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Un brutto segnale per la medicina rigenerativa

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La compagnia californiana Geron ha annunciato lo scorso 14 Novembre la dismissione dei suoi programmi di ricerca clinica con le cellule staminali di origine embrionale.
A seguito di promettenti studi pre-clinici condotti su modelli animali, Geron è stato il primo soggetto a ricevere l'autorizzazione dalla Food and Drug Administration (FDA) americana nel novembre del 2010 per condurre uno studio clinico con una linea cellulare embrionale di sua proprietà. Con questo studio, Geron si riprometteva di valutare il potenziale terapeutico di progenitori neurali di origine embrionale umana in lesioni traumatiche alla spina dorsale su pazienti paraplegici.  Questo studio, oltre che da risorse private, era in parte finanziato anche dal California Institute for Regenerative Medicine (CIRM) - un ente pubblico dedicato alla ricerca sulle staminali che, con un budget decennale di ben 3 miliardi di dollari, è attualmente la fonte più imponente di finanziamento pubblico per lo sviluppo della medicina rigenerativa a livello mondiale.
La decisione di interrompere la ricerca, si legge nel comunicato stampa della compagnia, non risponde a considerazioni di natura scientifica, bensì a valutazioni di ordine finanziario e regolativo. Pare dunque che l'attuale crisi economica, e forse anche le recenti decisioni in merito alla non brevettabilità delle linee cellulari di origine embrionale (vedi link) facciano sentire i loro effetti anche sui settori più avanzati della ricerca biomedica e biotecnologica. Va ricordato infatti che Geron, oltre ad essere supportata finanziariamente dal CIRM, è attualmente il licenziatario esclusivo del brevetto di James Thomson (il primo scienziato a derivare cellule staminali pluripotenti da embrioni umani nel 1998), il che poneva la società in una posizione di indubbio vantaggio rispetto ad altri competitors.
La decisione di Geron, a questo punto, potrebbe avere conseguenze negative su tutto il settore dello sviluppo clinico di terapie basate sull'utilizzo di cellule staminali embrionali. Attualmente, altre tre compagnie nel campo biotecnologico stanno iniziando la fase clinica con staminali embrionali umane: la Advanced Cell Technology di Santa Monica, California, sta testando terapie contro la degenerazione maculare (una patologia della retina) e la distrofia muscolare; ReNeuron, in Gran Bretagna, ha recentemente ricevuto l'autorizzazione delle autorità competenti per lo sviluppo di protocolli clinici volti a testare terapie contro le conseguenze neurologiche dell'ischemia, la cecità e l'arteriopatia; infine, la statunitense Viacyte, è sul punto di richiedere l'autorizzazione dell'FDA per testare una terapia cellulare che potrebbe rimpiazzare l'utilizzo dell'insulina in pazienti affetti da diabete.
Geron, insieme alle altre tre biotech citate sopra, era senza dubbio la società a cui tutti guardavano e da cui ci si attendeva un'indicazione chiara circa la realizzabilità delle promesse terapeutiche della medicina rigenerativa. Il fallimento del programma di Geron, dettato, a quanto è dato di capire, da ragioni extra-scientifiche, è comunque un preoccupante segnale per l'intero settore che, d'ora in avanti, potrebbe faticare non poco a reperire le ingenti risorse necessarie per lo sviluppo clinico di nuove terapie. A questo punto, c'è da sperare che gli investitori privati, così come i finanziatori pubblici, non siano scoraggiati dal caso Geron e che si continui a puntare sulla ricerca di nuove terapie cellulari.
In Italia, la vicenda che abbiamo raccontato è stata subito presa a pretesto dagli ambienti più conservatori (link) per ribadire la presunta "superiorità" delle cellule staminali adulte (il cui reperimento non comporta, com'è noto, la distruzione di embrioni umani). Va tuttavia ricordato, che lo sviluppo clinico di terapie cellulari, di qualunque tipo (così come lo sviluppo di nuovi farmaci di sintesi), presenta comunque costi ragguardevoli e che il reperimento di risorse economiche per la ricerca scientifica e clinica, in tempi di crisi, è un problema che affligge tutti i settori della biomedicina. Anziché riaprire vecchie polemiche, sarebbe quindi più opportuno domandarsi se, visti i tempi, non sia il caso di pensare a nuove soluzioni per mettere l'innovazione biomedica (tout court) il più possibile al riparo dalle oscillazioni dei mercati e dalle congiunture economiche, e farne così un volano per la ripresa e lo sviluppo, sia umano che economico.


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