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Il digitale e la multimedialità di ritorno

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Si può presumere che in epoche preistoriche il contatto tra uomo e ambiente fosse ampio e diretto: passava per tutti i sensi senza essere filtrato, se non forse in minima parte, dalla mediazione della parola. Il corpo, con i suoi organi, costituiva un'interfaccia multimediale ante litteram. Invece nella nostra cultura il linguaggio verbale ha progressivamente occupato una posizione di assoluta preminenza, e rappresenta lo strumento principe della comunicazione e quindi dell’intelligenza.

L’intelligenza è da molti considerata una proprietà mentale che si manifesta nell'attività verbale, tanto che parecchi dei criteri proposti per verificare, o confutare, l'intelligenza delle macchine (da Alan Turing a John Searle) sono basati sulla parola scritta, come se l'intelligenza fosse un fenomeno soltanto linguistico, sintattico e simbolico, in particolare matematico. A conferma del primato dell'endiadi parola-pensiero, fin dall'epoca dei Greci i conflitti tra sensi e ragionamento sono stati risolti quasi sempre a favore del secondo, ignorando il fatto che l’evoluzione biologica ha condensato nel corpo un insostituibile valore di sopravvivenza, mentre la razionalità è frutto di un’evoluzione culturale assai più recente e meno collaudata.

Oggi il canale verbale (il quale, come tutti i canali, è un filtro) che collega sorgente e destinatario è stato affiancato da un robusto e flessibile (multi)canale tecnologico, basato sull’alfabeto digitale. Più vicino alla concretezza del corpo che all'astrattezza della mente, questo canale s'innesta sul corredo neurosensoriale degli esseri umani e modifica profondamente le loro capacità comunicative, espressive ed emotive. La tecnologia digitale propone un ritorno alla multimedialità: da una parte tenta un ripristino della globalità dell'accoppiamento cognitivo e sensoriale tra uomo e ambiente, mettendo in gioco non solo parole, ma anche immagini, suoni e quant’altro; dall'altra ripropone l'immediatezza che tale rapporto dovette avere nella prima fase della nostra storia filogenetica (e, aggiungo, ontogenetica).

Questo ritorno avviene con la mediazione di un linguaggio, cioè del codice binario: ci si può chiedere se questo filtro, che sostiene un processo di traduzione, non rischi di indebolire l’immediatezza e di comprimere e uniformare la variegata ricchezza della multimedialità originaria legata alla sensorialità corporea. Ma l'alfabeto digitale possiede una flessibilità senza limiti e la traduzione si situa a livelli molto profondi, che sfuggono alla percezione consapevole: quindi la povertà apparente della rappresentazione binaria è compensata dalla sua duttilità e non compromette la ricchezza delle modalità rappresentative consentite dai nuovi media.

Del resto anche in ambito fisiologico il codice che trasmette al cervello i dati sensoriali è piuttosto povero (anch'esso è digitale), ma consente una florida varietà di rappresentazioni (visiva, acustica, tattile, olfattiva…) tra loro coordinate e interagenti. Il codice binario si conferma l'intermediario universale di tutte le informazioni: si prospetta quindi un rigoglio senza precedenti della comunicazione mediata. Mentre le vecchie tecnologie analogiche limitavano drasticamente la ricchezza della comunicazione diretta, la tecnologia digitale restituisce spazio alle rappresentazioni iconiche e sonore, e i contatti interpersonali, non più solo verbali, si arricchiscono di sfumature e metamessaggi, avvicinandosi alla floridezza della comunicazione faccia a faccia.

La Tv, macchina degli affetti

Le macchine della mente sono vere e proprie psicotecnologie, capaci di insinuarsi in un sistema neuro-percettivo che sembra fatto apposta per accoglierle. Tra queste si segnala la televisione: l'ontogenesi ci rende sensibili al movimento, alle variazioni di luce e al suono (per il feto la madre suona come una cattedrale). La Tv si salda con la nostra unità di corpo e di mente creando una totalità inscindibile e potente e provocando effetti a medio e lungo termine di cui non si sa ancora molto.

Le polemiche che da tempo coinvolgono la Tv, specie rispetto all’infanzia, riguardano i contenuti, ma trascurano altri aspetti fondamentali, legati alla sua interazione dinamica con le pre-disposizioni affettive e relazionali dell’uomo.

La dipendenza e l’insicurezza di ogni essere umano lo spingono a intessere rapporti con gli altri, dedicando ed esigendo attenzione e cercandosi un ruolo visibile e riconosciuto. Ma la famiglia odierna ha proiettato l’impegno e l’attenzione all’esterno, specie verso l’ambiente di lavoro, e l’esiguo nucleo residuo è spesso il luogo del mutismo e della noia. Alla fine di una faticosa giornata abbiamo bisogno di una presenza accogliente e stabile, ma poco esigente: messi a dura prova dalla vita moderna, privati del rasserenante contatto con la natura, aneliamo a uno scambio semplice e non impegnativo.

La Tv, presentandosi in modo rassicurante, ripetitivo e “familiare” riesce a soddisfare in parte questi bisogni. Inoltre, a differenza di quanto accadeva nel villaggio di un tempo, oggi siamo (quasi) tutti invisibili e il rapporto vitale tra individuo e gruppo si è molto indebolito. La Tv ci restituisce una sorta di simil-relazione di gruppo e, contribuendo a quello che McLuhan ha chiamato appunto villaggio globale, ci dà l'illusione di una visibilità forte anche se riflessa. Proponendo ammiccanti eroi affettivi, luoghi del pettegolezzo e modelli di identità luccicanti e irraggiungibili - e tutto a costo nullo - essa ci proietta in un’irenica ciclicità, specchio di gratificazioni e d’investimenti affettivi.

Ampliando a dismisura le esperienze cognitive di ciascuno, la Tv abbatte poi le barriere di accesso alla conoscenza, per lo più spicciola e banalizzata, e ottunde la sensibilità al concetto di limite: il carattere trasgressivo di eventi e personaggi anche scabrosi o violenti viene pian piano normalizzato. Siamo così spinti alla democrazia e all'indulgenza, ma anche a una certa anarchia e fragilità, che possono portare all’anestesia etica e a scoppi di violenza.

Come nel caso dei videogiochi e di Internet, non è rara la confusione tra i livelli di realtà, che porta alcuni soggetti problematici a trasferire nella vita quotidiana atteggiamenti e azioni antisociali mutuati dalla finzione televisiva. L’enorme varietà degli usi personali cui la Tv si presta - che si possono riassumere in una sorta di regolazione affettiva e umorale - tra i quali rientra anche un recupero di quell’esperienza regressiva ma vivificante che è l’otium goduto nella placidità del puro esistere, la forte presa sull’organismo nel suo complesso, specie sul corpo, l’immediata cattura preconscia e affettiva connessa all’uso preponderante dell’immagine, tutto ciò nasconde effetti problematici, che col tempo si potrebbero tradurre in modifiche dell’architettura mentale ed emotiva e di cui dovremmo essere consapevoli. (10-continua)


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