammentata (decisa in più di venti capitali) alla competizione con colossi che avevano non solo più fondi ma anche una politica della ricerca più omogenea e coesa. Non bastava. Quel 5% residuale di investimenti con “sguardo europeo” erano destinati più alle scienze applicate e all’innovazione tecnologica che alle scienze di base, vero motore dell’innovazione cognitiva e tecnologica.

Di qui la decisione, saggia, di creare un’istituzione a suo modo unica: il Consiglio Europeo della Ricerca, con una dotazione all’inizio di circa un miliardo di euro (poi progressivamente aumentata) e con la missione di finanziare la ricerca di eccellenza in Europa sulla base di un unico parametro: il merito. Senza tener conto di alcun fattore geografico e politico. Tutti potevano partecipare alla competizione per ottenere fondi cospicui – compresi tra 0,5 e 2 milioni di euro – ma solo i migliori sarebbero stati premiati a prescindere dal loro paese di origine, dal loro paese ospitante (un ricercatore francese può scegliere di “spendere” il suo grant in Germania o in Italia o in un altro qualsivoglia paese europeo o associato), oltre che – è ovvio – dal sesso, dalla religione, dalle opinioni politiche.

Inoltre il gruppo dirigente di ERC, una vera e propria agenzia di finanziamento della ricerca, avrebbe dovuto essere (ed è stato) del tutto indipendente: formato esclusivamente da scienziati che hanno la possibilità di agire in piena autonomia. Un modello istituzionale per molti versi analogo a quello della National Science Foundation o dei National Institutes of Health degli Stati Uniti d’America, che vantavano (e vantano tuttora) una grande storia di rigore ed efficacia.

Lo stanziamento di fondi competitivi è parte importante (ma non esclusiva) di una moderna e, appunto, efficiente politica della ricerca. In questi primi dieci anni l’ERC ha investito circa 12 miliardi di euro (con una media, dunque, di 1,2 miliardi per anno), su cinque principali tipologie di progetti (Tabella 1):

Tabella 1 | I progetti ERC (Fonte: APRE)

Tipo di grant Destinatari
Starting Grant (StG) Per ricercatori di qualsiasi nazionalità, leader emergenti della ricerca, con 2-7 anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato (o di un altro titolo equipollente).
Consolidator Grant(CoG) Per ricercatori di qualsiasi nazionalità con 7-12 anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato di ricerca (o di un altro titolo equipollente) e con un curriculum scientifico molto promettente.
Advanced Grant (AdG) Per leader della ricerca eccezionali e affermati di qualsiasi età e nazionalità con progetti innovativi e ad alto rischio in grado di aprire nuove direzioni nei loro rispettivi campi di ricerca e in altri settori.
Proof of Concept(PoC) Per progetti che mirano a garantire un collegamento tra ricerca di base e mercato.
Synergy Grant (SyG) Lanciato come "azione pilota" nell'ambito degli ultimi due bandi di FP7, non è stato riproposto nel primo Work Programme di Horizon 2020. Intendeva promuovere progressi sostanziali alla frontiera della conoscenza e incoraggiare nuove linee produttive nonché nuovi metodi e tecniche di ricerca. Era destinato a gruppi costituiti da un minimo di due e da un massimo di quattro ricercatori principali.

Alle call di ERC in dieci anni hanno risposto in tanti (Tabella 2). I progetti che hanno chiesto un finanziamento sono stati oltre 65.000, quelli valutati nel merito oltre 64.000, quelli che hanno ottenuto un finanziamento 7.270: pari all’11,3% del totale valutato. Uno su dieci ce l’ha fatta. La selezione è stata severa.

Il maggior numero di progetti finanziati sono stati quelli per giovani ricercatori (Starting Grant): quasi 36.000 i progetti “applicati”, quasi 35.000 quelli valutati, più di 3.300 i progetti finanziati: il 9,7% del totale. Per numero di progetti finanziati, al secondo posto vengono gli Advanced Grant: 2.178 quelli premiati, con una percentuale di successo del 13,3%. Analoga a quella dei Consolidator Grant, che ha visto 1.300 progetti premiati: il 13,1% di quelli valutati.

In numero minore i Proof of Concept, anche se con una percentuale di successo molto elevata (quasi il 35%). Al contrario degli effimeri Synergy Grant, che in due anni hanno visto 1.124 progetti valutati e solo 24 premiati (percentuale di successo introno al 2%).

Tabella 2 | Dieci anni di attività di ERC (Fonte: ERC)

Applicazioni Anno Ricevute Valutate Finanziate % di successo
Starting Grant 2007-2016 35821 34822 3381 9,7
Consolidator Grant 2013-2016 10557 10386 1300 13,1
Advanced Grant 2008-2016 16996 16581 2178 13,3
Proof of Concept 2011-2015 1232 1161 387 34,6
Synergy Grant 2012-2013 1159 1124 24 2,1
Totale   65765 64074 7270 11,3

Ogni anno, dunque, quasi 730 tra singoli ricercatori e gruppi di ricerca hanno ricevuto un grant ERC. Poiché la base di selezione era unitaria e la mobilità accentuata (molti hanno speso i loro grant lontano dal proprio paese), l’attività di ERC ha contribuito non poco a rompere i muri delle gelosie nazionali e a formare, pur con limiti e contraddizioni, una comunità scientifica con una cultura sempre più europea.

Tabella 3 | I numeri di ERC (Fonte: ERC)

Euro stanziati da ERC dal 2007 al 1016 12000000000
Euro allocati per ERC nel programma Horizon 2020 (2014-2020) 13100000000
Budget ERC per il 2017, in euro 1800000000
Fondi ERC sul budget totale di Horizon 2020 (in %) 17
Applicazioni valutate da ERC (fino al 2016) 64074
Grants distribuiti da ERC (fino al 2016) 7270
Media finanziamento per progetto, in euro 1651000
Articoli pubblicati che ringraziano ERC 40000
Premi Nobel tra i vincitori dei grant ERC 6
Medaglie Fields tra i vincitori dei grant ERC 4
Wolf Prize tra i vincitori dei grant ERC 5

Nel prossimo futuro ERC continuerà a crescere. Il budget assegnatogli nell’ambito di Horizon 2020 è di 13,1 miliardi di euro. Abbastanza in relazione al totale (17%), forse ancora poco per le esigenze dell’Europa.

I risultati scientifici di ERC, intanto, non mancano. Da un punto di vista quantitativo: sono almeno 40.000 gli articoli pubblicati su riviste peer-review i cui autori hanno ringraziato l’ERC per i fondi ottenuti. Ma anche dal punto di vista qualitativo ci sono dei riscontri obiettivi: hanno ricevuto un grant ERC 6 Premi Nobel, 4 Medaglie Fields e 5 Wolf Prize.

Chi ha ricevuto di più da ERC, con il suo metodo di attribuzione dei fondi basato esclusivamente sul merito? È facile rispondere a questa domanda: il Regno Unito, che ha ospita o ospita tuttora 1488 vincitori di grant, la metà all’incirca provenienti da altri paesi, pari al 20,5% del totale. Seguono la Germania (14,1%) e la Francia (12,2%). L’Italia, ospitando solo 380 vincitori di grant ERC (5,2%), è solo settima: dietro Olanda, Svizzera e Spagna.

Figura 1 | Paesi che ospitano i vincitori di grant ERC (Fonte: SISSA) 

In realtà la condizione italiana è speculare a quella britannica. I ricercatori italiani vincono molti grant, ma quasi la metà (il 45,7% per la precisioni) queste borse le spende all’estero. I ricercatori del Regno Unito vincono poche borse, ma il paese è un forte attrattore di cervelli: la metà dei grant spesi in Gran Bretagna sono a opera di ricercatori che provengono dall’estero. L’Italia produce molto, il Regno Unito attrae molto. Lo scorso 17 marzo alla SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) si è svolta la prima manifestazione italiana per celebrare i dieci anni di ERC. E sono stati proposti questi dati (Tabella 4):

Tabella 4 | I grant italiani (Fonte: SISSA)

Progetti presentati da ricercatori italiani 7553
Vincitori 644
% di successo 8,5
% sul totale dei grant ERC 8,9
Grant vinti da italiani spesi in Italia 350
Grant vinti da italiani spesi all'estero 294
Grant vinti da stranieri spesi in Italia 30
Grant totali spesi in Italia 380
Fondi totali spesi in Italia (in euro) 608000000
% sui fondi ERC 5,1

La tabella mostra chiaramente il problema italiano. Con 644 vincitori italiani, l’Italia ha conquistato l’8,9% dei grant totali dell’ERC in questi dieci anni. Ma in Italia è stato speso solo il 5,1% dei fondi totali impegnati da ERC. Il confronto tra i “cervelli ERC” in uscita (294) e quelli in entrata (30) è addirittura impietoso: in pratica viene un vincitore di grant ERC in Italia ogni dieci vincitori italiani che vanno all’estero. Un’asimmetria insostenibile per il nostro sistema paese.

In Tabella 5 sono riportate le 5 istituzioni italiane che ospitano più vincitori di grant ERC.

 

Tabella 5 | Le prime cinque istituzioni italiane (Fonte: SISSA)

Istituzione Starting Grant Consolidator Grant Advanced Grant Totale
Università Bocconi, Milano 12 3 10 25
CNR 14 5 1 20
Sapienza Università di Roma 9 2 9 20
Politecnico di Milano 4 8 6 18
Università di Padova 11 4 3 18

In Tabella 5 sono riportate le cinque istituzioni scientifiche italiane che ospitano più vincitori di gran ERC. Ci sono quattro università (una del centro e tre del nord) e un ente pubblico, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che ha sedi in tutto il territorio nazionale. A Trieste fanno notare che i numeri assoluti sono importanti. Ma lo sono anche i numeri relativi: con soli 80 docenti, infatti, la SISSA ha ospitato e/o ospita ben 17 vincitori di grant ERC. Insomma, per intensità la Scuola superiore di Trieste è non sola la prima in Italia, ma una delle prime in tutta Europa.

Ma ritorniamo al quadro generale. Un’altra asimmetria è quella di genere (Tabella 6): solo il 26,8% dei grant spesi in Italia sono stati vinti da ricercatrici di sesso femminile. Troppo poco, rispetto al reale contributo che le donne danno alla ricerca italiana.

Tabella 6 | Distribuzione dei grant ERC spesi in Italia (Fonte: SISSA)

Totale   380
     
Tipo Starting Grant 175
  Consolidator Grant 66
  Advanced 139
     
Dominio Scienze fisiche e ingegneria 175
  Scienze della vita 99
  Scienze sociali e umanistiche 106
     
Genere Maschi 278
  Femmine 102

E ritorniamo alla SISSA, che lo scorso 17 marzo, come abbiamo già ricordato, ha ospitato il primo evento italiano di celebrazione del decimo compleanno dell’European Research Council. Ovviamente si è parlato di ERC e non solo. Si è parlato di Europa e del suo sistema di ricerca. Ancora troppo piccolo. Ancora troppo squilibrato.

Intervista a Giorgio Parisi realizzata da Fernanda Marchiol e Elena Spessot.

Tra i relatori, Giorgio Parisi: il fisico teorico ben noto ai lettori di Scienzainrete. La sua analisi è stata chiara. Ci sono differenze strutturali profondissime tra i vari paesi dell’Unione. Un ricercatore italiano può contare solo sull’1,3% di una ricchezza nazionale in declino. Un ricercatore tedesco sul 3,0% ormai di una ricchezza nazionale in espansione. Insomma, i punti di partenza sono molto diversi. Premiano il merito, come giustamente fa ERC, succede che partendo da posizioni così divaricate, si crea un flusso paradossale: i ricercatori dei paesi più poveri vanno ad arricchire i paesi più affluenti. In gioco c’è un problema di equità, ma anche di efficacia. Una simile asimmetria non giova all’Europa, che crescerebbe molto meglio se la ricchezza fosse meglio distribuita. Di qui la proposta: continuiamo a selezionare sulla base del merito. Ma diamo ai ricercatori dei paesi meno attrezzati una base minima da cui partire.


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