
Il progetto ToMove è un'iniziativa strategica della Città di Torino, finanziata nell'ambito del programma nazionale "MaaS for Italy". Concepito come un Living Lab, ToMove mira a co-sviluppare e testare soluzioni avanzate di mobilità che utilizzano tecnologie di guida cooperativa, autonoma e connessa. L'approccio di Torino privilegia la sperimentazione in condizioni reali e il coinvolgimento diretto di cittadini, imprese ed enti di ricerca. I tre dimostratori principali sono una navetta a guida autonoma, un Digital Twin della mobilità urbana e piccoli robot utilizzabili per le consegne a domicilio. Crediti immagine: Torinocitylab.it
Grazie al progetto ToMove a Torino, in piena città, su un normale circuito viario aperto anche al traffico privato, che si snoda attorno al Campus Einaudi e all'ospedale adiacente, da ottobre circola una navetta sperimentale a guida autonoma: i cittadini possono salire come su un qualsiasi mezzo pubblico (con la differenza che qui il servizio è su prenotazione e gratuito) e viaggiare lungo le cinque fermate coperte dal mezzo, basta prenotare sull’apposita app Wetaxi. Però l’autista non c’è, sostituito da un sistema a guida completamente automatica, su cui vigila un addetto alla sicurezza (safety driver), sempre a bordo, pronto a intervenire in caso di problemi.
Si tratta della navetta AuToMove, fornita dalla società Ohmio (azienda neozelandese con sedi in Europa) e gestita operativamente dal Gruppo Torinese Trasporti (GTT): è un veicolo elettrico a guida autonoma e connessa, integrato nel sistema di trasporto pubblico locale. Questo significa che il mezzo comunica con l’infrastruttura stradale, grazie a tecnologie e dispositivi specifici progettati e messi in campo dalla società in-house 5T, che gestisce la centrale della mobilità e infomobilità della città di Torino.
Una navetta autonoma che si muove nel contesto urbano
Lo shuttle ha un livello di autonomia SAE 4 (elevata automazione, in grado di monitorare l'ambiente circostante tramite sensori ed eseguire manovre di guida) compatibile con il sistema V2X (Vehicle to everything), un sistema di comunicazione wireless che collega i veicoli a tutto ciò che li circonda, necessario per esempio per l’attraversamento degli incroci con semafori. Grazie ai sensori a bordo e alla capacità di ricevere informazioni in tempo reale (ad esempio, sulle fasi dei semafori), la navetta è in grado di muoversi in sicurezza nel contesto urbano.
Il safety driver supervisiona il funzionamento del veicolo e può intervenire manualmente in caso di necessità: la navetta è infatti dotata di una postazione manuale che consente il passaggio alla guida tradizionale in qualsiasi momento.
Come spiega Elena Deambrogio, responsabile del progetto per il Comune di Torino, l’iniziativa ha un forte approccio sperimentale, che vuole coinvolgere i cittadini: «Torino ha un forte approccio al testing che ha ereditato dalla precedente esperienza del Torino City Lab, un'iniziativa di innovazione aperta in corso da otto anni che ha avuto l'obiettivo di co-sviluppare e testare in condizioni reali soluzioni urbane innovative. Questa filosofia promuove l'innovazione aperta, utilizzando il territorio urbano, i dati, e le competenze della pubblica amministrazione come "asset" per soluzioni innovative. L'obiettivo non è solo risolvere problemi, ma mettere in gioco le risorse della città per favorire un'innovazione che sia toccata con mano da amministrazione, ricerca, imprese e, soprattutto, dai cittadini».
ToMove si muove su questo solco ed è per questo che il progetto prevede molta sperimentazione, e ha coinvolto enti di ricerca come l'Università di Torino, il Politecnico di Torino e le Fondazioni Links e Piemonte Innova, ma anche i cittadini.
Racconta ancora Deambrogio: «Attraverso le collaborazioni sviluppiamo competenze hard, per esempio con gli ingegneri del laboratorio CARS del Politecnico di Torino che testano i veicoli e forniscono strumentazione, ma lavoriamo anche con gli psicopatologi dell'Università di Torino, per valutare le reazioni dei cittadini, ovvero l'accettabilità, la fiducia e l'inclusività delle nuove tecnologie, con un'attenzione specifica agli utenti vulnerabili. Inoltre collaboriamo con analisti di scenario e informatici: è molto importante avere questa competenza multidisciplinare».
L’attenzione agli utenti più fragili ha portato a un metodo specifico, come sottolinea De Ambrogio: «Un principio cardine del progetto è la progettazione di una mobilità futura che sia inclusiva "by design". Questo ha portato all'attivazione di una cabina di regia con utenti fragili (anziani, famiglie, persone con disabilità fisiche e sensoriali) per garantire che le soluzioni siano accessibili e rispettose delle esigenze di tutti fin dalla fase di concezione».
La formazione dei safety driver, necessari anche per legge sulla navetta, è stata curata da GTT, l’azienda dei trasporti torinese.
Come racconta Nadia Dovano, responsabile Progettazione Sistemi e Reti di GTT, il safety driver a bordo è un operatore polivalente, che svolge funzioni importanti. Le sue mansioni, spiega Dovano, sono tre: «Intervenire in caso di emergenza, qualora il veicolo non rilevi un ostacolo: sebbene la navetta abbia dimostrato grande affidabilità, al momento la supervisione umana svolge ancora un ruolo importante nel superamento di ostacoli imprevisti. Il safety driver utilizza un controller manuale, simile a un joystick, per aggirare ostacoli che bloccano il percorso programmato, per esempio un'auto in sosta vietata, una situazione purtroppo comune nel traffico cittadino. Infine, ma non meno importante, accoglie gli utenti, li aiuta con il check-in tramite QR code, controlla che le cinture di sicurezza siano allacciate e fornisce informazioni. Una presenza che trasforma un'esperienza tecnologica in un servizio accogliente e rassicurante».
I safety driver sono autisti GTT con esperienza decennale, inclusi tranvieri che, come osserva Dovano, trovano una certa analogia tra la guida del tram su percorso obbligato e la supervisione della navetta, che di fatto si muove lungo un binario virtuale. Hanno seguito una tripla formazione specifica: sia per quanto riguarda la guida sicura, sia la guida di veicoli autonomi sia di questa specifica navetta. La percezione del pubblico conferma l'importanza di questo approccio: l'interesse e la curiosità superano di gran lunga il timore iniziale. La presenza di un operatore a bordo rassicura anche i più scettici.
La sicurezza e l'efficienza della navetta, tuttavia, non dipendono solo dai suoi sensori o dalla vigilanza dell'operatore. Il veicolo è in costante dialogo con un'infrastruttura stradale wireless, gestita dalla società in house 5T, che lo informa, permettendogli di muoversi più agevolmente nel traffico della città.
La Centrale della Mobilità è il cuore del sistema
Il cuore di questo sistema è la Centrale della Mobilità di Torino, un centro di controllo attivo da circa trent'anni che si è evoluto costantemente per gestire scenari sempre più complessi.
Come spiega Lara Marcellin, project manager in 5T: «La Centrale è un elemento fondante che ha fatto la differenza, una precondizione che ha facilitato l'avvio di una sperimentazione così avanzata. Per il progetto, questa infrastruttura è stata potenziata con tecnologia V2I (Vehicle-to-Infrastructure). Lungo il percorso della navetta sono state installate delle Road Side Units (RSU), dispositivi a bordo strada che comunicano con le On Board Units (OBU) presenti sui veicoli. Il funzionamento è semplice quanto efficace: ad esempio, quando la navetta si avvicina a un incrocio, l'infrastruttura le comunica in anticipo lo stato del semaforo (verde o rosso), permettendole di adeguare la sua marcia in modo più fluido e sicuro, senza fare affidamento unicamente sui propri sensori visivi. Il fatto di avere già centinaia di semafori collegati alla Centrale della Mobilità ha facilitato la sperimentazione».
Come sottolinea ancora Marcellin, tutto è collegato nello stesso ecosistema: «L'infrastruttura non comunica solo con i dispositivi inclusi nel progetto, come la navetta passeggeri, ma crea un ecosistema connesso cui potenzialmente può collegarsi qualsiasi automobile attrezzata. Inoltre, la sua estensione lungo le principali direttrici di accesso alla città pone già le basi per futuri servizi su scala urbana, evidenziando una visione strategica che supera la dimensione della singola sperimentazione. I dati raccolti da questa fitta rete diventano così una risorsa preziosissima, la materia prima per il terzo pilastro del progetto: la ricerca scientifica».
A proposito di ricerca, all’interno di questo filone del progetto ToMove Fondazione Links è attiva su alcune aree di ricerca riguardanti sia l'impatto sul traffico dell'introduzione di veicoli a guida autonoma, che hanno comportamenti ovviamente diversi rispetto ai veicoli tradizionali, sia l’impatto sulla sicurezza delle interazioni dei veicoli a guida autonoma con altri utenti della strada. Ma un aspetto importante è anche l’accettazione da parte degli utilizzatori: Fondazione Links sta lavorando, in collaborazione con l’Università di Torino, alla creazione di un nuovo modello scientifico per misurare l'accettazione della tecnologia a guida autonoma da parte dei cittadini. La metodologia prevede di misurare la percezione e le aspettative dei cittadini prima di salire a bordo della navetta e confrontarle con le impressioni raccolte dopo l'esperienza diretta. L'obiettivo è capire come migliorare il servizio per aumentarne l'adozione.
Ne parla Brunella Caroleo, senior researcher in Fondazione Links: «Per una tecnologia come la guida autonoma, ancora così immatura e poco diffusa, il vero obiettivo è proprio aumentarne l'accettazione da parte dei cittadini».
I tre dimostratori principali e i 13 progetti "small-scale" di ToMove
La navetta a guida autonoma costituisce solo una parte del progetto ToMove, che nasce all'interno del programma nazionale Mobility as a Service (MaaS), finanziato attraverso il piano nazionale complementare al PNRR.
Il programma ha istituito due Living Lab gemelli, uno a Torino e uno a Milano, entrambi nati con l'obiettivo di testare soluzioni di guida cooperativa, autonoma e connessa. Tuttavia, gli approcci differiscono, a Milano si concentra maggiormente sulla sperimentazione in laboratorio virtuale, in collaborazione con il Politecnico di Milano, mentre Torino ha un forte orientamento al testing in condizioni reali, coinvolgendo direttamente il territorio e i cittadini.
Il progetto torinese è strutturato attorno a tre grandi dimostratori tecnologici e di servizio: oltre alla navetta a guida autonoma, il Digital Twin e un veicolo robotico per la logistica di ultimo miglio, pensato per le consegne ai cittadini.
La creazione di un "Digital Twin" della mobilità torinese è un aspetto su cui lavora in particolare la Fondazione Links in collaborazione con 5T, il Comune di Torino e gli altri partner scientifici. Si tratta di un modello digitale unificato, progettato per aggregare in un unico "Data Lake" i dati provenienti da piattaforme autonome diverse, come quelli raccolti dalla navetta per passeggeri e dal robot per la logistica di ultimo miglio, ma anche quelli di altri veicoli connessi, attraverso la Centrale della mobilità citata sopra.
Questo strumento ha una duplice funzione: non si limita a raccogliere dati, ma agisce anche come un simulatore. Grazie ad esso, è possibile testare scenari alternativi e strategie di controllo del traffico per ridurre la congestione, prima ancora di applicarle nel mondo reale. La piattaforma è inoltre aperta ad aziende terze, che possono utilizzarla per sviluppare nuovi servizi. Fondazione Links sta sviluppando un modello digitale della mobilità, dove confluiranno tutti i dati che provengono dai sistemi di rilevazione e dai veicoli connessi, non solo lo shuttle e i robottini autonomi, ma anche tutti i veicoli connessi della città, passando attraverso la Centrale della mobilità. L'obiettivo non è solo raccogliere dati, ma analizzarli e confrontarli a quelli storici, in modo da poter utilizzare il Digital Twin per far girare anche modelli che simulano scenari diversi di traffico e strategie diverse di controllo, che possano migliorare la mobilità, ad esempio, in termini di congestione stradale. Fondazione Links sta sviluppando gli algoritmi del Digital Twin, con l'obiettivo finale di utilizzare l'esperienza di ToMove per costruire un patrimonio di dati e di governance dei dati per la città. Questo "Mobility Dataspace" integrerà diverse fonti (dati ambientali, sugli incidenti, sulle barriere architettoniche) per facilitare la pianificazione e abilitare lo sviluppo di nuovi servizi a valore aggiunto per i cittadini, sia da parte del pubblico sia di imprese private.
Il terzo dimostratore, coordinato da Fondazione Links in prima linea, prevede la sperimentazione di piccoli robot elettrici autonomi per le consegne dell'ultimo miglio in aree urbane, con un focus non solo sulla tecnologia abilitante, ma anche sull'analisi dell'accettabilità sociale e sulla simulazione di possibili modelli operativi di consegne miste truck e robot. I robot sono progettati per circolare autonomamente e svolgere il percorso dai negozi di prossimità fino al domicilio del cliente, trasportando i prodotti. Sono dotati di sensori per evitare ostacoli, sono integrati con l'infrastruttura stradale (per esempio dialogano con i semafori) e con le piattaforme di logistica. Dispongono di contenitori multi-scomparto con locker sicuri e autenticazione crittografata. Si muovono a basse velocità (circa 6 km/orari) e sono capaci di percorrere in modo autonomo un marciapiede o una pista ciclabile, superare ostacoli e orientarsi nel contesto urbano. Raggiunto il cliente, il pacco all’interno del robot può essere prelevato attraverso un codice di sblocco o tramite l'apposita app di raccolta ordini che permette di seguire in tempo reale la consegna. L’uso dei robot in questo settore mira a diminuire i costi, aumentare la flessibilità del servizio e la velocità di consegna nelle zone molto trafficate delle città.
La sperimentazione è cruciale per validare il modello operativo in collaborazione con operatori della logistica e piccoli esercizi commerciali. Un'enfasi particolare è posta sull'accettabilità sociale. Come osserva Elena Deambrogio: «Dai primi sondaggi sull'accettabilità sociale è emerso un dato sorprendente: alcune persone si sono dichiarate più spaventate dai robottini che dalla grande navetta autonoma su cui potevano viaggiare. Una possibile spiegazione è la totale mancanza dell'elemento umano, che li rende percepiti come più imprevedibili e alieni».
Infine, ricorda ancora Elena De Ambrogio, la disponibilità di dati e di servizi legata a ToMove ha aperto la strada a molte applicazioni, che hanno coinvolto decine di realtà locali: «Accanto ai tre grandi dimostratori, ToMove finanzia 13 progetti "small scale" proposti da imprese esterne per innovare ulteriormente la mobilità urbana, che coinvolgono circa 30 imprese».
I progetti, finanziati per circa 100.000 euro, coprono un panorama molto vario di innovazioni per la mobilità urbana, tra cui nuovi servizi di accessibilità sviluppati con associazioni del territorio, servizi a chiamata notturni, strumenti per pianificare l'installazione di colonnine di ricarica elettrica basati sulla domanda, un "navigatore intelligente" che suggerisce modalità di trasporto alternative in base a variabili come il meteo e il rischio di eventi climatici estremi. Nel frattempo è stata lanciata e chiusa a dicembre 2025 una “Call 4 Acceleration” rivolta a startup e PMI con progetti di innovazione nell’ambito della mobilità urbana: saranno ulteriori otto le imprese o gruppi informali accompagnati nel co-disegnare nuovi modelli di business per una mobilità urbana – anche CCAM (Cooperative, Connected, and Automated Mobility) - sempre più sostenibile, efficiente, sicura ed inclusiva.
Come conclude Elena Deambrogio: «Il 2026 sarà l’anno della valutazione e della pianificazione della nuova mobilità partendo da un concetto di rigenerazione urbana che tenga conto dei nuovi servizi di mobilità, anche autonoma, come uno dei tasselli per trasformare i quartieri urbani in aree più verdi, accessibili e vivibili».
