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Quando il genere cambia la ricerca

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Il premio ATENƏ del CNR valorizza la gendered innovation, premiando i tre migliori prodotti scientifici che abbiano inglobato nel proprio disegno la prospettiva di genere. I lavori premiati appartengono ai tre diversi settori ERC, cioè Scienze fisiche e ingegneria, Scienze della vita e Scienze umane e sociali, e sono esempi di come l’integrazione della prospettiva di genere fornisca risultati che rispondono maggiormente ai bisogni della società e del mondo produttivo.

Immagine di Freepik

I manichini utilizzati più comunemente per i crash test riproducono l’anatomia del corpo medio maschile. Per rappresentare i corpi femminili, si utilizza una versione in scala ridotta di questi stessi manichini. Quando si testa la sicurezza delle automobili, quindi, non ci sono manichini che modellino le forme femminili né la loro tolleranza alle lesioni, la biomeccanica, l'allineamento della colonna vertebrale e così via. La conseguenza è che le donne riportano lesioni più gravi degli uomini in incidenti analoghi.

«Fare ricerca in modo sbagliato costa vite e denaro», ed evidentemente non considerare la dimensione di genere in ogni fase dello studio è un modo per fare ricerca in modo sbagliato. Lo spiegano esperte ed esperti della Stanford University, dove sono state proposte a partire dal 2009 le cosiddette gendered innovation. Si tratta di un approccio alla ricerca e all’innovazione che non si limita all’identificazione dei bias, ma spinge per integrare l’analisi di sesso, genere e intersezionalità (ovvero l’intreccio tra queste variabili con altri livelli dell’identità, per esempio etnia, classe sociale o religione) in ogni fase dell’indagine, dalla costruzione del gruppo di ricerca alla definizione delle domande fino all’analisi e commento dei risultati.

Valorizzare questo approccio anche in Italia è stato l’obiettivo del premio ATENƏ del CNR, promosso dall’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del CNR e supportato dal progetto europeo MINDtheGEPs.

Il premio ATENƏ del CNR

Il concorso ha coinvolto tutta la rete nazionale del Consiglio nazionale delle ricerche, premiando i tre migliori prodotti scientifici che avessero inglobato nel proprio disegno la prospettiva di genere.

I lavori premiati appartengono ai tre diversi settori ERC, cioè Scienze fisiche e ingegneria, Scienze della vita e Scienze umane e sociali, e sono esempi di come l’integrazione della prospettiva di genere fornisca risultati che rispondono maggiormente ai bisogni della società e del mondo produttivo.

Così, concentrandosi su questo aspetto, l’articolo People vulnerability to landslide: risky behaviors and dangerous conditions by gender and age – premiato per il settore Scienze fisiche e ingegneria – ha permesso di mostrare come le frane con esiti fatali avvenute in Italia nell'arco di 50 anni hanno causato vittime in maniera differenziata in base al sesso, per una diversa propensione all’assunzione del rischio e un diverso grado di esposizione tra maschi e femmine.

Offre indicazioni importanti a livello clinico e non solo l’articolo premiato nell’ambito Scienze della vita, Frailty and the risk of infection-related hospitalizations in older age: Differences by sex, che mostra come l’associazione nella popolazione anziana tra fragilità e ricoveri per infezioni differisca tra uomini e donne e, tra le donne, come cambi in base alla storia ormonale di ognuna.

Infine, il lavoro Board diversity and performance in a masculine, aged and glocal supply chain: new empirical evidence - premiato nella categoria Scienze umane e sociali - offre dati su quanto la diversità (di genere, età e nazionalità) nel management di imprese storicamente caratterizzate per l'elevatissima presenza maschile, come la filiera automobilistica, abbia un impatto sulla sostenibilità finanziaria e sulla profittabilità dell’azienda.

«Sono arrivati 18 prodotti da 21 proponenti, di cui 5 prodotti proposti da ricercatori uomini», commenta Nicolò Marchesini (CNR-IRPPS), del comitato organizzatore. «Come comitato organizzatore siamo molto soddisfatti perché l’iniziativa ha coinvolto persone, specialiste nei propri campi, in maniera trasversale: il nostro desiderio era quello di iniziare a creare sensibilità e attenzione al tema, sia in termini di ricerca inclusiva, sia di qualità della ricerca. L’inserire la prospettiva di genere nel proprio lavoro di ricerca infatti è un modo per osservare i fenomeni, siano essi di natura sociale, naturale, o meccanica, da un’altra prospettiva spesso non valorizzata che si traduce in potenziale innovazione persa. Il fatto che siano arrivati lavori non solo da personale ricercatore, ma anche tecnologo, tecnico e assegnista evidenzia proprio questo: la ricerca al CNR è svolta da tantissime persone con profili e storie individuali diversissime, e la volontà è stata quella di tenere conto e valorizzare tale eterogeneità».

I prodotti sono arrivati da 4 dei sette Dipartimenti del CNR. «Importante evidenziare come abbia partecipato anche personale proveniente dal Dipartimento di ingegneria, ICT e tecnologie per l’energia e i trasporti, e Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente, mostrando che inizia a esserci una certa sensibilità al tema. Ma l’assenza di tre dipartimenti fortemente STEM come Scienze bio-agroalimentari, Scienze chimiche e tecnologie dei materiali, e Scienze fisiche e tecnologie della materia credo evidenzi il tanto lavoro che ancora c'è da fare. Sebbene in apparenza queste tematiche siano lontane dai campi scientifici delle scienze dure, la letteratura e l’applicazione ci mostra come il non considerare i fattori di genere nella ricerca porti a una distorsione in fase di raccolta, analisi e lettura dei dati. E in un mondo in cui l’informazione evidence-based sembra tutto, chi lavora con i dati e con la scienza non può ignorare tali aspetti. E credo che lavorare in un Ente multi- e inter-disciplinare come il CNR possa già fornire le basi nonché un grandissimo valore aggiunto al lavoro di ricerca svolto, valore che ancora però necessita di riconoscimento ufficiale».

Gendered Innovation e ricerca europea

D’altra parte, l’integrazione della dimensione di genere nei contenuti della ricerca e dell'innovazione ha assunto un ruolo sempre più centrale anche nelle politiche della ricerca della Commissione europea e nel Programma Quadro, Horizon Europe, che prevede misure specifiche per promuovere l'uguaglianza di genere nelle organizzazioni di ricerca e innovazione in tutta l'UE.

Proprio per fornire strumenti concreti a chi fa ricerca per muoversi verso le innovazioni di genere, la Commissione ha finanziato policy report Gendered Innovations. Il report è arrivato alla seconda pubblicazione, e fornisce metodologie, nate da collaborazioni internazionali e sottoposte a peer-review, attraverso 15 casi studio in 4 macroaree: salute e biomedicina, tecnologie della comunicazione e dell’informazione, cambiamento climatico e innovazione.

Il report raccoglie inoltre raccomandazioni politiche per migliorare la situazione anche a livello legislativo.

«Se il genere con un approccio binario rappresenta ancora un’innovazione originale in tanti campi scientifici, l’ulteriore sfida da cogliere sarebbe quella di inserire un’analisi delle diversità a più ampio spettro», conclude Nicolò Marchesini. «Il genere non binario, le tematiche LGBTIQA+, e soprattutto l’intersezionalità, ovvero le molteplici condizioni di svantaggio individuale che agiscono contemporaneamente a livello sociale ed economico, se incluse nel disegno di ricerca porterebbero a sviluppare una consapevolezza ancora maggiore del valore etico in termini di responsabilità sociale del lavoro di ricerca».

 


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