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Ricostruire la ricerca italiana

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Le condizioni della ricerca italiana sono ben lontane dall’essere positive. Per certi aspetti, anzi, sono decisamente drammatiche. La mancanza di risorse finanziarie, aggravata dai tagli indiscriminati che la ricerca pubblica continua a soffrire, non è il solo problema del nostro sistema della ricerca, più che mai bisognoso di un radicale intervento per salvarlo dal declino al quale sta correndo incontro.
Ma come e dove intervenire? Cercare di rispondere a queste domande era l’obiettivo del convegno organizzato dal Gruppo 2003, dall’Università Bocconi e dalla Novartis Italia, svoltosi il 9 dicembre a Milano, nell’Aula Magna della Bocconi.

Cosa distruggere, come ricostruire” era il titolo, forte e provocatorio, scelto per l’evento, ispirato da uno dei principali temi affrontati: meglio focalizzarsi su poche, eccellenti università o distribuire più diffusamente le risorse, a macchia di leopardo? Un argomento controverso, strettamente legato alla valutazione della qualità della ricerca di cui si è parlato fin dall’inizio del convegno. In particolare, la prima sessione si è concentrata sui risultati della valutazione della qualità della ricerca (VQR) condotta dall’ANVUR sul periodo compreso fra il 2004 e il 2010. Gli interventi hanno messo in chiaro alcuni punti a riguardo: innanzitutto, la VQR non valuta i singoli individui e la valutazione della ricerca va distinta dalla valutazione della didattica, anch’essa necessaria ma più complessa da realizzare. Fatte queste premesse, è stata sottolineata l’importanza della valutazione in quanto passo necessario per il raggiungimento dell’autonomia accademica e in quanto spunto di riflessione per futuri interventi. Valutazione non è e non deve essere un sinonimo di punizione.
Valutare non significa stilare classifiche dei buoni e dei cattivi nell’ambito accademico.
La valutazione deve anche andare a braccetto con la premialità: le università con le migliori performance devono venir premiate per i loro sforzi. E per quanto riguarda gli ultimi gradini della scala? Come sottolineato da alcuni interventi, anche da parte del pubblico, dare meno soldi alle università classificatesi ultime potrebbe non essere la risposta giusta. È invece necessario rivedere la loro organizzazione interna, in modo da valorizzarne i punti di forza.
Questa la posizione espressa dal Ministro della Pubblica Istruzione e la Ricerca, Maria Chiara Carrozza, intervenuta al dibattito e intervistata dal Prorettore alla ricerca della Bocconi, Tito Boeri.
Il Ministro ha detto che tutte le università dovrebbero sviluppare un piano strategico basato sulla VQR, in modo da gestire meglio le proprie risorse e individuare così le vocazioni più adatte a ciascun dipartimento. Questi piani, però, non dovrebbero portare a “uccidere” gli istituti finiti in fondo alle classifiche, perché ciò comprometterebbe le possibilità di accesso allo studio da parte di molte persone.
Il Ministro si è anche detto contrario alla “ghettizzazione” dell’istruzione, cioè all’assegnare agli istituti di livello più il solo compito di trasferimento del sapere, riservando invece alle università di eccellenza l’attività di avanzamento del sapere. Per fare ciò, ha dichiarato la Carozza, è necessario istituire una cabina di regia che comprenda tutti i ministeri coinvolti nella ricerca scientifica.

Questa necessità è stata richiamata anche dal Presidente del Gruppo 2003, Maria Grazia Roncarolo (Università Vita-Salute San Raffaele), nel corso della tavola rotonda svoltasi in chiusura del convegno. Roncarolo ha detto che i fondi non dovrebbero essere garantiti vita natural durante ma la loro assegnazione dovrebbe avvenire secondo le stesse dinamiche usate per le start-up. È quindi necessario valutare non solo la produzione scientifica ma anche il ritorno in termini di brevetti – o di trial clinici, nel caso delle scienze della vita – e la capacità di attrarre e, soprattutto, far restare in Italia i ricercatori stranieri. È il problema del “brain gain”, considerato da molti dei partecipanti più preoccupante del più famoso “brain drain”, la cosiddetta fuga dei cervelli. Un problema che ha molte radici: le svariate difficoltà burocratiche che i ricercatori stranieri devono affrontare, i salari, ben al di sotto degli standard europei, e il fatto che non sempre i titoli stranieri sono riconosciuti in Italia. “Su questi temi, continuiamo ad avere una mentalità provinciale,” ha detto il Ministro Carrozza. 
Non c’è da stupirsi, dunque, se le grandi compagnie della farmaceutica e della diagnostica hanno lasciato l’Italia. “Capisco la loro scelta,” ha detto Silvio Garattini (Istituto Mario Negri), “e penso che abbiano fatto bene”. Secondo lui, questa è una delle conseguenze della mancanza, tutta italiana, di un’interfaccia fra scienza e politica, e di una serie di piani strategici per la ricerca, a tutti i livelli. A questo proposito, più di una volta, nel corso del convegno, è stato citato il modello della Catalogna: nonostante le grandi difficoltà economiche, la regione spagnola ha sviluppato un piano strategico basato sul recrutamento di 300 ricercatori, fra i quali anche 40 vincitori di borse ERC, con salari di livello europeo. “Tutte le principali città hanno un qualche piano strategico, tranne le nostre,” ha detto Gianfelice Rocca (Asso Lombarda).

Un altro grande problema riguarda le relazioni fra università e industria, rese difficili dalla scarsa comunicazione fra due mondi che spesso parlano linguaggi diversi. Franco Malerba (Bocconi) ha lamentato la mancanza di continuità della ricerca condotta dalle piccole e medie imprese, a sua volta dovuta all’instabilità degli investimenti nella loro ricerca. E, di nuovo, a una scarsa attenzione al problema del brain gain. Inoltre, la distanza che separa le buone idee dalla loro realizzazione – la cosiddetta “Valle della Morte” – è particolarmente ampia nel nostro paese. un altro segno dell’assenza della politica, che dovrebbe aiutare sia il mondo accademico sia quello industriale, rimuovendo i molti freni che impediscono loro di cooperare e innovare. “Alleggerite i nostri zaini e saremo in grado di scalare le montagne,” ha chiesto Alberto Mantovani (Università degli Studi di Milano), che ha anche citato le organizzazioni di beneficienza come Telethon o AIRC come ottimi esempi di valutazione e fund raising.
“I ricercatori dovrebbero approfittare di queste associazioni,” ha detto Giacomo Rizzolatti (Università di Parma). “Anche tramite loro, comunque,” ha aggiunto, “ottenere fondi per studi traslazionali è più semplice che per la ricerca di base.”Molti sono i difetti del sistema italiano della ricerca ma ciò non significa che nel nostro paese non ci siano le condizioni per essere competitivi.
“Con la regole adatte, la ricerca italiana può competere ad alti livelli,” ha detto Francesca Pasinelli (Telethon). Per poter fare ciò, comunque, c’è molto lavoro da fare ed è necessaria una forte collaborazione fra università, industria e politica per rinforzare il sistema della ricerca italiana, che rappresenta un elemento fondamentale per rinnovare il nostro paese e salvarlo dal declino che sta affrontando.

Mentre nell’Aula Magna della Bocconi si svolgeva il convegno, all’esterno dell’università milanese alcune decine di studenti si sono riuniti per manifestare contro l’impostazione dell’evento.
Secondo i contestatori, l’idea che si debbano concentrare le sempre più misere risorse su alcune università sulla base di un’eccellenza che, secondo i manifestanti, è presunta senza tenere in considerazione la reale situazione di atenei ed enti di ricerca italiani. Altri obiettivi della protesta erano due decisioni prese dal Ministro Maria Chiara Carrozza: la modalità di attribuzione dei punti organico e il turn over limitato al 50%.
Una volta uscita dall’aula, il Ministro ha accettato di confrontarsi con i manifestanti, auspicando un dibattito costruttivo e dichiarando di star facendo il possibile con i pochi fondi disponibili per la ricerca. Critiche sono state mosse anche durante il convegno da parte dell’associazione Roars, che oltre a contestare alcuni dati ha anche sottolineato la mancanza di un’analisi di sistema completa, l’approccio al concetto di eccellenza e l’idea di voler distruggere in un contesto dove viene da chiedersi cosa sia rimasto da distruggere.

[video: http://www.youtube.com/watch?v=F9ybDWnZd-E&feature=c4-verview&list=UUPs3...


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