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Storie di straordinaria curiosità

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“Chi non prova più né stupore né sorpresa, è come morto, una candela spenta”

Albert Einstein (1930)

Sono ormai lontani i tempi in cui poteva bastare un poeta a destare meraviglia anzi, proprio questo, era il suo mestiere. È probabile che il nome di Giovan Battista Marino (Napoli, 1569-1625) non ricordi alcunché alla maggioranza dei lettori ma forse alcuni ricorderanno la polemica che lo contrappose a Gaspare Murtola e i versi con cui apriva la Fischiata XXXIII della Murtoleide: “È del poeta il fin la meraviglia parlo de l’eccellente, non del goffo; chi non sa far stupir vada a la striglia”. I versi contengono l’essenza della poesia barocca e oggi ci fanno sorridere, sempre meglio però rispetto a una triste espressione ricorrente in tanti discorsi odierni: “Non mi meraviglio più di nulla”. Poco importa che perfino Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1891) vi ricorra ne I fratelli Karamazov, dove Rakitin rivolgendosi ad Alëška con tono disilluso afferma: “E’ da un pezzo che non mi meraviglio più di nulla”.

I giovani pesci di Wallace

I romanzi, infatti, sono altra cosa rispetto alla vita vera e quando si è persa la capacità di meravigliarsi vuol dire che gli occhi si sono spenti prima del tempo. Per recuperarla urge coltivare la sete di conoscenza, tornare a guardare il mondo con occhi da bambini e porsi continuamente nuove domande su ciò che ormai ci sembra ovvio. In parole povere, bisogna diventare più curiosi. Il rischio è quello di diventare come i giovani pesci di Wallace (http://www.manic.com.sg/water/) che in risposta a quello più vecchio il quale chiedeva com’era l’acqua, si domandarono l’un l’altro “Che diavolo è l’acqua?”. Senza gente curiosa saremmo, probabilmente, ancora immersi in quello che Brecht chiamava “infinito errore”. Amedeo Balbi lo cita al termine del suo libro, Cercatori di meraviglia, ricordando opportunamente che bisognerebbe cominciare a considerare la mentalità scientifica “oltre che uno strumento di innovazione e progresso pratico, anche un requisito indispensabile per un’educazione che prepari davvero alla vita”.

Viva la curiosità

Raccontando le vicende di alcuni grandi scienziati del passato, a un certo punto all’autore di questo libro sfugge un’espressione quasi liberatoria (p. 163): “Per fortuna, la gente curiosa è sempre esistita”. Viene detto a proposito della velocità della luce che, nell’esperienza comune, sembra infinita eppure qualcuno si pose il problema che avesse una velocità finita. Furono Empedocle e, per certi versi, anche Erone il Vecchio a tentare una risposta, l’uno ragionando e l’altro sperimentando.

Jorge Louis Borges diceva: “Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; io sono orgoglioso di quelle che ho letto”. Chi scrive periodicamente di libri, come il sottoscritto, non può dire che è sempre così, ma quando succede, come in questo caso, sente il bisogno di condividere con altri una genuina emozione. La riconquista dello stupore di fronte al mondo reale è in preoccupante calo, specie fra i giovani, a beneficio delle immagini create artificialmente dalla tecnologia. Basta leggere i titoli di alcuni capitoli del libro di Balbi per capire che qui si torna, se così si può dire, con i piedi per terra e a volgere lo sguardo al cielo invece che allo smartphone : ”La mela e la luna”, “Arcobaleni, fulmini e calamite”, “Il motore del mondo” e “La sostanza delle cose”, non vi deluderanno.

Il miglior libro italiano di divulgazione scientifica 2015

Tra i motivi più validi per arginare il pessimismo che oggi, insieme all’incertezza, può incupire i nostri pensieri ci può essere la curiosità verso il mondo, nonché i buoni libri che ancora vengono scritti. Per una fortunata coincidenza, Cercatori di meraviglia di Amedeo Balbi riunisce in sé le due componenti e possiede quindi un valore educativo (verrebbe da dire terapeutico) fuori dal comune. La giuria che lo ha scelto come vincitore del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2015 (area A-Scienze Fisiche Matematiche e Naturali), bandito dall’Associazione Italiana del Libro, con il patrocinio del CNR e dell’AIRI – Associazione Italiana per la Ricerca Industriale, ha davvero centrato l’obiettivo. Per dare un’idea dell’importanza del Premio, si può ricordare che, considerando tutte le aree, vi hanno partecipato ben 576 autori.

Tutto ciò è premessa di un buon successo editoriale e dovrebbe costituire un incentivo per altri a scrivere di scienza per un pubblico più ampio di quello specializzato. Il segreto per riuscirci bene è quello di non dimenticare che la storia della scienza non è solo racconto di fatti ma anche di passioni e che nulla è più fuorviante della presentazione degli scienziati come “personaggi freddi, disinteressati alle gioie della vita, calcolatori eccentrici e asociali” (p. 74). Il campionario che ci offre Balbi lo conferma e gli esempi di Newton, Galileo, Foucault, Cavendish, Einstein, Galvani, Faraday, Maxwell, Carnot, Hertz e tanti altri, sono i migliori che poteva scegliere.


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