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Cina, il “Nuovo Mondo” della ricerca

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Shanghai, giugno 2011. Io e Dionisio ci troviamo all’esterno dell’800 Show, un grande impianto espositivo nel quartiere storico di Jing’An, nel cuore di Shanghai. All’interno, “Agorà”, una mostra del CNR composta da exhibits riguardanti i grandi scienziati dell’antichità come Archimede e Aristotele, Pitagora o Eratostene, registra da giorni migliaia e migliaia di visitatori. Dopo un lungo viaggio è approdata in Cina e ha iniziato da poco un lungo tour in giro per le principali città del paese.

Dionisio mi racconta di come sia arrivato qui per la prima volta nel 1987, l’anno successivo alla prima significativa apertura delle frontiere voluta da Deng. “Qui, dove ora vedi i grattacieli e i centri commerciali”, mi racconta, “non c’era nulla, ma proprio nulla. Non solo non c’erano i palazzi, ma nemmeno le case. Ogni tanto passava una macchina, ma era o dei militari o del partito. Non c’erano le motociclette o gli autobus. Chi era ricco qui aveva al massimo una bicicletta, gli altri si arrangiavano.” Dionisio Cimarelli è un artista marchigiano, lavora e vive da sette anni in Cina, dove ha trovato un mercato florido per le sue opere e dove ha potuto constatare come il volto di questa nazione sia completamente cambiato nel giro di pochissimi anni.
Nel corso di questa mostra itinerante, realizzata dal CNR-PSC in collaborazione con il Festival della Scienza di Genova, ho avuto l’occasione più unica che rara di trovarmi a vagare per cinque mesi tra Science centers, musei e laboratori didattici dedicati a tematiche scientifiche, in alcune delle più belle città dell’Impero Celeste. Il ruolo di travelling exhibition assistant che mi ha permesso di viaggiare e conoscere scienziati, politici, professori, giornalisti e divulgatori di ogni età, oltre al fascino e al divertimento in sé, mi ha consentito di tastare con mano lo stato dell’arte in campo scientifico nella “Terra di mezzo”.
Ho potuto così osservare un mondo in evoluzione, in grado di svilupparsi e cambiare il suo volto nel giro di pochissimi anni, fino al punto di essere totalmente irriconoscibile: il paese delle superstizioni, della medicina tradizionale e della chiusura al mondo esterno ha cambiato radicalmente il proprio volto in poco più di tre decenni.

Oriente e Occidente a confronto

Gli exhibits in legno di Agorà, che ricostruivano le antiche creazioni delle grandi menti dell’antichità occidentale, ospitati da musei dedicati alla tradizione scientifica cinese, hanno dimostrato come ci sia stato in questi anni un forte avvicinamento e confronto tra le due culture. Grande orgoglio da parte del popolo cinese nel raccontare la propria storia scientifica, le antiche tradizioni della medicina tradizionale (anche se spesso non supportate da evidenza scientifica) e la paternità delle sue “quattro grandi invenzioni” (carta, stampa, polvere da sparo e bussola) sono così andate di pari passo con l’interesse per le origini della cultura occidentale. Noi infatti diamo per scontato che tutti conoscano Pitagora, ma quando qui viene mostrato un exhibit che dimostra il suo teorema, qui il pubblico afferma “Ah, Gougu!”, dato che il teorema di Gougu è l’esatto equivalente cinese di quanto elaborato dallo scienziato siracusano nel III secolo a.C.: chi sia arrivato prima, non è dato sapere. Di certo però le due scoperte sono avvenute indipendentemente. E come per questo teorema, anche altre scoperte di fisica e matematica hanno le loro origini “cinesi”, del tutto distaccate dal mondo occidentale.

La “rivoluzione” di Deng Xiaoping

A partire dalle prime riforme economiche, operate da Deng Xiaoping a partire dal 1978, che hanno portato all’apertura dei mercati e del commercio con l’Occidente e a uno stravolgimento totale nell’economia non solo nazionale ma di tutto il globo, le risorse dedicate allo sviluppo tecnologico in Cina sono costantemente aumentate. Oggi, mediamente, gli investimenti dedicati al settore ricerca e sviluppo si accrescono ogni anno con un tasso del 20%, e già adesso il colosso asiatico svetta come prima nazione al mondo per numero di ricercatori (circa 1,5 milioni). Certo, i grandi numeri sono da sempre complici della Cina, il paese più popoloso al mondo con quasi 1,4 miliardi di abitanti, così come il nulla totale in campo scientifico-tecnologico che ha preceduto le riforme di Deng gioca un ruolo fondamentale nel causare un trend così marcatamente positivo.
Il paese, devastato dalla folle Rivoluzione Culturale di Mao di fine anni Sessanta, con il suo accanimento totale contro gli intellettuali di qualunque risma e ulteriormente provato dai dissidi interni successivi alla morte del suo leader ideologico, alla fine degli anni Settanta era quasi totalmente scevro da qualunque tipo di ricerca in campo scientifico. Da questo zero assoluto il boom tecnologico di questi anni rappresenta un evento di per sé ancora più clamoroso. Complice di questa crescita anche l’apertura selvaggia dei mercati, che ha portato la Cina a sfruttare il basso costo del lavoro per diventare una delle principali potenze economiche sul piano internazionale, attirando massicci investimenti da parte delle nazioni occidentali.
Tutti questi eventi hanno pesantemente influito sulla ricerca scientifica. Un autentico fiume in piena di quattrini provenienti da tutto il mondo ha travolto una nazione povera sino a soltanto quattro decadi fa, e questo cambiamento di rotta ormai si può vedere in ogni aspetto della sua attuale gestione politica. Gli investimenti pubblici nella ricerca hanno ormai raggiunto e superato il limite del 2% del Pil, superando già adesso la media europea e puntando con decisione al 3%, che verrà presumibilmente raggiunto nel giro di pochi anni; questo trend è destinato a crescere ancora, grazie a massicci capitali pubblici destinati in particolare alla ricerca medica, allo sviluppo dei trasporti e delle infrastrutture e nel campo delle energie alternative, in cui la nazione asiatica primeggia; non solo: musei di storia naturale e science centers nascono in ogni grande città, e sono presi d’assalto da milioni (milioni!) di visitatori ogni anno.

Un successo di pubblico

Una grossa spinta al successo dei musei di storia naturale è stata data da alcune importantissime scoperte in campo paleontologico, e, come è ben noto, i dinosauri si rivelano da sempre essere una grandissima attrazione per il grande pubblico, in particolare per i più piccini. E così in breve tempo è nato il primo Dinosaurs Park cinese nella regione dello Jiangsu, e sempre più grandi sono gli spazi nei musei destinati alle più recenti scoperte di dinosauri.
Un’altra importante spinta di sensibilizzazione del grande pubblico sulle tematiche scientifiche è stata data dal programma di esplorazione spaziale, in particolare dal lancio della capsula Shenzhou V nel 2003, che ha portato l’astronauta Yang Liwei in orbita, rendendo la Cina il terzo paese, dopo URSS e USA, a realizzare indipendentemente missioni spaziali con equipaggio. Nel corso del mio peregrinare per le terre cinesi ho conosciuto anche Andrea, dottorando in Ingegneria Aerospaziale all’Università di Guangzhou, che in Cina ha iniziato la sua carriera di ricerca, sfruttando le tante occasioni qui disponibili.
E poi i trasporti e le infrastrutture: il rimodernamento della rete autostradale e la rete ferroviaria veloce stanno rendendo gli scambi interni molto più efficienti. È poi in fase di realizzazione il progetto faraonico di un lunghissimo ponte di circa 50 chilometri che congiungerà Hong Kong, Zuhai e Macao e che presumibilmente vedrà la luce nel 2016. Nonostante gli altissimi costi, è in fase di progettazione la creazione di un treno a levitazione magnetica che colleghi Shanghai (dove già ne esiste uno che fa da spola tra il centro e l’aeroporto) fino ad Hangzhou, a oltre mille chilometri di distanza.
L’accresciuto interesse del grande pubblico per la scienza e per la tecnologia, fortemente voluto dal governo centrale, è strettamente legato all’apertura al mondo esterno, e in particolare all’occidentalizzazione della società. Anche se per molti apparirà inaspettato, viste le recenti cronache, anche se in buona parte smentite, che descrivono Pechino come una delle città più inquinate al mondo, i cinesi hanno una cultura ecologica e di rispetto dell’ambiente molto forte, come testimonia sia l’esposizione permanente nel padiglione cinese dell’Expo di Shanghai, dedicata alla creazione di città sostenibili e alle energie alternative, sia la presenza di tante, tantissime macchine elettriche o ad alimentazione ibrida.

Uno studio Thomson Reuters di fine 2009, a firma di Jonathan Adams, Christopher King e Nan Ma, intitolato “CHINA – Research and collaboration in the new geography of science” ha disegnato uno scenario inaspettato, in cui la nazione asiatica, grazie ai massicci investimenti di questi ultimi anni, si è portata al secondo posto in assoluto al mondo, seconda solo agli Stati Uniti, per quanto riguarda gli articoli e le pubblicazioni scientifiche, con il sorprendente numero di 112.000 articoli scientifici nel 2008 e un aumento del 560% in soli dieci anni; per quanto riguarda il numero complessivo di studenti universitari (circa 25 milioni rispetto ai 5 milioni di soli quattordici anni fa, un quinto del totale mondiale), la Cina è già oggi la prima nazione a livello mondiale.
La chiave del cambiamento, così come per l’economia, è stata l’apertura delle frontiere e la collaborazione col mondo esterno: la cooperazione con le nazioni più sviluppate ha portato alla nascita di molti programmi di scambio culturale, di cui “Agorà” è solo un piccolo esempio. L’importanza di questa scelta si può notare nel numero di studenti cinesi presenti in università all’estero (280.000 totali) e anche nelle pubblicazioni scientifiche: circa un decimo degli articoli di ricercatori cinesi portano infatti la firma di un partner straniero.
Non c’è però rosa senza spine: in questi ultimi mesi, complice la denuncia pubblicata recentemente su New Scientist dal giornalista scientifico Shi-min Fang, è divenuta nota al grande pubblico una diffusa compravendita di articoli scientifici peer-reviewed, oltre a fenomeni tutt’altro che rari come il plagio e l’esagerazione dei titoli scientifici degli autori. Se ne è parlato anche su Scienza in Rete, e la risposta pubblicata su Science da parte di Wei Yang, Presidente della National Natural Science Foundation of China e professore della Zhejiang University di Hangzhou, in cui viene fatto notare come le frodi scientifiche in Cina siano sensibilmente diminuite negli ultimi anni, ha smorzato solo in parte la questione, che andrà sicuramente seguita con molta attenzione in futuro.

Quale sarà il futuro in campo scientifico dell’Impero Celeste? Al giorno d’oggi è impossibile dirlo: troppo veloci e imprevedibili i mutamenti in atto. Ciononostante, quel piccolo mondo fatto di superstizioni e ingenuità è ancora vivo, e tradisce le origini di un paese che forse sta crescendo troppo alla svelta. Mi ricordo di un mio collega cinese che, pochi anni fa, era particolarmente impaurito all’idea di volare in aereo durante un’eclissi solare.
La tradizione cinese racconta infatti che durante l’eclissi il sole scomparisse alla vista, divorato da un dragone, che doveva essere scacciato dal lancio di frecce e giavellotti e dal rumore di tamburi e pentole.
Oggi questa superstizione è sorpassata, ma per secoli è stata radicata nella cultura tradizionale; soltanto il tempo farà abituare la gente comune a cambiamenti così rapidi e imprevedibili.


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