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Vilfredo Pareto

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Vilfredo Pareto (Parigi, 1848 – Céligny, 1893) è stato un grande sociologo, buon conoscitore di economia e di formazione ingegnere. Era figlio a sua volta di un ingegnere, Raffaele, esule in Francia perché seguace di Mazzini. Nato a Parigi, ritorna in Italia e si laurea, in ingegneria appunto, a Torino. Poi è a Firenze, in qualità di dirigente della Società anonima delle strade ferrate. Qui partecipa alla vita culturale della città, distinguendosi per le sue visioni liberali e collaborando con l’Accademia dei georgofili e con la rivista L’economista. L’economia è al centro del suoi interessi. Nel 1880 diventa direttore della Società delle ferriere italiane. Nel medesimo anno si presenta alle elezioni per il Parlamento ma non viene eletto. Tenterà ancora una volta, col medesimo esito. Intanto continuano i suoi studi economici e con risultati talmente eccezionali (è un critico feroce della politica protezionista dei governi italiani dell'epoca e dei sistemi socialisti) da essere chiamato, nel 1893, all’Università di Losanna per sostituire uno dei più grandi intellettuali europei del XIX secolo, Léon Walras.

A Losanna gli studi di Pareto proseguono e si intensificano. Nella città svizzera fonda una scuola di economia destinata a diventare molto celebre. Il suo pensiero economico trova espressione nel 1906 nella pubblicazione del "Manuale di economia politica", e nel 1909 nella pubblicazione del "Corso di economia politica". Nel 1916, infine, pubblica il "Trattato di sociologia generale". Dimostrando di essere non solo un grande economista, ma anche un grande sociologo.

La salute di Pareto è malferma e questo gli impedisce, negli anni Venti, di accettare la nomina a senatore da parte del regime fascista. Movimento al quale, per la verità, si era abbastanza avvicinato, anche se poi rifiutò la nomina.

Da un punto di vista scientifico Pareto si distingue dagli altri due grandi teorici dell’economia neoclassica, o marginalista, della seconda parte del XIX secolo, l’inglese Jervons e lo stesso Walras. Il campo di studio è il medesimo: l’equilibrio economico in un’economia di mercato. Pareto utilizza un impianto fortemente matematizzato, crede in un’economia che si propone come scienza sperimentale e giunge a conclusioni particolarmente significative, perché nega la possibilità di misurare e comparare il comportamento economico di persone diverse. Pareto riconosce l’individualità dell’operatore economico. Nella società nessuna persona si comporta come un agente economico perfetto, secondo le assunzioni tipiche dell’economia classica. Ciò gli consente di giungere a una definizione di “ottimo economico” come massimo di interesse collettivo diverso dalla somma del massimo di interesse di tutti gli individui, proprio perché questa somma non è misurabile.

La massima soddisfazione economica per una società, sostiene Pareto, avviene sempre a scapito di singoli individui e di gruppi e a beneficio di altri individui e di altri gruppi.  

È partendo da queste considerazioni che l’economista Pareto elabora un pensiero sociologico fondato sull’idea che il comportamento delle persone non può essere ridotto alla sola razionalità economica. Teorico delle élites dopo aver coperto la cattedra di economia dell'Università di Losanna ricoprì quella di sociologia. Dimostrandosi, nell’uno e nell’altro caso, uno dei più grandi intellettuali del continente europeo.

La storia umana procede «mentre una gente sale e l'altra cala. Tale è il fenomeno reale, benché spesso a noi appaia sotto altra forma. La nuova aristocrazia, che vuole cacciare l'antica o anche solo essere partecipe dei poteri e degli onori di questa, non esprime schiettamente tale intendimento, ma si fa capo a tutti gli oppressi, dice di voler procacciare non il bene proprio ma quello dei più: e muove all'assalto non già in nome dei diritti di una ristretta classe, bensì in quello dei diritti di quasi tutti i cittadini. S'intende che, quando ha vinto, ricaccia sotto il giogo gli alleati o al massimo fa loro qualche concessione di forma. Tale è la storia delle contese dell'aristocrazia, della plebs e dei patres a Roma; tale, e fu ben notata dai socialisti moderni, è la storia della vittoria della borghesia sull'aristocrazia di origine feudale (Vilfredo Pareto)