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Addio agli anelli: il ritorno degli acceleratori lineari

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di MCS
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L’agenda della fisica delle alte energie, dopo l’annuncio della scoperta del bosone di Higgs, si infittisce di nuove risposte da cercare. Al contrario di chi, raggiunto il traguardo, postulava povertà di obiettivi, il completamento del Modello Standard è tutt’altro che una stazione di fine corsa: il bosone di Higgs è unico o fa parte di una famiglia? Perché interagisce di più con alcune particelle, di meno con altre? E perché ha proprio quella massa, 125 GeV?
Capire le caratteristiche di questa particella e svelare la presenza delle supersimmetriche – quelle teorizzate a conferma dell’esistenza della materia oscura – fa sorgere l’esigenza di strumenti più precisi anche se meno potenti.
Da qui la scelta di ritornare ad acceleratori di particelle rettilinei, da affiancare a quelli circolari ora in uso – il più grande tra tutti l’LHC di Ginevra -, che sfruttino la linearità del cammino dei fasci, riducendone lo spessore e dando loro il massimo dell’energia. Progetto candidato è l’International Linear Collider (ILC), macchina lunga ben 31 km, pari a 310 campi da calcio, in cui a scontrarsi saranno l’elettrone e la sua anti-particella, il positrone.
L’ILC è concepito come un lungo tunnel avente due acceleratori uno di fronte all’altro – da cui vengono espulse le particelle –, un anello per l’inversione di marcia ad entrambe le estremità e, al centro, un giro di smorzamento e due rivelatori, rispettivamente fuori e dentro la traiettoria. Dopo aver girato lungo l’anello centrale, ogni particella percorre la metà opposta del tunnel ma, arrivata all’estremità, fa marcia indietro grazie all’anello laterale, per poi infine andare a collidere al centro, a livello dei rivelatori, con l’anti-particella. In gruppi di 20 miliardi ma in un’area inferiore alla sezione di un capello umano, gli elettroni e i positroni si scontrano 14mila volte al secondo con un’energia che raggiunge i 500 GeV (miliardi di elettronvolt, ndr): l’idea di base è quella di sfruttare la loro annichilazione per studiare, con maggiore precisione, la gamma di particelle che possono generarsi dall’evento di collisione. A dare sempre più energia agli elettroni e positroni, accelerandoli lungo il tunnel, è una sequenza di cavità a radiofrequenza in niobio puro, metallo che a bassissime temperature prossime allo zero assoluto si comporta da superconduttore, permettendo il passaggio della corrente elettrica a resistenza nulla.
Nel progetto dell’ILC è previsto un incremento dell’energia a 1 TeV (mille miliardi di elettronvolt, ndr), rispetto ai 14 TeV con cui, nel 2015, rientrerà in funzione l’LHC di Ginevra; ma la riduzione della cosiddetta luce di sincrotrone – l’energia persa dalle particelle ad ogni giro di percorso – fa dell’ILC la migliore macchina in assoluto nell’accelerazione degli elettroni.  Il sito in cui verrà costruito si trova nel nord del Giappone, all’interno della prefettura di Iwate nelle vicinanze della catena montuosa Kitakami, valutata geologicamente stabile ai terremoti e rivelatasi protezione naturale allo tsunami del 2011.

Grandi costi per grandi benefici

Il costo dell’ILC, stimato prima della scelta del sito, è pari a circa 8 miliardi di dollari, ma la cifra – che possiede un’incertezza del 25% - non include le emergenze, il lavoro di ricerca e sviluppo prima dell’inizio della costruzione, il prezzo dei rivelatori e la preparazione del sito. Almeno la metà del costo totale è a carico della nazione ospite, cioè il Giappone; il rimanente viene diviso tra i Paesi partecipanti, che possono offrire la loro parte sotto forma di manodopera o fabbricazione di porzioni della macchina piuttosto che in somme di denaro. Al di là del contributo versato, il ritorno per l’economia interna di un paese è tutt’altro che trascurabile: proprio come l'LHC diede un sostanziale aiuto all’economia europea, allo stesso modo l’ILC è un’occasione per rimarginare l'economia giapponese temporaneamente devastata dallo tsunami di due anni fa.
Il team internazionale del progetto ILC, capitanato dal fisico sperimentale Barry Barish, unisce più di 2mila persone, tra scienziati, ingegneri, tecnici, esperti di software, economisti e studenti. Ciò che si forma, ad ogni nuova iniziativa della fisica dei grandi progetti, è una vera e propria comunità interdisciplinare e multietnica, una rete auto-organizzata di persone con un unico obiettivo da raggiungere e molteplici ostacoli da superare. Ma il travaso di conoscenza non avviene solo attraverso i confini di un paese e un altro: accade anche tra i diversi settori disciplinari, tra i più svariati campi di applicazione, in maniera indiretta e a volte in un periodo di tempo così lungo da stentarne l’origine. Le capacità tecnologiche sviluppate per un grande progetto finiscono inevitabilmente per creare un indotto di potenzialità in altri settori. Ne è un esempio pratico GRID, l’avanzato software di gestione e condivisione delle informazioni, sviluppato al Cern per far fronte all’immane quantità di dati prodotti dall’acceleratore: forgiato per scopo medico, è nato MammoGrid, database europeo delle mammografie condivise tra medici e ospedali.
Altro esempio di tecnologia uscita dai laboratori di fisica, poi entrata a far parte degli ospedali, è la PET (Positron Emission Tomography, ndr), strumento medico diagnostico essenziale in campo oncologico. Fuori da ogni apparenza, è la salute dell’uomo a giovarne, ma anche quella ambientale: la tecnologia della superconduttività, da anni ampiamente studiata per gli acceleratori, potrebbe fornire una soluzione al problema delle scorie radioattive, mutando i rifiuti pericolosi in nuclei stabili innocui. E al beneficio economico, che fiorisce dall’esperienza industriale maturata per lo sviluppo di queste grandi macchine, si aggiunge il beneficio culturale che getta i semi della curiosità nelle nuove generazioni.

Competitori o alleati

All’orizzonte della fisica delle alte energie il progetto ILC non è solo. Al suo fianco, vi è il CLIC (Compact Linear Collider), acceleratore lineare di particelle elettroni-positroni a firma del Cern, capace di raggiungere range energetici del multi-TeV con la stessa lunghezza di percorso dell’ILC. Per conquistare gradienti di accelerazione così elevati senza aumentare la distanza e senza l’uso di superconduttori, viene sfruttata una nuova tecnologia: il trasferimento di potenza tra due fasci paralleli. Come una staffetta, fasci guida acquistano potenza e, frenando, la cedono al fascio principale. La ricerca dell’infinitamente piccolo può procedere contemporaneamente attraverso due grandi progetti, nonché due grandi investimenti? La globalità non sempre è sinonimo di complicità, ma la facile carenza di fondi può diventare principio di una, se pur difficile, alleanza.
Dal settore degli acceleratori circolari, la sosta dell’LHC di Ginevra è accompagnata da un nuovo fermento: un progetto che getta le basi per un successore 4 volte più grande e 7 volte più potente.
Saranno competitori o alleati? La loro diversa potenzialità è la miglior risposta per una sfida comune.  

Alessandra Liguori

Riferimenti
http://www.linearcollider.org/
http://newsline.linearcollider.org/
ILC Technical Design Report
http://press.web.cern.ch/
http://clic-study.org/index.php
http://www.nature.com/news/physicists-plan-to-build-a-bigger-lhc-1.14149
http://cds.cern.ch/


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