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Teniamo alta la guardia, non è ancora finita

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Il criceto dorato è un piccolo roditore originario della Siria, paese da cui è stato importato come animale da laboratorio per le sue caratteristiche di facilità di allevamento, di pulizia e di suscettibilità a molti patogeni che fanno ammalare l’uomo, tra cui SARS- CoV. In virtù di tale precedente, un team cinese ha provato a infettare il criceto siriano con il nuovo coronavirus, quasi contemporaneamente a un gruppo misto di ricercatori giapponesi e statunitensi che ha usato isolati ricavati da pazienti con sintomi lievi.  

Questo secondo lavoro sui criceti ha prodotto alcune scoperte rilevanti: il virus introdotto per via nasale e oculare si propaga, tanto nei soggetti giovani quanto in quelli vecchi, al polmone con quadri di polmonite simili a quelli umani e ad altri organi (seppure non al cervello o al bulbo olfattivo); la risposta anticorpale elicitata dal virus protegge da una successiva ripresa della malattia; infine, il trasferimento passivo di siero di animali convalescenti impedisce la replicazione del virus nel polmone.

Forse abbiamo il modello animale che ci serve

Il criceto dorato potrebbe, dunque, essere quel modello animale su cui testare decorso naturale della malattia, vaccini, immunoterapie e farmaci antivirali, di cui il virologo Andrea Crisanti deprecava l’assenza in suo recente intervento televisivo, e questi studi costituiscono un innegabile passo avanti nella conoscenza di SARS-CoV-2. Tuttavia, il largo pubblico è raggiunto, più facilmente che dai risultati scientifici, dalla babele comunicativa degli esperti in merito alla probabilità di una seconda ondata dell’epidemia, cui non si sottrae nemmeno l’OMS quando mette in campo lo spettro della Spagnola che ebbe una ripresa, nell’agosto 1918, molto più grave e letale dell’esordio. Come ha notato, tra gli altri, l’infettivologo Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano, tale confronto è un po’ azzardato, considerate le differenze di contesto storico e di ceppo virale: a sterminare la popolazione europea estenuata da anni di guerra fu una variante dell’Influenzavirus A, della famiglia Orthomyxoviridae, mentre SARS-CoV-2 è un coronavirus.

Prevenzione e distanziamento restano fondamentali

Semmai, dalla storia di quella pandemia, si può trarre l’insegnamento che il virus non si attenua sua sponte, ma può smettere di circolare nel caso peggiore per esaurimento di organismi portatori oppure, come sta avvenendo in molti paesi europei e asiatici, per effetto delle misure imposte di distanziamento fisico. E’ su questa posizione che si attesta chi ha dedicato tutta la propria vita professionale allo studio dell’infettivologia, come hanno fatto Galli e lo stesso Crisanti; all’opposto, la non sempre verificata solidità scientifica di alcuni beniamini mediatici da una parte e la necessità di fare i conti con una montante emergenza economico-sociale dall’altra, hanno prodotto un meticciato di opinioni in bilico tra la valutazione clinica e l’opportunità politica, che esita in un rischioso “con l’estate, liberi tutti”.

La letteratura sembra, invece, insistere sul ruolo del distanziamento o, quando esso è impossibile, dell’uso corretto e continuato delle mascherine, così come sull’igiene delle mani per la protezione dei possibili siti d’ingresso del virus, naso, bocca e occhi.

Un lavoro appena comparso su Lancet a firma di Derek Chu e collaboratori, presenta le prove emerse da 172 studi osservazionali e da 44 studi comparativi su SARS, MERS e Covid-19: nelle regioni con alta incidenza di Covid-19, l’uso della mascherina esteso a tutte le persone e combinato con il mantenimento della distanza interpersonale di almeno un metro (che, da sola, diminuisce il rischio di contagio dell’80%), è in grado di ridurre il tasso di infezione persino se la mascherina indossata è di modesta qualità. Seppure con minor efficacia, l’uso generalizzato della mascherina potrebbe ovviare alle carenze di distanziamento imposte da alcune situazioni lavorative o sociali e nei luoghi affollati.  

Sospetto iper-precoce e tracciamento

Naturalmente, la tempestiva individuazione dei casi mediante tampone e il tracciamento dei loro contatti sarebbe di utilità preminente, ma sono pochi i paesi (con l’eccezione, forse, della Germania) che fanno un numero di test con PCR adeguato al bisogno.

Tim Spector, professore di epidemiologia genetica al King’s College di Londra, ha promosso una app che ha raccolto 3,9 milioni di quadri sintomatologici in tutta la Gran Bretagna: il loro esame porta Spector a ritenere necessaria una campagna di educazione della popolazione al sospetto iper-precoce di avvenuta infezione: senza aspettare la comparsa di febbre e tosse, riconoscere segni sfumati quali indolenzimento muscolare, fiacchezza, mal di testa, diarrea e arrossamenti cutanei dovrebbe indurre all’auto-isolamento per salvaguardare il prossimo e ridurre, così, la probabilità o l’intensità di una seconda ondata.

Gabriel Leung, epidemiologo dell’Università di Hong Kong, uno dei maggiori esperti asiatici di pandemie, che aveva già dato il suo contributo di ricerca durante la SARS del 2003, le influenze H1N1 del 2009 e aviaria A H7N9 del 2013, ritiene che andrebbero utilizzati contemporaneamente la diagnosi precoce e il coefficiente di riproduzione Rt come guida per il tamponamento e il tracciamento dei nuovi casi e sostiene la necessità di mantenere alta la guardia nell’opinione pubblica.

In conclusione, sembra di poter dire che, ancora oggi, i presìdi contro il pericolo della seconda ondata sono l’igiene delle mani, le mascherine, il distanziamento fisico, l’evitamento degli assembramenti di massa; nessuna di queste misure è efficace da sola, ma lo è la loro combinazione e, secondo Richard Horton, direttore di Lancet, insistere sulla loro promozione è la barra in mano al pilota medico per timonare il decisore politico in acque meno tempestose. 

 

Bibliografia
Chan JF et al. Simulation of the clinical and pathological manifestations of coronavirus disease 2019 (COVID-19) in golden Syrian hamster model: Implications for disease pathogenesis and transmissibility. Clin. Infect. Dis. doi:10.1093/cid/ciaa325 (2020).
Imaia M et al. Syrian hamsters as a small animal model for SARS-CoV-2 infection and countermeasure development. PNAS first published June 22, 2020 https://doi.org/10.1073/pnas.2009799117
Chu DK et al. Physical distancing, face masks, and eye protection to prevent person-to-person transmission of SARS-CoV-2 and COVID-19: a systematic review and meta-analysis. Lancet 2020; published online June 1. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)31142-9.
Horton R. Offline: the second wave. thelancet.com Vol 395 June 27, 2020

 


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