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Il giro del mondo in otto megalopoli

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Si possono conoscere partendo dal racconto del funzionamento del più grande e curioso sistema di distribuzione pasti del mondo, su bicicletta e rotaia (Mumbai, India). Oppure narrando le vertigini che prova chi sfida il cielo, in cima a grattacieli in costruzione che nascono da esili impalcature di bambù (Hong Kong). O ancora mostrando in ordine casuale una serie di migliaiadi immagini raccolte da citamblers, gioco di parole inglese da city e rambler, cioè escursionisti urbani. Così, per qualunque aspetto le si voglia raccontare, le megalopoli sono ormai una realtà consolidata del XXI secolo.

Se il Novecento è stato profondamente caratterizzato dalla diversità tra città e campagna, industria e agricoltura e dalle idee di modernità o, come dice lo stesso Edgar Morin, di complessità sociale associate allo sviluppo delle "grandi città", nel nuovo millennio questi confini si affievoliscono e aprono spazio e possibilità a un'altra grande caratteristica della contemporaneità: lo sviluppo delle megacities, città più estese di regioni e più popolose di interi stati, megalopoli da 20, 30 milioni di abitanti che inglobano in sé zone densamente popolate e campagne urbane che hanno un impatto ambientale enorme e pongono forti difficoltà di gestione della crescita e dello sviluppo. Difficoltà che richiedono una risposta globale e non più, come fino a poco tempo fa, solo legata al benessere di una parte del pianeta, l'Occidente.

Se nel 1975, secondo il National Geographic, c'erano solo tre megacities, New York, Città del Messico e Tokyo, nel 2010 sono diventate più di venti sparse in tutto il globo. Questa tipologia di conurbazione quindi, si sta candidando a diventare sempre di più attore protagonista dell'economia globale, con i mille problemi, le enormi contraddizioni, le immense possibilità che la caratterizzano e i contrastanti immaginari che stimola. Quando si parla di queste conurbazioni, che accolgono almeno 10 milioni di persone (in alcuni casi si arriva quasi a 30 milioni), ognuno di noi pensa a immagini contrastanti: c'è chi ricorda i grattacieli di vetro che si innalzano prominenti nei cieli di Londra, Shangai, Hong Kong o New York, al potere economico e finanziario, al lusso, agli affari e a una vita con comfort e possibilità inimmaginabili dalla maggior parte delle persone. Ma c'è anche chi non dimentica nella propria mente l'incubo delle sterminate periferie di baracche di Città del Messico, della violenza degli slum di Lagos o delle migliaia di bambini abbandonati in strada, la degradazione, l'inquinqmento, la povertà e il forte disagio di enormi masse di popolazione senza radici e dal futuro incerto. "Entro il 2050 tre quarti della popolazione mondiale sarà urbana – racconta David Pilling, Asia Editor del Financial Times – e questo porterà con sé lo sviluppo di molte e più grandi metropoli". Ma come evolveranno queste città? Verso quali modelli e verso quale tipo di vita noi e i nostri figli saremo portati a vivere?

Per le megalopoli non esistono canoni prestabiliti, ricette facili, risposte sicure. Si possono evidenziare tendenze, possibilità, caratteristiche che potranno o non potranno prendere forma, in base alle capacità e volontà di attuazione di politiche più o meno responsabili. Diventa quindi interessante andare a osservare sia megacities come Londra, che ha già raggiunto un'estensione limite e sta affrontando la sfida del riutilizzo delle aree dismesse; quelle che stanno nascendo e si stanno espandendo oggi come Guangzhou (Cina), la megalopoli formata da tante metropoli; San Paolo del Brasile, la megacity del biodiesel ed altri esempi. L'obiettivo è cercare di comprendere le forme e gli stili di vita possibili in cui la nostra e le prossime generazioni si troveranno a essere immerse e del loro impatto sul pianeta. Perché è in quella direzione che stiamo andando. Secondo ricerche svolte dalla McKinsey Global Institute (l'istituto di ricerca della McKinsey & Company, nota società di consulenza globale) sullo sviluppo delle megacities in Cina – analisi che potrebbe essere estesa a tutte le aree del mondo in cui si stanno sviluppando megalopoli – "un modello di urbanizzazione concentrato è maggiormente preferibile per mitigare le pressioni e aumentare la produttività complessiva del sistema urbano. Gli scenari di crescita urbana concentrata potrebbero aumentare il PIL pro capite fino al 20% in più di uno scenario di crescita urbana dispersa. In rapporto al PIL, anche la spesa pubblica sarà percentualmente più bassa, 16% del PIL nello scenario concentrato rispetto al 17% nello scenario di crescita urbana disperso". E sempre per la McKinsey, solo in Cina nel 2025 la popolazione urbana aumenterà di 350 milioni, cifra che supera l'intera popolazione che attualmente vive negli Stati Uniti.

Le megacities, dunque, sono dei veri e propri esperimenti, dei laboratori di urbanizzazione a cielo aperto che le economie occidentali avevano cominciato nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo e che oggi stanno assumendo nuove forme soprattutto in Asia, ma non solo. Per questo proponiamo un viaggio a tappe, un "giro del mondo in otto megalopoli" che accompagnerà chi avrà la curiosità di scoprire insieme a Scienza In Rete le affascinanti forme che potrebbero dipingere il nostro futuro.

(prossima puntata: 13 febbraio)


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