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EUROPLAN II: verso un Piano Nazionale per le malattie rare

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Il 28 gennaio scorso sono stati presentati a Roma il risultati dei sei gruppi di lavoro della conferenza Nazionale EUROPLAN II promossa da UNIAMO FIMR Onlus con l’obiettivo di supportare lo sviluppo e l’implementazione di un Piano Nazionale per il trattamento delle malattie rare (PNMR). Anche se l’atmosfera è stata positiva, i risultati che sono emersi parlano chiaro: c’è ancora molto lavoro da fare per adeguarsi alle Raccomandazioni Europee, sia dal punto di vista organizzativo, che economico. “Le problematiche che abbiamo dovuto e che dovremo affrontare - spiega Renza Galluppi, presidente di UNIAMO – sono ancora molte, a partire dalla definizione delle principali linee guida del progetto, a cui abbiamo lavorato in questi due giorni e che confluiranno poi nella proposta operativa che consegneremo al ministero a fine mese. Per non parlare delle difficoltà sul piano burocratico ed economico, che rendono spesso complesso per le regioni accedere ai fondi.”

Riguardo al primo aspetto, i gruppi che si sono confrontati durante la conferenza romana sono stati sei, uno per ogni area di obiettivo della bozza del PNMR, e hanno raccolto intorno a un tavolo più di 120 partecipanti in rappresentanza di tutti i portatori di interesse del settore: pazienti, ricercatori, federazioni e società scientifiche dei medici e istituzioni. A partire dalla Governance, passando per i registri per la definizione di una codifica univoca delle malattie rare a livello internazionale, ai percorsi diagnostici e terapeutici, alla ricerca, all’informazione e la formazione, senza dimenticare la prevenzione, sebbene quest’ultimo gruppo non sia previsto dalla normativa europea.
“La prima cosa che è emersa e che ci ha spinto a riflettere – prosegue la Galluppi – è stata in particolare la mancanza di un glossario comune, una definizione universalmente riconosciuta dei termini che vengono utilizzati nei documenti per definire un problema. È una questione fondamentale per un dialogo  che eviti fraintendimenti e quindi la costituzione di un glossario comune sarà il primo obiettivo da raggiungere.”

Ma oltre alle questioni specifiche di ogni singolo gruppo, quello che si è reso necessario è stato confrontarsi su alcuni temi trasversali. Prima fra tutte la sostenibilità, specie economica, di un piano nazionale siffatto, oltre al cosiddetto empowerment, che ha lo scopo di migliorare la qualità della vita dei pazienti lavorando a livello individuale, organizzativo e di comunità. “Il problema della sostenibilità economica è oggi infatti tutt’altro che banale per la buona riuscita di un piano nazionale”, spiega la Galluppi. “I 5 milioni di euro dell’emendamento di stabilità per lo screening neonatale esteso ad esempio non sono sufficienti affinché questo programma vada oltre la fase pilota, di esperimento. Sono necessari maggiori fondi e non è facile trovarli – prosegue la Galluppi – perché prima di tutto manca una corretta informazione nei confronti delle regioni, che non sanno come attingere ai vari fondi strutturali 2014-2020 messi a disposizione dall’Europa, per non parlare della complessità delle procedure.”
Anche in questo caso quindi, come spesso avviene nel nostro paese, l'intricata burocratizzazione sembra incidere pesantemente sulla buona riuscita di un piano nazionale. “Dalle nostre verifiche è emerso che una parte di un fondo che era stata destinata alle malattie rare dalla finanziaria del 2003, a partire dal 2008, quando il fondo ha cambiato gestione, non è più vincolata alle malattie rare. Come possono dunque le regioni avere accesso al fondo senza un’esaustiva procedura?”, domanda la Galluppi. “Noi intendiamo lavorare in questo senso nella direzione di un unico tavolo unico tavolo in cui siano rappresentanti tutti gli stakeholder di settore e che lavori per sottogruppi, in modo da garantire un accesso semplice e immediato ai fondi, come inizio per una buona pratica sul territorio”.
Queste dunque le principali linee guida emerse dalla conferenza del 28 gennaio scorso, i cui risultati nella loro interezza saranno inseriti in un documento che verrà presentato il 28 febbraio in occasione della Giornata Nazionale delle Malattie Rare, in cui saranno presenti le due priorità individuate dai ognuno dei sei gruppi, per un totale di 12 punti finali, che daranno il via a un’analisi della situazione italiana che si concluderà il 28 febbraio 2015.

La conferenza Europlan II però è solo l'ultima stazione di una peregrinazione cominciata oramai quattro anni fa e che incontrato sul suo cammino non pochi ostacoli. I primi passi del progetto sono cominciati infatti nel 2010, quando è stato dato il via al primo progetto EUROPLAN per valutare lo stato dell’arte sulle malattie rare e per tentare di avviare un percorso per la definizione di un Piano Nazionale che inglobasse le Raccomandazioni Europee del 2009. La prima conferenza, organizzata a Firenze nel novembre 2010 ha portato ottimi risultati: la bozza di PNMR, presentata dal Ministero della Salute in data 18 dicembre 2012 ha infatti recepito molte delle istanze emerse in sede della prima Conferenza EUROPLAN ed è stata successivamente oggetto di una consultazione pubblica che si è chiusa a febbraio 2013 con l’obiettivo di addivenire all’adozione del Piano entro il 2013. “Purtroppo però – spiega la Galluppi - nel frattempo è cambiato il governo e le nostre scadenze sono slittate, obbligandoci a una vera e propria corsa contro il tempo per integrare le modifiche necessarie affinché il nostro Piano Nazionale rispecchi definitivamente le raccomandazioni europee”.
Per capire se questo secondo round potesse ragionevolmente essere programmato entro la fine del 2013 nell’aprile scorso si è tenuto a Roma il primo incontro dello Steering Committee, che ha visto la partecipazione di enti terzi entrati in corsa al progetto. Ma quale è stato il ruolo delle istituzioni nella definizione di un piano comune di lavoro? “Purtroppo non siamo riusciti a colloquiare con il Ministero dell’Istruzione e con quello dell’Innovazione – spiega la Galluppi – che erano impegnati in altri lavori, anche se abbiamo avuto il contributo significativo del Ministero della Salute, seppure non per quanto riguarda la ricerca.” Ad ogni modo la scelta di posticipare la Conferenza a gennaio 2014, rischiando che il piano nazionale si chiudesse entro il 2013 si è rivelata una felice intuizione. “Il piano infatti non si è chiuso con la fine dell’anno appena trascorso, e di conseguenza auspichiamo che i nuovi punti emersi durante i lavori appena terminati possano essere inseriti tra i lavori del nuovo Piano Nazionale.”

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