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Il record negativo della sanità italiana

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Nel 2013 i mancati pagamenti della sanità nei confronti dei propri fornitori hanno toccato i 24,4 miliardi di euro (1). Tuttavia, anche se si tratta di una cifra importante, dal 2011 a oggi questo debito è via via diminuito, e i giorni di attesa per i pagamenti si sarebbero addirittura dimezzati.

Un problema, quello dei debiti della pubblica amministrazione, che non riguarda certo solo il settore sanitario. Secondo quello che riportava il Ministero dell'Economia e della Finanza lo scorso autunno relativi al 2013, sarebbero contati 75 miliardi di euro di debiti commerciali della pubblica amministrazione.

Una situazione che ha indotto, il 18 giugno 2014, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro il nostro paese, proprio per aver violato la Direttiva europea sui ritardi dei pagamenti, che era entrata in vigore un anno prima, nel marzo del 2013.
E non dimentichiamo che all'interno del panorama europeo siamo uno degli ultimi paesi per Pil investito nel comparto salute (6,9% secondo dati OCSE) e addirittura l'ultimo per quota percentuale della spesa sanitaria destinata alla prevenzione (0,5%, sempre secondo dati OCSE). Secondo elaborazioni della CGIA su dati della Corte dei conti, nel 2011 il debito complessivo del paese ammontava a 33,9 miliardi di euro, mentre nel 2013, come si diceva si è scesi a 24,4 miliardi. C'è da dire però che non è semplice un computo a livello nazionale perché come confermano tutte le recenti ricerche in merito, dall'OCSE al Libro Bianco di Giuseppe Costa, la sanità italiana non è altro che la somma delle realtà regionali che la compongono. In altre parole: disuguaglianze, disuguaglianze, disuguaglianze.

Se si guardano i dati sono infatti più le regioni che accanto al proprio nome hanno un asterisco che ne sottolinea alcune peculiarità, rispetto a quelle che non ne hanno. Il dato dei 33,9 miliardi di euro per esempio, non tiene conto delle informazioni relative all’indebitamento degli enti del Servizio sanitario regionale della Toscana e della Calabria per l’anno 2013, poiché alla data del 26 novembre 2014 questi dati non risultavano pervenuti. Il calcolo della variazione intervenuta tra il 2011 e il 2013 insomma, è stato effettuato al netto di questi dati, motivo per cui la stessa CGIA sottolinea che la cifra sia in realtà di molto sottostimata.

 


In termini assoluti le regioni più indebitate sono Lazio con 5,9 miliardi di euro, Campania con 3,8 miliardi, Lombardia e Piemonte con 2,2 miliardi e Veneto che tocca quota 2 miliardi. Dati che stupiscono poco, poiché queste appena nominate sono fra le regioni più estese e popolate d'Italia. Più interessante è invece andare a esaminare il debito pro capite, dove si scopre che la maglia nera, anzi nerissima, ce l'ha il Molise con 1400 euro di debito per abitante. In Lombardia il debito per ognuno dei residenti è un sesto di questa cifra.
In generale le regioni con un indebitamento pro capite più alto sono quelle in piano di rientro per disavanzo sanitario elevato, che hanno cioè sottoscritto con lo stato un programma di ristrutturazione dei fattori di spesa, come previsto dalla Legge Finanziaria 2005 e dall’Intesa Stato-Regioni dello stesso anno. Queste regioni sono Molise, Lazio, Campania, Piemonte, Abruzzo, Sicilia e Puglia e per alcune di esse, Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio e Molise, è previsto anche un Commissario per la prosecuzione del Piano.

Una differenza forte, quella fra regioni commissariate e non, che emerge anche nell'ultimo rapporto AGENAS sul monitoraggio della spesa sanitaria: una contrazione dell'1,59% nel periodo 2010-2013 contro un misero -0,05% delle regioni non in piano di rientro e una media regionale del -0,28%.

A proposito di disuguaglianze quindi, quello che emerge è un sud sempre più in difficoltà, anche quando si tratta di pagare i propri fornitori. Difficoltà oppure spreco delle risorse, come denunciava lo stesso Ministro Beatrice Lorenzin in un convegno tenutosi a Ferrara lo scorso novembre, secondo cui il settore sanitario avrebbe prodotto ben 30 miliardi di euro di sprechi.
Secondo la CGIA un contributo significativo potrebbe provenire dal potenziamento dell'infrastruttura dell'ehealth, quella che viene definita sanità elettronica, in particolare dall'introduzione della fattura elettronica, che come è stato deciso ancora dalla Finanziaria del 2008, diventerà obbligatoria per le pubbliche amministrazioni a partire dal 31 marzo 2015.


Importanti differenze regionali si notano infine anche sui tempi di pagamento, che nel 2014 hanno superato i due anni in Calabria e Molise. Per contro c'è da dire che c'è chi come Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta che è riuscito a evadere il debito in meno di 90 giorni. Una media quindi, quella italiana di 195 giorni, decisamente poco significativa, anche se in calo rispetto ai 300 giorni medi del 2011. Mediamente infatti, come emerge dal grafico, anche su questo fronte le cose al sud vanno peggio che al nord: una locomotiva le cui ruote girano con fatica, e che sembra sia riuscita a recuperare meno terreno negli ultimi 4 anni rispetto ad altre regioni.

(1) Sul tema dei mancati pagamenti del settore sanitario, secondo recenti dati diffusi dalla CGIA di Mestre emergerebbero due notizie: una buona e una meno buona.


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