La storia dimostra l’inefficacia delle
moratorie. La storia della Biologia più recente, con la conferenza di Asilomar
nel 1975 e la moratoria sull’uso della tecnologia taglia-e-cuci del DNA (DNA
ricombinante) grazie agli enzimi di restrizione ne è la prova più evidente (ma
anche quella del 1997 sulla clonazione umana e quella del 2012 sul guadagno di
funzione dei virus influenzali aviari).
Con tutte le falsificazioni concettuali
e pratiche che ne possono derivare.
Quest’ultimo esempio ancora una volta ne è
la prova più evidente: le istituzioni pubbliche lige all’osservanza della
moratoria e il settore privato profit-making
che ne è virtualmente esentato e procede nello sviluppo della tecnologia,
brevettandola in mille salse… basterà pensare agli Ogm come esito finale. Il
pubblico che ha investito danari per sviluppare la tecnica è escluso dai
benefici economici che ne derivano.
Il privato procede spedito nel guadagno
economico che deriva dal monopolio di quella tecnica senza curare quella
necessaria operazione di divulgazione del sapere a livello di società civile,
capace di mettere in dialogo scienza-società, così da chiarire e far capire
(accettare) l’impiego di quella tecnica.
Quando i prodotti della tecnica
vengono proposti (nell’esempio in questione gli Ogm), la società civile è del
tutto spiazzata e impreparata ad accettarli e li vive come un sopruso, una
imposizione del “capitale” e il dibattito che si instaura è falsato, non si
riesce più a fare chiarezza (se non a
scapito di energie spropositate e tempi lunghissimi), a informare
correttamente, a coinvolgere pensatori di altre discipline (filosofi, giuristi,
economisti, ecc.) a dare un sostanziale contributo al dibattito. In una parola,
l’impresa scientifica stenta a farsi capire e a proporre applicazioni condivise
e ritenute “buone”.
Il sistema CRISPR e la medicina di domani
Questa breve premessa per dire che oggi
ci si trova dinnanzi a una situazione del tutto analoga e forse la storia
dovrebbe insegnarci qualche cosa! Disponiamo di una tecnica (in sigla:
CRISPR-Cas9) che è possibile definire “semplice” e
“non costosa” e dunque alla portata di ogni laboratorio (non stiamo parlando di
una tecnica sofisticata e dominio di due o tre laboratori) per modificare in
maniera sito-specifica il genoma di qualsivoglia cellula, vegetale e animale
incluse quelle germinali, al fine di ottenere eliminazione, aggiunta,
sostituzione, modificazione, comunque alterazione di sequenze del DNA legate a
geni capaci di determinare tratti di interesse genetico, in medicina umana come
in quella veterinaria, in agricoltura come in produzioni biotecnologiche e
molto altro ancora.
La tecnologia CRISPR-Cas9 è stata derivata da quella di tipo II CRISPR-Cas dei
batteri che, a loro volta, la impiegano per difendersi da virus e plasmidi in
modo da assicurarsi, in termini evolutivi, una immunità adattativa al loro
assalto.
La conoscenza dei sistemi CRISPR è merito di scienziati giapponesi che
nel 1987, studiando Escherichia coli,
scoprono delle Clustered Regularly
Interspaced Palindromic Repeats, CRISPRs, sequenze
ricordo di vecchie infezioni (sequenze di genomi virali) i cui interessanti
dettagli molecolari porteranno in pochi anni a individuare dei geni associati a CRISPR, i geni “cas” (CRISPR associated) che codificano per proteine,
endonucleasi, capaci di tagliare il DNA, aprendo dunque le porte ad una vera e propria
(ennesima) rivoluzione in Biologia.
L’uso della tecnologia CRISPR-Cas è oggi molto diffuso nei laboratori per lo
studio, ad esempio, delle funzioni dei geni e della progressione del cancro;
potenzialmente è una tecnologia che può essere concepita per correggere
mutazioni dannose del DNA, ad esempio quelle legate a molte malattie.
Più in generale, può essere impiegata per studi del genoma legati all’azione di
farmaci o per generare modelli animali di patologie umane utili in ricerca; in
piante e funghi può essere utile per ricerche capaci di assicurare una migliore
produzione quali-e quantitative di prodotti di interesse economico (si legga questa interessante review).
E’ dunque concepibile dinnanzi alle
paure di applicazioni “cattive”, “mostruose” chiedere alla comunità scientifica
una moratoria?! E’ concepibile un richiamo alto, come già fece Jurgen
Habermas, ai rischi della “genetica liberale”?
Personalmente sono stupito da una simile richiesta. La storia ci dice che no,
non è concepibile per il semplice motivo che non è attuabile. Altre sono le vie
da perseguire.
Bene hanno fatto David
Baltimore e molti altri scienziati (alla notizia che, forse, scienziati
cinesi lo hanno già fatto ed i lavori stanno per essere pubblicati) a chiedere
una moratoria sull’editing delle
cellule germinali umane
ed a sollecitare un dibattito universale
(si legga su ScienceExpress del 19
marzo 2015) suggerendo, credo tatticamente e per dovere di ufficio, una
chiamata generale a raccolta per instaurare una moratoria, anche se ci sarebbe
da chiedersi a che fine. Certamente per dire no, oggi, a modifiche del genoma
di spermatozooi, uova ed embrioni umani, nella speranza che il pubblico
impaurito dalla pubblicazioni di simili dati chieda a forza la censura totale
sull’utilizzo della tecnica.
Una democrazia cognitiva, per una cittadinanza scientifica
La storia però insegna che ben più efficace è l’investimento massiccio di
energie e danari per svolgere campagne di alfabetizzazione capillare sulle
possibilità offerte dalla nuova tecnica, chiamando da subito filosofi,
giuristi, psicologi, economisti, ecc. a dare il proprio contributo, a togliere
le nebbie che offuscano la ragione e fanno vivere nella paura di mondi ove
regna incontrollato il cattivo scienziato al soldo della multinazionale: il
bicchiere è mezzo pieno, l’altra metà dobbiamo riempirla noi chiedendo norme
capaci di evitare derive non accettabili, lavorare ciascuno di noi per la
società della conoscenza; la democrazia cognitiva chiede un
esercizio di cittadinanza scientifica alla quale siamo chiamati tutti, nei
diversi ruoli e competenze.
Disponiamo anche di un bellissimo esempio al riguardo di una simile procedura:
quanto è stato fatto in Gran Bretagna, prima di approvare la legge che consente
di eliminare le malattie mitocondriali grazie allo scambio (senza danaro) di
cellule uovo tra amiche e con la tecnologia del trasferimento nucleare (la
stessa che impieghiamo per clonare). Oggi vediamo rendersi disponibile una
tecnica fantastica che sarà, ad esempio, capace di realizzare l’eliminazione di
sofferenze per chi è stato sfortunato nella roulette genetica della
riproduzione ed ha ereditato tratti genetici che producono sofferenza ed
esclusione sociale.
Perché non pensare di agire a livello universale? La tecnica, semplice e
economica, può eliminare dal genoma umano (di tutti, non solo di quello dei
possessori di carta di credito) tratti genetici causativi di malattie che
possiamo debellare! Certo, questo scenario è oggi un sogno ma come lo è la
proiezione negativa del baby-disegnato
con caratteristiche meravigliose ed a volontà dei genitori.
A oggi la tecnica
si è rivelata per le sue potenzialità ma ancora non la controlliamo con la
necessaria sicurezza del bisturi genetico, le modificazioni del DNA riescono sì
ma in termini di precisone non concepibili per una visione riduzionista del
tutto o del nulla sul prodotto finale.
E’ ancora approssimativa nei risultati e se pensiamo, ad esempio,
all’applicazione di modificazione di una sequenza di DNA beh, siamo sì capaci
di produrla, ma nel contempo corriamo il rischio di produrne anche un’altra non
voluta!
E dunque abbiamo tutto il tempo per impostare quella necessaria discussione a
livello internazionale mentre le ricerche proseguono per rendere la tecnica del
tutto precisa ed efficiente, capace di elaborare quella visione utile a
stabilire le applicazioni che riteniamo lecite e illecite, chiarendo che
queste ultime sono dannose, dannose per tutti.