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Come cambierà il clima in Europa? Le correnti nel Nord Atlantico sembrano fornire la risposta

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I modelli previsionali climatici forniscono stime diverse sul possibile riscaldamento terrestre nei prossimi anni: da un minimo di 1,5°C a oltre 4,5°C. Ma da cosa dipendono queste differenze? Per quanto riguarda l’Europa, in un recente studio pubblicato su Nature Communications, un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR e del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture (DIATI) del Politecnico di Torino, guidato da Katinka Bellomo, individua la causa nelle correnti del Nord Atlantico: a seconda di quanto queste diminuiscono, infatti, si potrà avere un maggiore o minore aumento della temperatura in Europa.

Crediti immagine: Michael Pritchard/Unsplash

Gli scienziati sono concordi nell’affermare che il clima si stia surriscaldando per via dei gas serra: dall’inizio del secolo, la temperatura media a livello globale è già aumentata di circa 1°C. Tuttavia, i modelli climatici utilizzati per fare previsioni sul clima del futuro non sono precisi su quanto in totale ci si possa attendere che la Terra si riscaldi. Secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC), per la fine del ventunesimo secolo ci si può aspettare un aumento di temperatura che varia da un minimo di 1.5°C a un massimo di 4.5°C o più, secondo le stime più recenti. A livello regionale, le incertezze diventano ancora più grandi.

In un articolo recentemente pubblicato su Nature Communications, il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che le correnti oceaniche nel Nord Atlantico rappresentano una delle fonti più grandi delle incertezze sulle previsioni future dei cambiamenti climatici sull’Europa. Il nostro lavoro suggerisce anche che, sfruttando i dati provenienti da campagne di osservazioni oceanografiche per migliorare i modelli previsionali, a breve potremmo essere in grado di essere molto più precisi sulle previsioni per l’Europa.

Previsioni discordanti

Non c’è dubbio tra i climatologi che la temperatura media terrestre aumenterà nei prossimi anni, provocando inoltre eventi meteorologici sempre più estremi. Oltre ad attivare politiche ecosostenibili che riducano la combustione di gas fossili, dobbiamo sapere con più precisione come il riscaldamento globale già in atto si manifesterà a livello regionale, così da poter implementare politiche di adattamento e sostenibilità economica. La ricerca che stiamo portando avanti mira proprio a questo: fornire previsioni più precise di come cambierà il clima sull’Europa nei prossimi decenni.

I modelli climatici che vengono utilizzati per simulare il clima della Terra sono molto complessi: includono tutte le componenti fisiche e biogeochimiche del nostro clima, come per esempio l’atmosfera, gli oceani, i ghiacci e la vegetazione. Partendo dal passato, questi modelli vengono usati per calcolare l'evoluzione del sistema climatico fino al presente e studiare come il clima è cambiato, quanto ampi possono essere gli sbalzi dovuti a fenomeni naturali, e quanto invece è il contributo che si può attribuire all’intervento umano. Al momento esistono circa 40 modelli climatici globali, sviluppati più o meno indipendentemente da diversi centri di ricerca internazionali. I vari modelli impiegano parametrizzazioni del clima, ossia metodi per rappresentare i processi con un elevato livello di dettaglio geografico. L’obiettivo comune a tutti i modelli è riprodurre un clima terrestre che sia il più simile possibile al clima attuale. Tuttavia, l’utilizzo di queste parametrizzazioni diverse, talvolta per migliorare dei processi di interesse a livello di una regione piuttosto che un’altra, rende le previsioni incongruenti, con scarti di innalzamento di temperatura a livello regionale anche di una decina di gradi.

Non è chiaro perché un modello dovrebbe essere migliore di un altro, per cui solitamente le previsioni fornite da enti come l’IPCC si basano sulla media dei risultati forniti da tutti i modelli, conducendo poi una stima sull’incertezza. Ma perché si verificano queste incongruenze nei risultati? Tra le possibili cause, abbiamo trovato, classificando le simulazioni fornite dai vari modelli climatici in base alla diminuzione delle correnti nel Nord Atlantico, una correlazione quasi perfetta tra la diminuzione delle correnti e l’aumento di temperatura. Trattandosi di modelli molto diversi tra loro, questo significa che i modelli consistentemente predicono che l’aumento di temperatura dipende dalla circolazione oceanica, ed è l’incertezza su quest’ultima a produrre lo scarto tra i modelli. Per cui le correnti nel Nord Atlantico sono la causa principale dell’incertezza sulle previsioni climatiche future per l’Europa.

Il ruolo delle correnti oceaniche del Nord Atlantico

Le correnti oceaniche nel Nord Atlantico sono un elemento chiave nel nostro clima attuale; infatti, sono state trovate prove che dimostrano come durante le ere glaciali si siano indebolite talmente tanto da determinare la glaciazione dell’emisfero nord. Infatti, quando queste correnti si indeboliscono, l’acqua calda che normalmente trasportano dai tropici verso il polo nord, improvvisamente viene meno, e questo favorisce lo sviluppo dei ghiacci.

Queste correnti sono già diminuite dall’inizio della rivoluzione industriale per via del riscaldamento globale, e in risposta all’ulteriore aumento di gas serra è previsto che diminuiranno ancora di più nel corso del secolo. Sebbene, a differenza di quanto avvenuto nelle ere glaciali, l’indebolimento non sarà tale da provocare una glaciazione, potrà comunque contrastare l’aumento della temperatura sul Nord Atlantico e in particolare sull’Europa.

Per via delle diverse parametrizzazioni adottate dai modelli, al momento alcuni prevedono un indebolimento più moderato delle correnti, mentre altri prevedono che si indeboliscano drasticamente. Questo fa sì che, in quei modelli in cui la riduzione delle correnti è drastica, l’aumento di temperatura sia inferiore sull’Europa. Il contrario accade nei modelli con riduzione debole, che prevedono invece un aumento molto più alto della temperatura.

Nel nostro lavoro abbiamo scoperto anche che le correnti non sono solo all'origine dell’incertezza sull’aumento di temperatura, ma anche di quella sulle previsioni delle piogge e della corrente a getto (un veloce flusso d’aria nell’atmosfera) alle medie latitudini, la quale determina il percorso delle perturbazioni invernali sull’Europa. Nei modelli in cui le correnti oceaniche nel Nord Atlantico diminuiscono di più, si vede che il sud dell’Europa diventa decisamente più arido. Al contrario, nei modelli in cui diminuiscono di meno, c’è un aumento delle piogge soprattutto sul Nord Europa. La corrente a getto si sposta verso il mare del Nord nei modelli in cui le correnti si indeboliscono di più, ma non si sposta in quelli in cui diminuiscono di meno. Anche l’Artico si riscalda molto di più nei modelli in cui le correnti diminuiscono di meno, con conseguente fusione dei ghiacciai. Queste differenze sono notevoli, e l’Europa ha bisogno di capire in maniera più precisa, anche a livello regionale, per quali cambiamenti bisogna prepararsi.

Negli ultimi anni sono state finanziate delle campagne di osservazione che stanno, per la prima volta, raccogliendo dati preziosi e fondamentali per capire la dinamica delle correnti nel Nord Atlantico. È fondamentale continuare a investire in queste campagne di osservazione, in modo da poter migliorare le formulazioni fisiche nei modelli climatici. Se la prossima generazione di modelli sarà più fedele nel riprodurre la circolazione oceanica nel Nord Atlantico, allora restituiranno previsioni sempre più precise per quanto riguarda il futuro dell’Europa.

 


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