Se si scorrono
i numerosi articoli nella letteratura scientifica e divulgativa si resta
colpiti da quanto il dibattito scientifico e filosofico sull’Uomo di Neandertal
sia estremamente vivo e ricco di colpi di scena.
Centinaia sono gli studiosi impegnati,
anche oltreoceano, in accorati convegni a discutere della sua biologia, vita
sociale, sussistenza e soprattutto del comportamento.
Quest’ultimo aspetto
marca uno dei picchi di attenzione verso le cause che hanno portato alla
scomparsa dei nostri “cugini” poco prima di 40 mila anni fa: come si rapportavano
in confronto all’ambiente e alle innumerevoli risorse – alimentari e non - che
questo offriva? Quant’era profondo il grado di conoscenza del territorio in cui
si muovevano, degli animali che vi abitavano, dei giacimenti di rocce da
scheggiare? Quali sistemi di identificazione adottavano per loro stessi, le
proprie famiglie e i membri dei gruppi sociali?
Gli interrogativi non lasciano
dubbi: identificare tra i Neandertal comportamenti etnograficamente “moderni”,
cioè più prossimi al modo “sapiens” di pensare e strutturare la società, porta inevitabilmente
ad interrogarsi sulla loro origine: autoctona o il risultato di interazioni con
i primi sapiens Anatomicamente Moderni che si affacciarono sull’Europa forse
già 45mila, ma sicuramente 42mila anni fa?
Se, da un lato,
il confronto con il DNA fossile neandertaliano rivela le tracce di un flusso
genico verso i sapiens euro-asiatici, dall’altro l’archeologia esclude contatti
di lunga durata tra le due forme biologiche, sostenendo piuttosto l’emergenza
autonoma tra i Neandertal di certe invenzioni nella scheggiatura della pietra, nella
lavorazione dell’osso e, di importanza fondamentale, nell’impiego di materiali
ad uso ornamentale. Pietre incise, conchiglie marine e canini di volpe ed orso
perforati suggeriscono un’attenzione verso l’adorno del corpo o degli abiti,
arricchita dall’impiego di polveri coloranti ricavate dalla triturazione di
ossidi di ferro e manganese, compatibilmente con quanto effettuato dai primi sapiens e tra le popolazioni primitive.
A rafforzare l’opinione
di quanti pensano che Neandertal avesse comportamenti astratti molto simili a
quelli del “cugino” H. sapiens anatomicamente moderno, vi sono recenti scoperte
archeologiche di unicità straordinaria, emerse in seguito a scavi e studi
condotti su resti ossei di uccelli. I reperti provengono da varie grotte del sud
dell’Europa, sparse tra Penisola Iberica, Francia e Italia settentrionale, come
le Grotte di Gibilterra, Combe Grenal in Francia e Grotta di Fumane nelle Prealpi
Venete.
Le ricche testimonianze paleontologiche e archeologiche conservate nei
depositi di riempimento di quest’ultima cavità sono state oggetto di ricerche promosse
dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici in collaborazione con vari entri
di ricerca e rappresentano una precisa documentazione della vita dei Neandertal
e dei primi sapiens, tanto da registrarne fedelmente la sostituzione biologica
e culturale lungo una sequenza stratigrafica scandita dettagliatamente dalle
datazioni radiocarbonio.
Grazie al
perfetto stato di conservazione delle ossa, sono state riconosciute tracce microscopiche
di tagli effettuati con schegge di pietra su ossa dell’ala come l’omero
distale, l’ulna, il carpometacarpo. La distribuzione dei tagli, talora attorno
ai bottoni di innesto delle penne remiganti, suggerisce il recupero forzato di
questi vistosi elementi oppure di porzioni dell’ala.
Figura 1: Ulna di Gracchio alpino con incisioni prodotte da uno strumento litico durante il distacco delle penne remiganti.
Le ossa in questione sono riferibili
infatti a grandi rapaci come il gipeto, l’avvoltoio monaco e il falco cuculo, e
ad altri uccelli (gracchio alpino e colombaccio), e appartengono a porzioni di scarso
interesse alimentare, da cui il recupero delle penne richiede tuttavia strumenti
da taglio per risolvere la resistenza degli innesti. Va ricordato che confronti
archeologici ed etnografici attestano queste pratiche solo a partire da 15mila
anni fa enei tempi successivi fino al medioevo.
L’utilizzo
ornamentale delle penne a Fumane esclude eventuali ipotesi di un loro impiego nell’impennaggio
di frecce o giavellotti lanciati con il propulsore, in quanto questi strumenti erano
di esclusivo appannaggio dei sapiens.
Piuttosto, rimanda alla vastissima documentazione etnografica riferibile
all’arte piumaria delle popolazioni primitive attuali e sub-attuali, connessa all’adorno
di abiti, oggetti, abitazioni ed individui anche di rango, oppure all’araldica
in uso ad esempio tra i nativi del nord-america. Inoltre alle penne, di varia
forma e colore, si aggiungevano gli artigli, solitamente dell’aquila, i cui
resti peraltro non mancano a Fumane, a suggerirne l’estrazione forzata dal
volatile.
Figura 2: Una nuova immagine del Neandertal. Poche, ma incontrovertibili scoperte suggeriscono l'impiego di pigmenti minerali, pelliccia di volpe e elementi avifaunistici per l'adorno del corpo.
Oltre a questa
importante evidenza, si segnala sempre nello stesso sito la scoperta di un monile
abbandonato dai Neandertal attorno a 47,6mila anni fa. Si tratta di un gasteropode
fossile pliocenico, Aspa marginata, che presenta tracce di ocra e delle
usure che ne suggeriscono l’utilizzo come elemento ornamentale.
Oltre a
retrodatare di decine di migliaia di anni questi comportamenti nella storia
evolutiva umana, considerati comunemente appannaggio
di società più complesse, le evidenze contribuiscono a modificare
l’immagine di “bruti” che per oltre cento anni ha ingiustamente accompagnato,
nella letteratura scientifica e non, questo nostro stretto parente.