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Test utile per studi di popolazione, non ancora per il patentino

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Test sierologico per gli anticorpi di SARS-CoV 2 a Cisliano (Mi).

Tutti vogliono partire con i test sierologici, cioè il prelievo di sangue che cerca gli anticorpi per SARS-CoV 2. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha annunciato di volerlo fare ai 4.000 dipendenti del trasporto pubblico. Nel Comune lombardo di Cisliano lo fanno nella palestra della scuola locale, in Veneto, Toscana e altre regioni i test sono già in corso. Ogni regione, ovviamente, con la sua strategia. Tutti alla disperata ricerca della "patente di immunità".

Facciamola breve: una patente che dia una ragionevole certezza di essere immuni è impossibile, almeno per ora. Ma un uso del test per studi di popolazione e per certe categorie più esposte un senso ce lo potrebbe avere.

Tralasciamo i problemi tecnici delle certificazioni e validazioni. Ancora manca un test validato a livello europeo. Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA) ne ha appena approvato uno (della Cellex Inc) in "condizioni di emergenza sanitaria". Significa che in mancanza di alternative, il test viene considerato utile perché i benefici superano i rischi. In questo caso i rischi sono i risultati non corretti. 

I test rilevano la presenza di due anticorpi, le immunoglobuline M (IgM), che si producono in risposta al virus “parecchi giorni dopo l’inizio dell’infezione”, e le Immunoglobuliine G (IgG), che si manifestano in un secondo tempo, facendo seguito all’infezione. Se entrambi gli anticorpi sono rilevati dal test, la persona è immune.

Si può definire immune chi probabilmente non è più contagiabile perché ha già avuto e superato un contagio che gli ha permesso di dotarsi di anticorpi.

Sensibilità e specificità

Il test approvato dall'FDA ha sensibilità del 93.8% e specificità del 95.6%. Altri test in studio garantiscono valori anche superiori. L'Agenzia regolatoria dei medicinali del Regno Unito (MHRA) chiede che i test abbiamo valori di almeno il 98%.

Ma cosa indicano questi valori?

  • La sensibilità di un test è la capacità di individuare i veri casi positivi (in questo caso i veri immuni).
  • La specificità è invece la capacità di individuare i casi negativi (i non immuni).

Un test - poniamo - con il 95% di sensibilità e il 95% di specificità darà rispettivamente il 5% di falsi negativi e il 5% di falsi positivi.

L'affidabilità del risultato dipende dalla prevalenza degli immuni

Davanti a percentuali così alte si può credere che l’affidabilità del test sia molto elevata.

In realtà, se noi ci sottoponessimo a un test del genere, avremmo una probabilità molto più bassa di conoscere correttamente la nostra condizione. Poco superiore a quella di ottenere testa o croce tirando una monetina.

Come mai? Perché il risultato dipende dalla prevalenza (diffusione) della condizione ricercata nella popolazione, vale a dire la percentuale reale di immuni nella comunità.

Poniamo che sia immune il 10% di un campione di 10.000 persone, cioè 1.000, ipotesi peraltro realistica in Nord Italia.

Con sensibilità e specificità del 95%, il test sui 1.000 realmente immuni darebbe 950 immuni e 50 non immuni (5% di falsi negativi).

Il test sui 9.000 non immuni darebbe 8.550 non immuni e 450 immuni (5% di falsi positivi).

Questione di probabilità

Il problema è che nessuno ha modo di sapere se è un vero o falso positivo (o negativo). Quindi deve accontentarsi della probabilità che il suo test abbia dato un risultato corretto.
Tale probabilità, che rappresenta la proporzione delle persone risultate realmente positive (o negative) al test si calcola con una sempice operazione aritmetica.

  • Se il test è venuto positivo, si divide la porzione di quei 1.000 risultati positivi al test (950) per la somma di questi veri positivi (950) e i falsi positivi al test (450). Quindi 950/(950+450)=950/1.400= 0,67 = 67%. Il 67% è la probabilità di essere immune se si è risultati positivi al test. Non il 95%!
  • Se il test è venuto negativo, si fa la stessa operazione con i negativi. Cioè si divide la porzione di quei 9.000 risultati negativi al test (8555) per la somma di questi veri negativi (8555) e i falsi negativi al test (50). Quindi 8555/(8555+50) = 0,99 = 99%

Ricapitolando, se al test veniamo positivi, c’è il 67% di probabilità che lo siamo. Se invece veniamo negativi, la probabilità è del 99%.

Se gli immuni nella società sono La probabilità che il test positivo sia vero è La probabilità che il test negativo sia vero è
5% 50% 99%
10% 67% 99%
20% 82% 98%
30% 89% 97%
40% 92% 96%
50% 95% 95%
60% 96% 92%
70% 97% 89%
80% 98% 82%
90% 99% 67%

Patente individuale, forget it!

Se il test a cui si vogliono sottoporre gli italiani serve a rilasciare una “patente di immunità”, la cosa sembra azzardata. Il test sembra invece affidabile per escludere, in quel determinato momento, la presenza di anticorpi specifici contro SARS-CoV 2. Ma ricordiamo che all'inizio dell'infezione gli anticorpi possono non esserci ancora. 

Se quindi il test di immunità non ha al momento alcuna utilità clinica per conoscere il proprio stato rispetto a Covid, può servire a verificare la reale proporzione degli immuni rispetto ai non immuni nella popolazione.

Test multipli per tracciare il virus nella popolazione

Questo dato, non dovendo rilasciare patenti ma fotografare lo stato della popolazione, non necessita di stimare probabilità individuali (i calcoli fatti sopra), e quindi ha effettivamente una accuratezza del 95%. Se è vero che una prevalenza degli immuni del 60% potrebbe avere un effetto protettivo per tutti (effetto gregge), verrà il giorno in cui test di questo genere saranno importanti.

Già oggi, peraltro, una campagna di test multipli ben condotta può portare a risultati interessanti. Sembra essere il caso dell'indagine che partirà a breve a Castiglione d'Adda, comune lombardo messo in ginocchio dal virus. Sotto la direzone di Massimo Galli dell'Ospedale Sacco di Milano, la popolazione verrà sottoposta prima a un test rapido. I positivi verrano quindi sottoposti a tampone e test sierologico. "È fondamentale capire come il virus si è mosso qui, come sono avvenuti i contagi. Perché se vogliamo riaprire l'Italia dobbiamo farlo in sicurezza" ha dichiarato Galli. 

Il test potrebbe essere utilizzato allo stesso modo per certe categire più esposte. Per esempio, se utilizzato sui medici il test dovesse mostrare una diffusione dell’immunità nel 50%, il test potrebbe essere rifatto solo a loro con un potere predittivo più alto.

Su 10.000 medici, 5.000 sarebbero immuni e 5.000 no. L’errore sarebbe del 5% negli uni e negli altri (250) [1]. In presenza di un test positivo, quindi, il medico avrebbe una probabilità del 95% di esserlo davvero. E potrebbe tornare a lavorare con più tranquillità.

Ma senza abbassare la guardia, perché non si sa ancora quanto questa immunità possa durare (un anno?). Né si può escludere la sventurata ma improbabile ipotesi che una volta guariti ci si possa reinfettare.

 

Note
1. Il conto in questo caso è: veri positivi (4.750) diviso veri positivi (4.750) più falsi positivi (250). Quindi 4.750/5.000 = 0,95 = 95%.

 

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