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Miglioriamo la valutazione della ricerca

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Il 22 marzo a Pula (CA) si terrà l’evento: "La valutazione dei progetti di ricerca scientifica in Sardegna. Esperienze a confronto per il miglioramento del modello regionale di valutazione". Alla giornata, tra i numerosi e importanti relatori, parteciperà anche il Professore Gaetano Di Chiara, ricercatore fra i più citati secondo l'ISI di Philadelfia nelle discipline Neuroscienze e Farmacologia. Le sue ricerche riguardano il meccanismo d'azione di farmaci ad azione centrale e i meccanismi neurotrasmettitoriali alla base di del comportamento predatorio, stereotipato e tossicomanico. Il Prof Di Chiara è anche uno dei tre componenti il Comitato Tecnico di Gestione di Sardegna Ricerche (assieme al Presidente, la Dott.ssa Maria Paola Corona ed al Prof. Giovanni Biggio).

Sono passati 5 anni dalla promulgazione della Legge Regionale 7, qual è il suo giudizio di questa iniziativa della Regione Sardegna?
E’ sicuramente una legge che tutte le Regioni vorrebbero avere. La sua prima caratteristica è che il suo finanziamento corrisponde ad una quota non inferiore all’1 per cento delle compartecipazioni dell’imposta sul reddito delle persone fisiche determinate annualmente nel bilancio di previsione della Regione Sardegna. Il budget per la ricerca di base non deve quindi essere discusso ad ogni finanziaria ma è stabilito automaticamente sulla base del gettito regionale dell’IRPEF. Questo dispositivo affranca la Legge 7 dalle incertezze delle finanziarie. La Legge 7 va controcorrente rispetto alla corrente tendenza di privilegiare il finanziamento della ricerca applicata rispetto a quella di base. Contrariamente all’opinione comune, la ricerca di base è fondamentale per creare sviluppo e nuova ricchezza. Basti pensare al Progetto Genoma. Alla fine degli anni novanta gli USA finanziarono con circa 3,3 milioni di dollari un programma decennale che aveva come obbiettivo la clonazione ed il sequenziamento del DNA umano. Questo progetto di ricerca di base ha avuto, a tutt’oggi, un ritorno economico di circa 765 milioni di dollari e la creazione di 310.000 posti di lavoro. Insomma, non bisogna pensare che solo la ricerca applicata possa portare benefici in termini di sviluppo. Anche, anzi, soprattutto la ricerca di base è essenziale allo sviluppo. Tuttavia, bisogna essere pazienti nel raccoglierne i frutti, dato che questi vengono dopo molti anni.

Come si potrebbe migliorare il sistema di valutazione della Regione Sardegna?
Le criticità presenti nel sistema di valutazione della Regione Sardegna solo le stesse che si possono riscontrare a livello nazionale. La Regione infatti ha riprodotto il sistema adottato dal competente Ministero per la valutazione dei progetti PRIN. Purtroppo questo processo, come abbiamo sottolineato anche come Gruppo 2003, non funziona. Il sistema di peer review, per poter funzionare al meglio, deve essere innanzitutto comparativo. Nel sistema PRIN il meccanismo di valutazione prevede un comitato di Garanti, assistito da un gruppo di tecnici, i quali selezionano i revisori dalla banca dati del Cineca. Questo data base è composto per il 97% da esperti italiani, in maggioranza universitari; gli stranieri sono ben pochi. In base ai codici di area e disciplinari e alle parole chiave del progetto si scelgono due o tre referee. La prima difficoltà sta proprio nel trovare gli esperti, molti rifiutano l’offerta, altri non si riesce a contattarli. Una volta trovati i revisori, nella migliore delle ipotesi, ogni studioso ha la possibilità di esaminare e paragonare tra loro solo un numero limitato di progetti. I revisori, quindi, nel dare un giudizio non hanno una visione globale ma solo parziale. Un altro problema che affligge questo sistema di valutazione è il conflitto d’interessi che deriva dalla mancanza di trasparenza del processo di revisione. Infatti, il processo di valutazione si consuma nel chiuso del rapporto tra gli stessi referees ed garante. In questo sistema tutto dipende dall’onestà e dal rigore del Garante. E’ il Garante che sceglie i referees, una scelta da cui dipende la qualità della valutazione. Manca il momento del confronto a più voci, manca, in una parola, la study session, una sessione cioè nella quale un panel di esperti delle discipline cui afferiscono i progetti in esame valutano comparativamente i progetti e gli stessi giudizi dei revisori. Perciò la study session è un antidoto agli interessi personali e di scuola. Un segnale nella direzione di una maggiore trasparenza potrebbe essere la divulgazione post hoc dell’elenco dei referees, come fanno tutte le riviste internazionali peer reviewed. Si potrebbe prendere spunto dal sistema di valutazione  di Telethon e di AIRC, che si avvalgono di manager provenienti dalla ricerca, formati presso agenzie internazionali di valutazione. A questo fine si potrebbero istituire delle vere e proprie scuole per valutatori, in modo da formare persone provviste di tutti gli strumenti necessari per organizzare il processo di valutazione dei progetti di ricerca. Una valutazione inefficente è più dannosa di una non-valutazione perché, essendo percepita come ingiusta, mina la fiducia dei ricercatori nelle Istituzioni e nella Ricerca stessa. La ricerca è già tartassata, afflitta com’è da una cronica scarsità di fondi; se a questo si aggiunge la frustrazione di vedere premiati progetti scadenti, il risultato non potrà che essere la fuga dei migliori dal nostro paese ed una generale riduzione della qualità della ricerca nel nostro paese.

In che modo si possono aiutare, attraverso questi bandi, i giovani ricercatori?
Non tanto e non solo con questi bandi si possono aiutare i giovani. La legge 7 finanzia tutte le aree, dalla scienze dure a quelle biomediche, fino a quelle sociali e umanistiche. Se si utilizzano la maggior parte dei fondi dei progetti per accendere contratti a termine potrebbero non rimanere abbastanza risorse gli strumenti necessari ad effettuare  la ricerca. Finora tuttavia, la Regione Sardegna ha stanziato a partire da questa legislatura un congruo numero di borse di dottorato, da trascorrersi in parte all’estero, fornendo così ai dottori di ricerca loro gli strumenti necessari per partecipare a bandi, soprattutto europei, che danno la possibilità di accedere a grandi finanziamenti.

Cosa pensa dell’operato dell’ANVUR?
A mio giudizio sta operando bene; certo ci sono ancora delle criticità ma i problemi da risolvere riguardano soprattutto il settore umanistico dove i criteri bibliometrici non sono facilmente applicabili. Forse un'altro compito che l’Anvur dovrebbe svolgere è proprio quello della valutazione dei progetti di ricerca, cioè un’unica cabina di regia del processo di valutazione dei progetti di ricerca.


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