fbpx La terza missione dell’Università | Science in the net

La terza missione dell’Università

Primary tabs

Tempo di lettura: 12 mins

Viviamo in una “società della conoscenza”, espressione che ha assunto importanza crescente a partire dal Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000, che ha conferito all’Unione Europea l’obiettivo strategico di sviluppare un’economia basata sulla conoscenza, più competitiva e dinamica, in grado di realizzare una crescita sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
Si tratta di una società nella quale il ruolo della conoscenza assume, dal punto di vista economico, sociale e politico, una centralità fondamentale nei processi di vita, e che fonda la propria crescita e competitività sul sapere, la ricerca e l’innovazione.
Tale società necessita quindi, per crescere, di essere alimentata in maniera continua da nuova conoscenza e in questo contesto le Università e i centri di ricerca che producono innovazione nella conoscenza scientifica sono chiamati a un nuovo ruolo.
Si parla di “terza missione” dell’Università, per sottolineare che gli atenei devono assumere un nuovo fondamentale obiettivo accanto a quelli tradizionali dell’alta formazione e della ricerca scientifica: il dialogo con la società.
In realtà il termine “terza missione” è ambiguo perché usato per indicare una molteplicità di attività che mettono in relazione la ricerca universitaria e la società.
Una prima fondamentale tipologia è quella delle attività di trasferimento tecnologico finalizzate alla valutazione, alla protezione, al marketing e alla commercializzazione di tecnologie sviluppate nell’ambito dei progetti di ricerca condotti dal mondo accademico e, più in generale, alla gestione della proprietà intellettuale in relazione con gli stessi progetti.
Una seconda modalità di interazione tra mondo della ricerca e società, quella cui ci interessiamo nell’ambito di questo articolo, è denominata da Anvur  “terza missione culturale e sociale” e riguarda la produzione di beni pubblici che aumentano il generale livello di benessere della società, aventi contenuto culturale, sociale, educativo e di sviluppo di consapevolezza civile.
La necessità di tale missione è anche data dall’emergere di contesti di studio e ricerca che sempre più vanno a incrociare aspetti etici della società e a occupare in maniera crescente la comunicazione con il pubblico. Mi riferisco a temi fondamentali per il futuro dell’umanità come le questioni dell’energia e dei cambiamenti climatici, a temi controversi come le cellule staminali, gli Ogm e le nanotecnologie, che hanno portato la scienza a essere un elemento sempre più presente nel dibattito pubblico.
Per offrire ai cittadini la possibilità di operare scelte democratiche anche in settori legati alla scienza e tecnologia è necessario fornire adeguati strumenti per affacciarsi in maniera consapevole e informata a tali scelte e sviluppare un sentimento di cittadinanza scientifica che permetta a tutti di contribuire al dibattito pubblico su temi di carattere scientifico e tecnologico. La comunità internazionale di scienziati sociali che si occupa dei cosiddetti Science and Technology Studies parla oggi di Public Engagement in Science and Tecnology (PEST), coinvolgimento del pubblico nella scienza e nella tecnologia.
L’interesse per la comunicazione pubblica della scienza è stato crescente, a partire dal 1985 quando è stato pubblicato il famoso rapporto The Public Understanding of Science (PUS), redatto da una commissione della Royal Society presieduta da sir W. Bodmer con il contributo, tra gli altri, di J. Ziman e D. Attenborough.
Negli anni Novanta si è iniziato a percepire la necessità di rivedere il modello PUS basato sulla necessità di alfabetizzazione del pubblico per mettere in atto un canale di dialogo partecipativo e a due direzioni, battezzato appunto PEST, sulla base di un altro rapporto britannico, questa volta dell’House of Lords.

I progetti europei

Il nuovo approccio che porta a coinvolgere il pubblico nella scienza è stato anche influenzato dalle politiche dell’Unione Europea, in particolare a partire dal settimo programma quadro (Framework Programme 7, FP7 2007-2013) della Commissione Europea per il sostegno alla ricerca scientifica, e in almeno due modi differenti.
Innanzitutto i progetti di ricerca finanziati dall’Unione Europea in FP7 devono prevedere sinergie con l’educazione di tutti i pubblici, provare la capacità di stimolare il dialogo e il dibattito sui risultati della ricerca scientifica con un pubblico vasto e non solo con la comunità di riferimento. Tali progetti di ricerca includono generalmente un capitolo (workpackage, nel gergo europeo) legato alla comunicazione pubblica della ricerca, quella che viene spesso denominata dissemination della ricerca europea.
Le forme di comunicazione adottate vanno dalle più tradizionali come siti web, leaflet e conferenze pubbliche, fino ad altre più articolate come dibattiti pubblici, apertura di blog, caffè scientifici, progetti con le scuole e così via.
Inoltre, proprio a partire dal 2007 l’UE ha lanciato dei bandi per progetti nell’ambito “Scienza nella società” (2007-2013), divenuti successivamente “Scienza con e per la società” (Horizon 2020, 2014-2020).
Lo scopo di questi bandi a progetto è di stimolare l’acquisizione di nuove competenze e l’ideazione di metodologie innovative per mettere in relazione scienza e società: rendere scienza e tecnologia più attrattive per i giovani, aumentare l’interesse della società per l’innovazione, rendere le attività collegate a ricerca e innovazione più aperte.
Questi cambiamenti nella relazione tra scienza e società implicano un nuovo approccio alla ricerca, che si propone di permettere a tutti gli attori sociali (ricercatori, cittadini, policy makers, industrie e organizzazioni del terzo settore, mondo della scuola) di lavorare insieme durante l’intero processo di ricerca e innovazione, con l’obiettivo di avvicinare tale processo ai bisogni e alle aspettative di tutti i cittadini europei. Tale innovativa visione della ricerca viene chiamata RRI – Responsible Research and Innovation (Ricerca e innovazione responsabile) e costituisce una chiave di volta del nuovo programma europeo di sostegno alla ricerca, Horizon 2020, che investirà 80 miliardi di euro nel settennato iniziato nel 2014 per progetti dei gruppi di ricerca europei.
Tali gruppi di ricerca sono quindi chiamati a essere più attenti alla comunicazione dei risultati del loro lavoro e più responsabili nella relazione con la società. I ricercatori dovrebbero pertanto sviluppare nuovi skills per dialogare al meglio con il pubblico.

Un’Agorà a Torino

Un percorso strutturato nella direzione dello sviluppo della “terza missione” è stato fatto in Piemonte, con la creazione da parte dell’Università di Torino del Centro Agorà Scienza nel 2006, successivamente esteso agli altri tre atenei della regione per divenire, nel 2009, Centro interuniversitario.
La dichiarazione approvata dal Senato Accademico dell’Università di Torino a proposito della terza missione nel 2009 sottolinea l’importanza del dialogo tra Università e società: “L’Università degli Studi di Torino, nel convincimento che la conoscenza rappresenti una risorsa essenziale per l’economia e per la crescita della società, considera il dialogo con la società e il trasferimento tecnologico e della conoscenza obiettivi primari e a tal fine favorisce e sostiene processi di sviluppo fondati sulla conoscenza e sulla loro comunicazione. L’Università di Torino, al fine di costruire un rapporto aperto e dialogico con la società, ritiene che la formazione degli studenti e dei ricercatori alla comunicazione pubblica della ricerca, la creazione di nuovi spazi di confronto e studio sul rapporto complesso tra scienza e società, lo stimolo alla costruzione di una solida cittadinanza scientifica siano da considerare tra i suoi obiettivi”.
Gli ambiti in cui il Centro opera sono quindi molto diversi tra loro. Agorà Scienza conduce ricerche e studi nel campo dei rapporti e delle interazioni tra scienza e società, indagando per esempio le scelte, le motivazioni e gli ostacoli dei ricercatori nello svolgere attività per un pubblico vasto. Opera all’interno dell’Università, per stimolare i ricercatori e in particolare quelli di loro che si stanno formando durante il dottorato, a riflettere all’importanza di informare e coinvolgere la società sui temi della loro ricerca e a sviluppare le competenze necessarie a questo nuovo dialogo. Ma anche per favorire l’incontro e l’interscambio tra discipline scientifiche e discipline sociali e umanistiche.
Svolge la sua attività anche all’esterno, per sensibilizzare la società intera, e in particolare i giovani, all’importanza della ricerca e della scienza per lo sviluppo e la crescita responsabile e sostenibile.
In questo articolo verranno presentate due azioni del Centro di tipologia diversa: la scuola per dottorandi SCS, nell’ambito della quale sono state realizzate molte delle riflessioni raccolte in questo volume (le lezioni tenute nell’edizione 2012 della scuola da Gilberto Corbellini, Giulio Giorello, Pietro Greco, Tommaso Maccacaro e Carlo Alberto Redi); il progetto Scienza Attiva, rivolto agli insegnanti e alle classi delle scuole secondarie superiori. Entrambi i progetti si svolgono a livello nazionale.

La scuola per dottorandi SCS – Scienza Comunicazione Società

La scuola SCS coinvolge annualmente dal 2007 dottorandi e giovani ricercatori provenienti da tutti gli atenei e centri di ricerca italiani in dibattiti sui temi della comunicazione della scienza e della relazione tra scienza e società e esercitazioni di sperimentazione dei media attraverso cui la scienza può essere comunicata.
L’ideazione della scuola tiene conto della richiesta avanzata dai cittadini europei durante l’inchiesta “Eurobarometro - Scienza e tecnologia” del 2010.
Alla domanda “Pensi che i ricercatori non si impegnino abbastanza nella comunicazione dei risultati del loro lavoro?”, il 57% degli europei intervistati ha risposto “Sì”. Risulta quindi necessario stimolare i ricercatori a questo dialogo e “attrezzarli” per renderli il più possibile efficaci e consapevoli nell’incontro con il pubblico attraverso i diversi media.
La scuola persegue inoltre un obiettivo collaterale che è stato al cuore della creazione stessa del Centro Agorà Scienza: il dialogo tra discipline diverse. Tale obiettivo è realizzato attraverso l’organizzazione di tavole rotonde alle quali sono invitati relatori che portino punti di vista diversi, complementari e talvolta discordanti sull’argomento proposto.
Alla scuola partecipano studenti provenienti da aree disciplinari differenti: Scienze umane, Scienze economiche e sociali, Scienze matematiche, fisiche e naturali, Scienze informatiche e ingegneristiche, Scienze agrarie e ambientali, Scienze biologiche e mediche.
I docenti della scuola sono professori universitari e ricercatori degli atenei italiani e stranieri, professionisti della comunicazione ed esperti provenienti da centri di ricerca pubblici o privati o da aziende. Oltre alle tavole rotonde che stimolano la riflessione e il dibattito, la scuola organizza delle sessioni di esercitazioni con lo scopo di far immergere i partecipanti in una simulazione di esperienza di comunicazione. Sono state sperimentate diverse formule, dai laboratori di comunicazione (preparazione di un comunicato stampa, comunicazione via web, podcast, radio scientifica, blog) a giochi cooperativi (PlayDecide) o modalità di inclusione dei cittadini nelle decisioni relative a temi scientifici (simulazioni di giurie di cittadini).
La scuola ha formato nel corso delle otto edizioni dal 2007 a oggi circa 400 dottorandi e giovani ricercatori. Un interessante effetto dell’organizzazione della scuola è l’emergere in Italia di una comunità di giovani ricercatori sensibilizzati alla comunicazione della scienza e al coinvolgimento del pubblico nei temi scientifici.
I partecipanti alla scuola si incontrano virtualmente attraverso gruppi Facebook e Linked’in, tengono aggiornato il Centro Agorà Scienza sulle loro attività di divulgazione e talvolta vengono coinvolti dal Centro nelle sue attività verso tutti i pubblici.
Il progetto Scienza Attiva Scienza Attiva è un progetto ideato dal Centro Agorà Scienza nel 2008 che ha lo scopo di mettere in diretto contatto insegnanti e studenti di scuola superiore con ricercatori universitari per farli dibattere su temi scientifici di attualità che siano presenti nei media o eticamente controversi. Il progetto si svolge principalmente sul Web, con piattaforme di discussione dedicate alle classi (lavagne di classe) e una comune a tutte le classi partecipanti (lavagna comune). Scienza Attiva si ispira nella struttura del dibattito ai metodi della democrazia partecipativa diffusi nei Paesi del Nord Europa.
In tali Paesi non è raro che i cittadini vengano consultati dalle istituzioni politiche che sono in procinto di prendere decisioni su temi, anche scientifici, che riguardano la vita di tutti o hanno eventualmente un impatto su di essa. Gruppi di cittadini vengono informati da esperti del tema scientifico e si confrontano successivamente in un dibattito strutturato e informato.
L’originalità del progetto consiste nel metodo e un fondamentale risultato che Scienza Attiva ottiene è la creazione di una comunità di pratica che include studenti, insegnanti e ricercatori. Il Centro ha incontrato, nel corso delle molteplici attività portate avanti dal 2006 a oggi, la disponibilità di numerosi e appassionati ricercatori che offrono la loro competenza in maniera volontaria e sottraendo tempo alla ricerca scientifica.
Resta quindi un fondamentale problema che è la valorizzazione delle “altre attività di terza missione” nei curricula dei ricercatori. A questo problema è collegata la necessità di organizzare un opportuno sistema di valutazione di tali attività, elaborando degli indicatori ad hoc.
In Italia Anvur sta lavorando al tema della terza missione nelle Università e negli enti di ricerca italiani con l’obiettivo di rendere possibile in futuro ai decisori politici un quadro di indicatori robusti e condivisi relativi a queste attività sui quali si potranno basare scelte per l’allocazione delle risorse pubbliche. Attualmente la quota premiale di ripartizione dell’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario, la principale fonte di entrate per le Università italiane) viene distribuita sulla base di indicatori di qualità della didattica e di qualità della ricerca derivante dalla valutazione dei prodotto scientifici della VQR (Valutazione della Qualità della Ricerca).
Le difficoltà nella valorizzazione e nella valutazione delle attività di dissemination della ricerca non sono soltanto un problema italiano.
Per esempio in Svezia (Paese molto avanzato nella presa in conto della terza missione in cui l’obiettivo samverkan – interazione con la società è stato inserito nell’Higher Education Act, un documento legislativo che impegna tutte le istituzioni educative pubbliche), l’agenzia nazionale per l’innovazione VINNOVA si sta occupando di sviluppare un modello che possa essere usato per valutare la qualità e la performance di un’università nell’interazione con la società.
Un recente seminario svoltosi nel marzo 2014 ha fatto il punto su un percorso iniziato nel 2012 con la consultazione delle università e che, attraverso lo sviluppo di un prototipo che includa indicatori qualitativi e quantitativi, dovrebbe portare all’identificazione di un modello affidabile e condiviso per la misura delle interazioni tra università e società. Un processo partecipativo con lo scopo ultimo di migliorare proprio la partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche su temi scientifici e tecnologici.
La misura e la valorizzazione dell’interazione delle Università e dei Centri di Ricerca con le diverse componenti della società come mondo della scuola, associazioni, cittadinanza, rappresenta quindi un’istanza fondamentale e urgente in Italia e in Europa la cui soluzione contribuirà a rendere la società e la scienza più democratiche.

di ISABELLA SUSA

 Bibliografia
ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), La terza missione nelle università e enti di ricerca italiani , Documento di lavoro sugli indicatori, 2013.
- De Bortoli A., Predazzi E., Scamuzzi S., Altre attività di terza missione nelle università italiane. Riconoscerle, censirle, valutarle, valorizzarle, Il Mulino, in corso di pubblicazione.
- European Commission, Special Eurobarometer on Science and Technology report , 2010.
- Garison H., “How do you measure a university’s interaction with society?”, Vettenska & Allmänhet  (Public and Science) web site, 2013.
- House of Lords, Science and Society, Select Committee on Science and Technology Third Report , Science and - Technology Committee Publications, 2000.
- The Royal Society of London, The public understanding of Science  (Bodmer report), 1985.
- Sutcliffe H., A report on Responsible Research and Innovation , report prepared for the DG research and Innovation , European Commission, 2012.
- Susa I., Barone V. e Borgna P., Training young researchers to the dialogue with the society: a summer school for Ph.D. candidates , Presentazione al convegno Journées Hubert Curien, Nancy 2012.

 

Tratto da Scienza & società -  Scienza e Democrazia, Editore Egea


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.