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A proposito del commissariamento dell’Iss

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A metà luglio, un mese dopo l’annuncio del Ministro Lorenzin, l’Istituto superiore di sanità (Iss) è stato commissariato. Sono decaduti Consiglio di amministrazione, Comitato scientifico e Presidente, e quest’ultimo (Fabrizio Oleari) è stato sostituito da un Commissario (Walter Ricciardi).
Questa notizia è stata presentata, basti vedere un articolo su La Stampa del 3 agosto, come il segnale di un istituto allo sbando, incapace di tenere i conti sotto controllo e inadeguato a svolgere quel ruolo tecnico-scientifico indispensabile al Ssn.
Il 30 settembre scorso, un gruppo di Senatori - Nerina Dirindin è il primo firmatario - ha presentato una interpellanza parlamentare sul tema del commissariamento e delle prospettive dell’Istituto superiore di sanità, rivolta al Presidente del Consiglio e ai Ministri della salute e dell’economia.
Può essere utile, proprio a partire dal testo dell’interpellanza, provare a riepilogare i punti della discussione.

In realtà, nel commissariare l’Iss: 1) si è fatta una scelta arbitraria da un punto di vista tecnico; 2) si rischia di distogliere l’attenzione dagli effetti negativi del grave sottofinanziamento pubblico; e 3) si trascura il problema cardine, relativo al ruolo di questa istituzione all’interno del SSN (dal quale deriva anche l’individuazione delle risorse necessarie).

1. Il commissariamento dell’Iss è una scelta arbitraria

Due elementi sono stati utilizzati a sostegno della decisione di commissariamento.

  • Il conto economico dell’Iss ha presentato un disavanzo per due anni: 26 milioni di euro nel 2011 e 4 milioni nel 2012.
  • Una legge dello Stato (articolo 15, comma 1-bis, del DL 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 111/2011) dispone che “nei casi in cui il bilancio di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato … presenti una situazione di disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi, i relativi organi, ad eccezione del collegio dei revisori dei conti o sindacale decadono ed è nominato un commissario”.

Ma altri due elementi sono stati omessi nella decisione di commissariamento

  • Il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (RGS) del MEF, lo stesso che ha dato un parere a favore del commissariamento, ha specificato, in una circolare (n. 33 del 28/12/2011), che la norma sopra citata non si applica in modo indiscriminato ma è “… finalizzata al commissariamento degli enti che presentano una situazione di reale squilibrio finanziario … In tale ottica va osservato che la presenza di un disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi non è sintomo per sé di squilibrio finanziario della gestione e non comporta l’automatica applicazione della norma in esame, qualora l’ente abbia raggiunto il pareggio di bilancio utilizzando quote di avanzo di amministrazione già effettivamente realizzato e disponibile”.
  • Questa condizione è esattamente la situazione dell’Iss. Il disavanzo 2011-2012 è coperto da precedenti avanzi di gestione dell’Iss: in sostanza, i fondi dei progetti di ricerca comportano una entrata in un anno e, ovviamente, una uscita negli anni successivi quando viene svolto il lavoro. Dai dati di bilancio dell’Iss emerge che nel 2013 il disavanzo era sostanzialmente azzerato (e comunque coperto da precedenti avanzi di gestione) e non ci sarebbe alcun disavanzo nel primo semestre del 2014.

Non si è poi tenuto conto di un dato di contesto. Nel 2013 è intervenuto il rinnovo degli organi dell’Iss: Presidente, Consiglio di amministrazione e Comitato scientifico. Gli organi decaduti per effetto del commissariamento, quindi, nulla hanno a che vedere con gli eventuali disavanzi del 2011 e 2012.
In questo momento, poi, l’Iss è in fase di riordino (lo Statuto, approvato 10 mesi fa dal (ex) CdA è stato appena recepito dai Ministeri competenti), e mai come in questa fase sarebbe necessario il ruolo di un Comitato scientifico e di un Consiglio di amministrazione. Sembra irragionevole che la definizione della struttura interna e di tutti i regolamenti possa essere svolta in solitudine da un Commissario che, indipendentemente dalla sua volontà di confronto con i referenti regionali del SSN e la comunità scientifica interna, risponde unicamente ai Ministri della salute e dell’economia.

2. Il commissariamento dell’Iss rischia di nascondere gli effetti negativi del grave sottofinanziamento pubblico

In base all’analisi della Corte dei Conti, negli ultimi anni vi è stata una riduzione continua del trasferimento statale: da 125,3 milioni di euro nel 2010 a 111,3 nel 2011 a 110,0 nel 2012.
Nel 2013 si era arrivati a 105,8 milioni di euro dei quali, se si escludono i trasferimenti specificamente dedicati al Centro nazionale sangue (CNS) e al centro trapianti (CNT), la stanziamento dell’Iss è stato di 98,0 milioni.
Le spese relative al personale a tempo indeterminato (circa 1500 unità) e determinato (circa 450 unità) sono state nel 2013 pari a 96,8 milioni di euro. Nell’ultimo anno quindi, il trasferimento statale è stato praticamente equivalente alla copertura delle spese per il personale a tempo indeterminato e determinato.
Se l’Iss non ha ancora chiuso i battenti, e ha continuato a svolgere l’attività istituzionale, è stato grazie alla capacità dei ricercatori di competere in un mercato sempre più ristretto e trovare finanziamenti su progetti di ricerca nazionali e internazionali, oltre che per realizzare attività di consulenza quasi sempre finanziate da istituzioni pubbliche. Tuttavia, la parziale sostituzione del finanziamento statale con fondi dei progetti di ricerca comporta due gravi effetti distorsivi: lo spostamento dell’attenzione dai settori istituzionali privi di finanziamento ad altri che possono anche non essere coerenti con le priorità dell’Iss; l’aumento del precariato.

3. Il commissariamento dell’Iss trascura il problema cardine, la collocazione nel SSN

Se non si chiarisce quale ruolo deve essere svolto dall’Iss all’interno del Ssn, diventa vuota la discussione sulle risorse. Partiamo da alcuni esempi “storici” relativi all’attività dell’Iss, come il coinvolgimento nella gestione del disastro di Seveso (anni ’70), Cernobyl (anni ’80), sperimentazione clinica del cosiddetto Multitrattamento Di Bella (anni ’90), ed encefalopatia spongiforme bovina (inizio anni 2000), per arrivare a casi recenti, dalla contaminazione da escherichia coli dei germogli di soia, agli effetti sulla salute dell’uranio impoverito o dell’inquinamento ambientale della “terra dei fuochi”. Il dato comune, in questi come in altre decine di esempi, è che ci sono problemi con ricadute potenzialmente rilevanti sulla salute nei quali serve un’istituzione di elevato profilo tecnico-scientifico che sia in grado, anche in collaborazione con le altre strutture del Ssn, di fornire indicazioni credibili.

Questo ruolo non si improvvisa. Per intervenire con competenza e rapidità di fronte a un rischio emergente di salute pubblica, l’Iss deve disporre di risorse pubbliche adeguate. I ricercatori dell’Iss non avrebbero problemi a trovare risorse aggiuntive attraverso i progetti di ricerca, e troverebbero porte spalancate a ricevere finanziamenti privati. Semplicemente, quando l’Iss si dovesse esprimere su argomenti che si sovrappongono al settore dei finanziamenti privati ricevuti – si pensi agli effetti sulla salute di un farmaco, di un alimento o di un contaminante ambientale - quale sarebbe la sua credibilità?

In conclusione

L’Iss rischia, in assenza di un trasferimento statale adeguato, di non riuscire più a svolgere l’attività istituzionale (di ricerca, sorveglianza, regolatoria e di formazione) per la quale è nato. In sostanza, se non doveva essere commissariato per i disavanzi 2010-2011-2012, di questo passo lo sarà per i disavanzi che si creeranno in futuro. Ancora, se l’Iss sarà costretto a rivolgersi ad altre fonti di finanziamento, si modificherà la sua natura e i conflitti di interesse potrebbero minare autonomia e credibilità.
C’è una via di uscita? Sì, se si chiarisce l’utilità per il servizio sanitario di una istituzione tecnico-scientifica che viva esclusivamente di finanziamento pubblico.
Se non fosse più sufficiente il trasferimento statale, l’Iss dovrebbe essere “adottato” dalle Regioni. Sarebbe infatti irragionevole che ciascuna Regione si dotasse di un mini-Iss, se un risultato di maggiore qualità e minore spesa può essere realizzato da una istituzione centrale che sia disponibile a svolgere il ruolo di consulenza e di sostegno, e che garantisca un’elevata competenza scientifica.

*Le opinioni espresse dall'autore sono personali e non riflettono necessariamente quelle dell'’istituzione di appartenenza.


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