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Le prime voci sul nuovo Rapporto IPCC

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La prima parte del V Rapporto dell'IPCC (nome in codice: WGI AR5) uscirà questa settimana. E' frutto del lavoro di 259 esperti, tra autori e revisori di 39 Paesi diversi, che hanno raccolto, analizzato e valutato più di 9200 pubblicazioni sulle basi fisiche della scienza del clima. In sostanza, la sintesi più completa di quello che in futuro potrà accadere nell'atmosfera e sulla superficie terrestre, negli oceani, ai ghiacciai e alle calotte polari. Per dare un'idea della vastità dello studio, dall'inizio dei lavori del Working Group I (maggio 2010) sono stati valutati più di 2 milioni di gigabytes di dati ottenuti da modelli di simulazione. Il documento finale, in 14 capitoli, dovrebbe superare le 2000 pagine.
L'ultima fase di revisione e approvazione si svolge a Stoccolma, dal 23 al 26 settembre, dopodichè il documento definitivo verrà pubblicato e il riepilogo sarà disponibile anche online.

E' solo il primo degli appuntamenti che porteranno al completamento, nel corso del prossimo anno, del V Rapporto di Valutazione dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (l'ultimo risale al 2007). I lavori del Working Group II e del WGIII, che si occupano rispettivamente di “Impatti, Adattamento e Vulnerabilità” e “Mitigazione dei Cambiamenti Climatici”, si concluderanno a marzo e ad aprile 2014. Il rapporto di sintesi (SYR) sarà terminato ad ottobre 2014. Come si legge nelle anticipazioni ufficiali, rispetto al rapporto del 2007 è stato dato più spazio agli aspetti socio-economici dei cambiamenti climatici ed alle implicazioni per lo sviluppo, ai temi che riguardano i rischi, l'economia e l'etica, oltre ad informazioni aggiornate sulla stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra (che quest'anno hanno superato la soglia record di 400 ppm).

Cosa ci sarà di nuovo nel WGI AR5?

Sulle novità contenute nell'imminente rapporto del Working Group I ci sono dettagli più precisi. Di pari passo con i progressi della ricerca sul clima, è stata fatta un'analisi più completa dei dati su scala regionale, che includerà fenomeni climatici chiave come i monsoni e il ciclo dell'ENSO (El Niño Southern Oscillation). Sono stati dedicati capitoli specifici alla scienza delle nuvole (nefologia) e degli aerosol, alla variazione del livello del mare e al ciclo del carbonio. Le proiezioni sono state trattate in modo più esteso, distinguendo tra breve e lungo periodo e le conclusioni sono state raccolte in un atlante delle proiezioni globali e regionali, un nuovo strumento pensato per rendere più facile la comprensione e semplificare il passaggio delle informazioni più importanti al Working Group II, che si occupa di valutare gli impatti dei cambiamenti climatici e le strategie di adattamento.

Fuga di notizie: cosa dicono le bozze?

I mezzi di informazione e gli addetti ai lavori non si sono rassegnati ad aspettare passivamente la diffusione dei documenti ufficiali. Da mesi sul web e sui giornali di tutto il mondo vengono riprese anticipazioni tratte da stesure non definitive, o parziali, filtrate dalle riunioni di esperti e revisori con alterne maniere. L'episodio più eclatante risale al dicembre 2012, quando lo statunitense Alec Rowls, con chiari intenti propagandistici, ha pubblicato sul suo blog una bozza di cui era entrato in possesso come revisore accreditato. In tutti i casi, l'IPCC non è entrato nel merito delle notizie, ribadendo che per conferme e smentite bisognerà attendere la stesura definitiva e il Summary ufficiale, che deve essere approvato questa settimana dai rappresentati di 195 governi.

Stando a quanto si legge nelle bozze (e ricordando che si tratta di dati non ancora confermati, da declinare tutti al condizionale), gli aggiornamenti del prossimo rapporto IPCC saranno i seguenti: la probabilità che la causa principale dei cambiamenti climatici siano le attività umane (in primis, l'uso dei combustibili fossili) sale al 95%, rispetto al 90% del rapporto precedente; anche la relazione tra l'aumento dei gas serra in atmosfera e le ondate di calore si afferma con maggiore sicurezza; c'è un alto rischio che l'aumento della temperatura superi la soglia dei 2°C entro la fine del secolo, con scenari che vanno da 1 a 5 gradi in più rispetto ai livelli preindustriali (l'aumento di un solo grado è associato allo scenario in cui le emissioni siano ridotte a zero nel 2070, grazie ad una “radicale” azione dei governi, un' ipotesi ritenuta assai improbabile e non considerata nel rapporto 2007); le stime sull'innalzamento medio del livello del mare sono comprese tra 29 e 82 cm. Secondo una bozza del summary del WGII, ottenuta dall'agenzia Reuters, in alcuni casi la natura e la società umana si sono rivelate pù vulnerabili e meno capaci di adattarsi ai cambiamenti climatici di quanto si pensava in passato. “Sistemi unici” come le barriere coralline, gli hotspot di biodiversità, le comunità indigene dell'Artico e i piccoli stati insulari (o SIDS, Small Island Developing States) saranno più a rischio con il crescere della temperatura media globale.

La questione della pausa, o “iato”

Sarà proprio l'aumento della temperatura il sorvegliato speciale nel rapporto che uscirà tra pochi giorni. Come spiega un recente articolo sul Financial Times, la temperatura media della Terra continua ad essere sempre più calda, ma negli ultimi 15 anni è aumentata di 0,04°C per decennio, mentre tra il 1970 e il 1998 è cresciuta di 0,17°C. La sostanza non cambia, continua a crescere, ma ad un tasso minore. L'aumento più lento della temperatura (aerea, in superficie) è il cardine su cui poggia una massiccia campagna per screditare I risultati dell'IPCC (riassunta efficacemente dal Guardian in questo articolo, tradotto in italiano su Climalteranti.it). Le cause del rallentamento all'esame dagli esperti sono diverse: una maggiore quantità di polveri emesse dalle eruzioni vulcaniche, che attenuano le radiazioni solari; una minore intensità dei raggi solari nell'ultimo decennio; la possibilità che il clima sia meno sensibile alla concentrazione di gas serra. Tuttavia, l'ipotesi più accreditata è che l'aumento della temperatura dell'aria sia minore perchè gli oceani stanno accumulando più calore di quanto ci si aspettava. Infatti, solo il 2% dell'aumento della temperatura media globale interessa l'atmosfera. Il resto viene assorbito dagli oceani, che si riscaldano sempre più in profondità.

Il dibattito sulla “pausa” (declinata, a seconda dei casi, come “iato”, “slowdown”, “interruzione”, “”time out”, etc) non è cosa nuova nè sorprendente. Ci ricorda una volta di più che le questioni climatiche sono complesse e che si prestano ad interpretazioni semplicistiche e talvolta strumentali. Motivo per cui la chiarezza della comunità scientifica e l'onestà dei mezzi di informazione sono oggi quanto mai necessarie.


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