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Per la scienza per la patria

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Tra la primavera e l’estate del 1847, quando gli impulsi riformatori indotti dalle concessioni di Pio IX raggiunsero il confinante Granducato di Toscana, fu subito ridotta la censura sulla stampa e, nel giro di pochi mesi, vennero ampliate le competenze della Consulta e istituita la Guardia Civica. Vi furono grandi feste popolari ma Carlo Matteucci, professore di fisica a Pisa dal 1841 e allora agli inizi del suo impegno patriottico, non approvò affatto quella baldoria, convinto che il popolo, anzi “le masse ignoranti” avessero bisogno d’una seria educazione politica da farsi colla disciplina, col rispetto delle leggi, nell’amore della cosa pubblica”.  Criticava inoltre i presunti agitatori che si servivano della plebe, pur conoscendo le difficoltà del processo unitario che lui auspicava in senso federativo. Espresse i suoi timori all’amico Gino Capponi, storico e pedagogista, nonché politico fiorentino, il quale gli rispose “Benedetta la fisica, che vi insegna a giudicare così bene le cose non fisiche”.  Leggendo con attenzione l’avvincente biografia di Matteucci scritta da Fabio Toscano (Sironi, 2011) si ha l’impressione che Capponi esagerasse un po’ nell’elogio all’amico forlivese, forse perché ne condivideva le idee moderate. Non è vero che Matteucci avesse buon fiuto per vivere subito dalla parte giusta gli avvenimenti politici  infatti, più volte,  cambiò idea solo di fronte al fatto (quasi) compiuto. Successe, ad esempio, per Roma capitale.  A lungo sostenitore di una  soluzione diplomatica e  avverso a Garibaldi, quando questi fu bloccato a Mentana dai francesi intervenne duramente con una lettera a Dina, direttore de L’Opinione, contro il potere temporale. Ciò non sminuisce ovviamente il valore dell’impegno di Matteucci a favore dell’Unità della Nazione, semmai, con i suoi dubbi e le sue cautele, i colleghi ricercatori lo sentiranno più umanamente vicino. Da questi brevi cenni è chiaro che nell’anno in cui si celebra il 150° della proclamazione del Regno d’Italia,  la pubblicazione della biografia di un uomo, che pur senza smettere di fare ricerca scientifica prese parte agli eventi risorgimentali e successivamente, per alcuni mesi, fu Ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Rattazzi (1862),  è stata quanto mai opportuna. A proposito dell’incarico ministeriale, va precisato che Rattazzi lo inserì nella compagine proprio per equilibrarla sul versante moderato e rassicurare i conservatori. Matteucci s’impegnò specialmente per estendere la scuola elementare anche nel Meridione d’Italia, ma non mancò di presentare un progetto per l’Università che gli fruttò, tanto per cambiare, la fama di accentratore.  Tra l’altro, quest’anno ricorre anche il bicentenario della nascita di Matteucci (Forlì, 1811 – Ardenza, 1868).  E’ possibile che a molti sia sfuggita la notizia del breve convegno commemorativo che si è tenuto lo scorso mese di giugno a Rigoli, frazione del Comune di S. Giuliano Terme in provincia di Pisa. A parte il quotidiano locale che ne ha dato notizia in cronaca, non risulta che a livello nazionale il bicentenario abbia suscitato molto interesse. L’autore della biografia si è formato nell’ambito della fisica teorica e successivamente  si è specializzato in Fondamenti e Filosofia della Fisica  e in Comunicazione della Scienza.  E’ già noto al pubblico per “Il fisico che visse due volte”, opera che fa rivivere in maniera originale le vicende di Lev Landau e che gli è valso il premio Giovanni Maria Pace quale miglior libro italiano di divulgazione scientifica,  cui si aggiunge “Il genio e il gentiluomo”, che ripercorre le tappe salienti della vita di Einstein e del matematico Ricci Curbastro.  La biografia di Matteucci scritta da Toscano è la seconda che viene pubblicata sullo scienziato forlivese ma, vista la data di pubblicazione della precedente dovuta a Nicomede Bianchi (1874), è chiaro che un aggiornamento era auspicabile, tanto più che l’autore viene tuttora ritenuto uno storico di partito. La biografia scritta da Bianchi, cui Toscano fa spesso riferimento, è definita apologetica da Simonetta Polenghi, che con l’Editrice La Scuola ha pubblicato, nel 1993, “La politica universitaria italiana nell’età della destra storica” , anch’essa ripetutamente citata da Toscano.  Detto ciò la figura di scienziato, politico e uomo che emerge dal libro di Toscano è indubbiamente interessante. Come scienziato, Carlo Matteucci va ricordato soprattutto per i suoi contributi all’elettrofisiologia. Citando Moruzzi, che nel 1964, sulla rivista Physis, ne esaminò l’opera in dettaglio, sono tre i punti da evidenziare. Il primo riguarda il controllo nervoso degli organi elettrici dimostrato da Matteucci con gli esperimenti sulla torpedine marina (1836, 1837, 1843-44); il secondo riguarda la scoperta delle correnti di demarcazione che si stabiliscono fra superficie integra e superficie lesa dei muscoli  delle rane (1842); il terzo la scoperta della scossa muscolare indotta (1842). Matteucci va ricordato anche per aver fondato e diretto con il chimico Piria la rivista “Il Cimento” e per  aver inaugurato con “La Pila di Volta” , la collana divulgativa “La scienza del popolo” (1867). Il libro di Toscano racconta, con abbondante  documentazione, l’intera vita e l’opera di Matteucci, parla dei suoi rapporti scientifici e politici e si sofferma anche sulla famosa polemica con Du Bois-Reymond, un classico nella storia della scienza.  E’ un libro ben riuscito, fluido e gradevole come un romanzo. Benché traspaia un atteggiamento benevolo da parte dell’autore,  consente al lettore di farsi un’idea obiettiva su Matteucci.


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