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I vantaggi del metodo scientifico nell’era della post-verità

Tempo di lettura: 4 mins

Una doppia recensione di Marco Taddia, dedicata a due libri sulla verità: Le gioie della scienza (Bollati Boringhieri, 2022), di Jim Al-Khalili, e Quale verità? Mentire, fingere, nascondere (ripubblicato nel 2023 da La Nave di Teseo), di Umberto Eco.

Crediti: Michael Carruth/Unsplash

È opinione diffusa che la bulimia informativa di cui molti si lamentano abbia contribuito non poco a farci entrare, da qualche decennio, quasi senza accorgercene, nell’era della post-verità. Siamo disorientati da un sovraccarico di notizie, fake-news e smentite, cosicché non è raro provare un certo imbarazzo se sentiamo il bisogno di formarci un’opinione sulla verità dei fatti.

Il termine post-verità si riferisce a una «Argomentazione, caratterizzata da un forte appello all'emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l'opinione pubblica» (Treccani). Pare che il primo a parlare di Post-Truth sia stato il drammaturgo serbo-americano Steve Tesich, che nel 1992 lo utilizzò nell’articolo A Government of Lies.

Ci chiediamo talvolta se sia possibile riacquistare, con l’aiuto del metodo scientifico, un minimo di controllo della situazione, insomma se è ancora possibile riuscire a distinguere il vero dal falso. Secondo Jim Al-Khalili (Bagdad, 1962), la risposta è affermativa e ce lo spiega in una delle otto brevi lezioni per esercitare il metodo scientifico contenute nel saggio Le gioie della scienza (Bollati Boringhieri, Torino, 2022). Al-Khalili è noto ai lettori italiani appassionati di divulgazione scientifica perlomeno da una decina d’anni, quando uscì, sempre per Bollati Boringhieri, La fisica del diavolo. Maxwell, Schrödinger, Einstein e i paradossi del mondo (2012). Al-Khalili è un fisico quantistico, docente di fisica teorica e di comunicazione scientifica all’Università del Surrey, presente spesso sui canali televisivi britannici e curatore di una serie radiofonica per BBC-Radio 4.

Le gioie della scienza, tradotto da Laura Servidei, conferma le doti di Al-Khalili come eccellente divulgatore. Il primo capitolo del libro, intitolato O è vero o è falso, è, con ogni probabilità, quello più attinente alle esigenze di chi sente il peso dell’odierno eccesso di informazione. Chi ne avesse la possibilità potrebbe leggerlo in parallelo con quanto scrisse sull’argomento il nostro Umberto Eco (1932-2016) in un arco di tempo che va dal 1969 al 2013 e che è stato recentemente ripubblicato da La Nave di Teseo (Milano, 2023), sotto il titolo Quale verità? Mentire, fingere, nascondere. In una bustina di Minerva del 1996 Eco spiegava perché nel corso delle campagne elettorali si dicevano molte bugie; scriveva: «…la vita va così un poco dappertutto. Ma è certo che talora si sente la nostalgia di qualcuno che ci dica la verità, solo la verità, nient’altro che la verità». Tuttavia, chi poteva riuscirci, se dai suoi scritti si arriva perfino a sospettare che egli ritenesse la verità un’illusione? Infatti, qualche anno dopo (1969), parlando dell’obiettività delle notizie, scriveva che «il compito del giornalista non è quello di convincere il lettore che egli sta dicendo la verità, bensì di avvertirlo che egli sta dicendo la “sua” verità». Una buona notizia, diceva Eco, è quella che distingue tra testimonianza sui fatti e testimonianza sui valori. L’obiettività, secondo Eco, significa dire «non si dà una notizia se non interpretandola, se non altro per il fatto di sceglierla».

Ma torniamo ad Al-Khalili, in un terreno più favorevole per gli scienziati. Egli ci consiglia di non accettare acriticamente tutto quello che vediamo o che ci viene detto, tenendo in considerazione tutte le prove affidabili e tutte le possibili opzioni, perché le verità oggettive esistono «indipendentemente dal fatto che ci si creda o meno».

Non è possibile qui parlare degli altri sette capitoli, ovvero sette lezioni per esercitare il metodo scientifico nella vita quotidiana, ma non si può trascurare quello che ci esorta a riconoscere i nostri pregiudizi prima di giudicare le idee degli altri, per non divenire prede del cosiddetto pregiudizio di conferma. Al-Khalili ci ricorda che «Tutti tendiamo a sentirci più a nostro agio protetti nella nostra bolla, circondati da persone che la pensano come noi…la nostra visione del mondo viene amplificata e si rafforza attraverso la ripetizione e la conferma…sviluppando pregiudizi e preconcetti che diventano molto difficili da rimuovere». Il pensiero scientifico può aiutare a “vaccinarci” contro questo e altri punti ciechi e Al-Khalili spiega in che modo.

Un altro capitolo d’attualità, in un mondo che fa emergere spesso la faziosità, è quello che ci esorta a non temere di cambiare idea, evitando quella che gli psicologi chiamano “dissonanza cognitiva”. Oggi che prolifera il “complottismo” è salutare anche la lezione che ci insegna a difenderci da esso, sotto le diverse forme in cui può disturbare il nostro bisogno di chiarezza.

Insomma, siamo di fronte due libri non solo di gradevole lettura ma anche molto utili, che si integrano a vicenda. Quello di Al-Khalili è arricchito da un glossario, una bibliografia e una ventina di consigli di lettura per approfondire gli argomenti trattati. È un’occasione di arricchimento personale che, una volta di più, ci mostra quello che l’autore chiama «la vera bellezza della scienza».

 


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